Secondo un nuovo importante studio, l‘aumento dell'uso di pesticidi e fertilizzanti nelle pratiche agricole è la principale causa dietro al drammatico declino della maggior parte delle popolazioni di uccelli in tutta Europa. Rispetto ad appena una generazione fa, infatti, nei cieli del Vecchio Continente ci sono ben 550 milioni di uccelli in meno, un tracollo ormai noto agli esperti e ben documentato ma che, tuttavia, fino ad ora è stato difficile collegare alle numerose pressioni antropiche a cui sono sottoposti gli uccelli europei.
Ma la pistola fumate ora è stata trovata, grazie all'imponente lavoro di un team composto da oltre 50 ricercatori, che hanno analizzando i dati raccolti da migliaia di cittadini, ornitologi e birdwatcher per quasi quattro decenni in circa in 20.000 siti di monitoraggio in ben 28 paesi. Si tratta di un set di dati imponente, il più ampio e completo mai assemblato e che è servito finalmente a comprendere meglio cosa sta spingendo al collasso le varie popolazioni di uccelli europei.
Lo studio, pubblicato recentemente su Proceedings of the National Academy of Sciences, ha esaminato in che modo ben 170 specie di uccelli hanno risposto a quattro importanti pressioni causate dalle attività umane: l'intensificazione delle pratiche agricole, il cambiamento della copertura forestale e dell'uso del suolo, l'avanzamento dell'urbanizzazione e, ovviamente, la crisi climatica. E risultati parlano chiaro: gli uccelli che vivono nelle aree agricole e rurali si sono più che dimezzati, con un calo stimato del 56,8% nel periodo di studio, cioè dal 1980 al 2016.
Ma le cose vanno piuttosto male un po' dappertutto e in più in generale le varie specie di uccelli un tempo molto comuni sono diminuite mediamente di circa un quarto, -25,4%. Andando più nel dettaglio spaziando tra i vari tipi di habitat e ambienti, i risultati dimostrano che gli uccelli tipici di boschi e foreste sono diminuiti del 17,7%, quelli che vivono in città e a ridosso della aree urbane del 27,8%, mentre le specie tipiche degli habitat freddi del Nord Europa sono crollate addirittura del 39,7%.
Il risultato principale dello studio, però, è la conferma dell'enorme impatto negativo che le moderne pratiche legate all'agricoltura intensiva stanno avendo sulle specie di uccelli diffuse in tutta Europa, Regno Unito compreso. I ricercatori non hanno più dubbi, l'intensificazione delle pratiche agricole, misurata con l'utilizzo massiccio di pesticidi e fertilizzanti, ha portato e sta portando al declino della maggior parte delle popolazioni.
Gli uccelli che si nutrono di insetti e altri invertebrati, pesantemente colpiti dall'uso massiccio di pesticidi, tra cui i rondoni che sfrecciano anche nei nostri centri storici, la ballerina gialla, l'allodola o il pigliamosche, sono tra le specie maggiormente in difficoltà. Le perdite sono enormi e i ricercatori sottolineano l'urgente necessità di ridurre l'utilizzo di pesticidi, rivedere le sostanze chimiche utilizzate e soprattutto favorire pratiche agricole più sostenibili e rispettose della natura. E sappiamo persino come fare.
Proprio per monitorare e testare l'impatto di una serie di misure mitigative, nel 2000 l'associazione ornitologica RSPB che ha condotto lo studio, ha acquistato Hope Farm, un'azienda agricola di 181 ettari nel sud del Cambridgeshire, nell'Inghilterra orientale. L'adozione di pratiche agricole più rispettose della natura hanno portato a un aumento del 177% del numero di siti riproduttivi idonei per gli uccelli degli ambienti agricoli, mentre le specie che arrivano per trascorrere l'inverno sono aumentate ancora più nettamente, quasi 15 volte in più. Così come il numero delle farfalle, cresciuto vertiginosamente del 398%.
E nonostante la riduzione di oltre il 10% della superficie agricola lasciata alla natura e il completo abbandono delle pratiche intensive, l'azienda ha mantenuto un livello di profitto simile al passato, ottenendo però una netta ripresa della natura e della biodiversità. Inoltre, nel 2019 Hope Farm è diventata completamente priva di insetticidi e, nonostante ciò, non ha registrato alcuna riduzione significativa dei raccolti rispetto agli anni precedenti e alle medie nazionali.
Per quanto riguarda le altre pressioni antropiche studiate, anche l'urbanizzazione, in aumento in tutta Europa come l'agricoltura intensiva, è stata identificata come il secondo fattore più importante dietro il calo numerico degli uccelli. Molte città, infatti, stanno costantemente perdendo parchi e aree verdi un tempo invece abbondanti, mentre l'architettura moderna, le ristrutturazioni e il modo in cui costruiamo oggi, stanno riducendo sempre più fori e cavità negli edifici, fondamentali per la riproduzione degli uccelli urbani.
Anche le specie di uccelli che vivono lontane da aree agricole e città, come quelle artiche, stanno diminuendo drasticamente. Il calo del 39,7% è dovuto soprattutto all'aumento delle temperature associato alla crisi climatica, che sta riducendo habitat e siti idonei per la riproduzione. Possediamo ormai dati e conoscenze più che sufficienti e sappiamo che metà delle popolazioni di uccelli del mondo sono in declino. Occorre quindi mettere in pratica al più presto azioni di conservazione concrete. Invertire la rotta per arrestare il più grande declino della biodiversità ornitica è considerata una sfida enorme, difficile ma fattibile, che richiede però un cambiamento drastico in tutti i livelli della società.