Sono molti i video che da anni circolano sul web mostrando le immagini di cani che abbaiano e ringhiano contro un cancello oltre al quale altri cani propongono gli stessi comportamenti, salvo smettere improvvisamente allo scomparire della barriera e mostrarsi a questo punto molto più pacati, se non addirittura allontanandosi come se niente fosse successo.
Molti di noi hanno riso guardando immagini così buffe agli occhi umani, ma proprio questi cancelli e questi abbai possono aiutarci a riflettere sulla comunicazione, non solo tra cani ma anche tra esseri umani: «Questo comportamento è strettamente legato all'abitudine e al contesto – spiega Luca Spennacchio, istruttore cinofilo e componente del Comitato Scientifico di Kodami a cui abbiamo chiesto come poter interpretare le immagini – In questo caso il cancello, che garantisce a tutti l'incolumità, è quello che stimola quel tipo di reazione ma quando la barriera viene a mancare non vale più la pena rischiare di farsi del male e allora ecco che saggiamente i cani cambiano atteggiamento».
Il fenomeno della "road rage": anche noi umani siamo più aggressivi quando siamo protetti
Ciò che accomuna i cani ripresi in questi video è il cambio radicale di atteggiamento di fronte alla scomparsa della barriera di sicurezza. Improvvisamente si rendono conto della realtà dei fatti: «senza barriera non vale la pena fare la voce grossa, perché le conseguenze potrebbero essere dannose», sembrano pensare mentre pian piano il cancello si apre. E quindi arretrano moderando i toni e cambiando completamente il proprio approccio verso l'altro.
E noi esseri umani possiamo dire di essere così diversi? «Questi cani ricordano le persone che si gridano in faccia senza toccarsi – commenta Luca Spennacchio – Il livello di aggressività ricorda quello che abbiamo noi esseri umani quando siamo in automobile, ma poi quando scendiamo (almeno i più equilibrati di noi) cambiamo completamente stili comunicativi». Ed è proprio questo paragone che porta inevitabilmente a ragionare sul fenomeno, diffuso in tutto il mondo e discusso dagli psicologi fin dagli anni '80, della road rage, la rabbia di strada, a causa della quale, anche noi esseri umani infatti, protetti dai finestrini della nostra auto, alziamo il volume della voce e ci rapportiamo al prossimo in maniera più aggressiva. Secondo uno studio condotto dalla Central South University, in China nel 2018, il 61.4% dei partecipanti ad un apposito questionario, dichiarano infatti di manifestare vera e propria aggressività nei confronti di chi, per esempio, guida troppo piano ed impedisce il libero movimento nello spazio.
Risulta purtroppo impossibile valutare se anche nel loro caso sia la frustrazione di non potersi muovere liberamente all'interno dello spazio ad amplificare le sensazioni di frustrazione che inducono all'aggressività, ma è una delle chiavi di lettura possibili. Anche la spinta alla protezione del proprio territorio e l'abitudine a comunicare in maniera ostile in quel determinato luogo influiscono indubbiamente sul contesto. Una cosa è certa: senza conoscere i cani, i contesti e le situazioni in cui avvengono le riprese, non si può determinare con assoluta certezza cosa si stiano dicendo tra loro. Magari, come i cyberbulli, dietro lo schermo del proprio computer, i cani stanno utilizzando stili dialogici più duri, più assertivi o addirittura violenti alla vista, ma condizionati dalla sensazione di protezione e di maggiore sicurezza data dall'anonimato della rete fisica o virtuale che sia.
Risulta quindi evidente che le immagini dei cani che si allontanano e moderano la loro comunicazione solo una volta scomparsa la barriera di protezione siano molto simili al cambio radicale di comportamento che avviene tra noi umani, quando la comunicazione attraverso i recinti metaforici dei social si sposta nel mondo reale e senza barriere, dove per salvaguardare la nostra incolumità diventiamo (quasi) tutti più sobri, equilibrati e misurati, esattamente come di fronte ad un recinto che si apre e che ci mette di fronte ai rischi dell'aggressività.