Ogni anno migliaia di cani sono abbandonati o smarriti in Italia, il ché comporta l’ingresso della maggior parte di loro nei canili con i gravi problemi di benessere animale che ne conseguono, soprattutto nei casi di lungodegenza.
Nonostante l’adozione di Miriel, la mia compagna di avventure, sia per me la cosa più speciale e uno degli eventi più importanti e influenti della mia vita, la sua storia e la storia della sua adozione sono come tante altre. Per questo la voglio raccontare: per condividere una relazione come tante che è, allo stesso tempo, unica e speciale.
Miriel: l’abbandono, la strada e il canile
Nella maggior parte dei casi è molto difficile risalire in maniera attendibile al passato degli animali prima del loro ritrovamento o del loro recupero. In alcuni casi alcuni fattori possono aiutare a pensare all’abbandono più che allo smarrimento, come nel caso delle cucciolate indesiderate.
Di Miriel ciò che si sa è che faceva ripetutamente scattare l’allarme nel campo di pannelli solari dove aveva fatto la sua tana e dato vita ai suoi sette cuccioli. Per questo motivo fu presa e portata in canile e nel suo caso possiamo ipotizzare un abbandono proprio perché era una cagna gravida.
Le cucciolate indesiderate sono infatti una delle principali cause di abbandono, tanto dei cuccioli come delle madri gravide, o del gruppo per intero. Una cucciolata è considerata indesiderata quando non è pianificata e quando gli umani di riferimento non hanno nessuna intenzione di farsene carico. Spesso accade perché, specialmente nel Sud Italia e nelle zone di campagna, i cani sono lasciati incustoditi o liberi di vagare e di allontanarsi dalla residenza. Quando avvengono incontri con altri cani, siano "di proprietà" anche loro liberi di vagare o randagi, i cani si riproducono e si generano cucciolate su cucciolate.
Così potrebbe essere successo a Miriel in uno dei suoi calori… chi lo sa: forse il primo. Questo spazio vuoto nella sua storia mi permette di fare solo un’ipotesi. L’unica cosa che si sa è che ha partorito in un campo di pannelli solari appunto, dove per uscire a procacciare del cibo faceva scattare l’allarme notturno. I proprietari del terreno, dopo aver resistito un po’, decisero così di richiedere l’accalappiamento della cagna e dei suoi cuccioli, che sono quindi tutti entrati in canile. Una volta lì, la “randagia” è stata chiamata Cristina. Anzi: “Cristina dolce volpina”. Ed è con questo nome che io l’ho conosciuta.
La prima volta che l'ho vista… online
Ricordo il giorno che dal computer del mio ufficio vidi il suo annuncio. In quel momento lavoravo nel Laboratorio di Relazione Uomo-Animale e Benessere Animale dell’IZS dell’Abruzzo e del Molise ed ero costantemente alla ricerca di canili del territorio nazionale da contattare per i miei progetti di lavoro.
Ogni tanto, nel desiderio di adottare un cane in quella fase della mia vita, curiosavo tra gli annunci delle adozioni. Quel giorno mi soffermai tra gli annunci del canile rifugio di Ginosa, nella Provincia di Taranto, mia città natale, perché stavo pianificando una visita in un canile della città dove a breve sarei andata. Non so per quale motivo in particolare “Cristina” (oggi Miriel) mi ha colpito: senza dubbio era bellissima, di dimensioni e peso contenuti, ma con queste caratteristiche ce n’erano davvero decine di soggetti. Nell’annuncio le informazioni accennavano alla sua storia e nel video la volontaria raccontava di più di lei.
Lì per lì forse non sapevo che l’avrei adottata: tornai a casa e senza sapere il perché continuavo a pensare a lei, indecisa se fossi finalmente riuscita a fare questo passo. L’adozione di un cane, del resto, è un compromesso per sempre.
La scelta consapevole dell’adozione di Miriel
La scelta dell’adozione è stato un traguardo raggiunto gradualmente. Erano anni che avrei voluto vivere con un cane: ricordo tutti gli anni dell’università in cui non sono riuscita a prendere la decisione di adottarne uno. Le limitazioni erano principalmente di due tipi. In primis, forse, nel profondo non mi sentivo pronta: la vita universitaria, tante ore fuori casa passate nelle aule, le uscite serali e i viaggi, uno stile di vita movimentato e tanta incertezza rispetto alla mia capacità di assumermi la responsabilità integrale e a lungo termine di un altro essere. Ricordo una volta che, mentre facevo un tirocinio nella clinica dell’Ospedale Veterinario dell’Università di Bologna, mi innamorai di una cagna del canile di Ravenna ricoverata lì da noi. Io ero la responsabile del suo caso clinico durante il tirocinio. Mi innamorai di lei e mi promisi che una volta superata la malattia per la quale era ricoverata, l'avrei adottata ma purtroppo un giorno mi chiamarono per dirmi che Tessy non ce l‘aveva fatta. Fu quello il momento in cui ritornai alla quiete della non-adozione e alla tempesta della vita universitaria.
L’altro freno che sentivo era quello dell’indipendenza economica. Negli anni degli studi i miei genitori mi aiutavano tantissimo per mantenermi e dentro di me non volevo che il cane da me adottato andasse a carico dei miei genitori.
Così semplicemente aspettai il passare del tempo, nonostante l’enorme desiderio. Inconsapevolmente in me già si mostrava forte la volontà di lavorare su ciò che ad oggi è uno dei miei campi principali d'azione nella vita professionale: l’adozione responsabile. Riconoscere di non essere pronti ad accogliere qualcuno nella propria vita infatti non è una debolezza, ma un atto cosciente.
Così, pochi anni dopo, con l’indipendenza economica garantita in quel momento dalla borsa di studio del Dottorato, presi la decisione senza dover chiedere nulla a nessuno e nella piena consapevolezza che la mia vita sarebbe cambiata.
Mi sentivo piena di amore e senza conoscere “Cristina”, ero già pazza di lei. Contattai la volontaria che in quel momento si dedicava alle adozioni del canile di Ginosa, le chiesi informazioni e mi disse che sarebbe partita presto con una staffetta per raggiungere un’altra famiglia, non ricordo dove. Chiesi alla volontaria di tenermi aggiornata e, nel momento in cui la sua adozione con l’altra famiglia non andò a buon fine, fui di nuovo contattata. Nel giro di pochi giorni, infatti, mi disse che la famiglia non voleva più "la volpina". La mia felicità in quel momento fu indescrivibile: non so ancora come si possa essere tanto felici per qualcuno che ancora non si conosce.
La nostra reciproca adozione
Una volta pronunciato il mio interesse per adottare “Cristina”, la volontaria mi informò rispetto al loro processo di adozione. Avrei dovuto rispondere a un questionario, ricevere la visita di alcune volontarie a casa prima dell’adozione e una visita dopo l’adozione. Inoltre mi comunicarono che me la avrebbero mandata con un furgone al casello di Pescara, dove sarei dovuta andare a prenderla.
Nonostante lavorassi nel settore della medicina del comportamento e del benessere animale nei rifugi, mi resi disponibile senza indugio al loro iter, ma rinunciai alla “spedizione a domicilio” della cagna.
La mia richiesta alla volontaria fu di fare delle prove di compatibilità con gatti, perché sia io a Pescara che i miei genitori a Taranto convivevamo con gatti. E così fu: la volontaria condivideva con me i video di Miriel assolutamente a suo agio con i gatti.
Organizzai allora per la settimana seguente una trasferta Pescara-Taranto per andare a conoscerla di persona nel rifugio. In quella settimana avevo anche finalmente pianificato la visita di lavoro nell’altro canile della mia zona e unii così i due appuntamenti.
Il giorno dopo dell’ispezione andai a Ginosa accompagnata dai miei genitori dubbiosi ma fiduciosi: non erano mai stati in un canile prima di quel momento e devo dire che l’impatto emotivo per loro fu scioccante. Rimasero molto colpiti dall’altissimo numero dei cani, circa 500, e di come tutti abbaiavano e saltavano alle porte dei box. Mio padre porta ancora dentro di sé quel ricordo triste.
La cagna era momentaneamente isolata in un box perché l’avevano lavata e non volevano che si sporcasse. Quando la vidi mi sembrò bellissima e dolcissima: non sapevo molto di lei ma provavo già affetto e dopo una passeggiata decidemmo così di portarla via con noi il giorno stesso. Dopo tutta la parte burocratica e la consegna dei documenti andammo via con lei. Quando la vidi in difficoltà a venire via, perché aveva già un legame di attaccamento con la volontaria Giusy, mi sentii quasi gelosa. Un sentimento irrazionale che poi in un momento di lucidità capii che era normale e che la cagnetta ed io avremmo avuto bisogno solo di un po' di tempo per conoscerci bene. Ma "Cristina" poi saltò in macchina con un balzo, tanto che mio padre romanticamente esclamò: «Sembra che ci stesse aspettando!».
Il tragitto in macchina Ginosa-Taranto, circa un’ora, lo passai osservandola e rendendomi conto che ero già innamorata di lei. Lei anche mi guardava, ma non ho la presunzione di immaginare cosa pensasse. Quante cose erano cambiate nella sua vita nell’arco di poco tempo: dalla gravidanza all’abbandono e al canile, dallo svezzamento alla separazione dai suoi cuccioli (tutti andati in adozione prima di lei), ma la mia futura compagna di vita non sapeva che a breve avrebbe rubato il cuore di tantissime persone, cominciando dalla mia famiglia e dai miei amici.
Una volta arrivati a casa era felicissima, un po' intimorita ma allegra. Ricordo le prime coccole, la rivedo gettata a terra con mio fratello: era dolcissima e lo guardava con uno sguardo languido. Poi in poco tempo ci siamo accorti che, la cagna di un anno e mezzo o due di età, non sapeva fare le scale. Che tenerezza che mi fece… e non fu per niente difficile insegnarglielo.
In quel momento bisognava però trovarle un nuovo nome. Cristina non piaceva a nessuno di noi e alla ricerca di un nome storico, mitologico o di fantasia (con mio fratello ne vagliammo decine e decine) fu lui a proporre Miriel; una Elfa, “figlia dei gioielli”. Ma che nome meraviglioso!
E così, di lì in poi, questa cagna è entrata nella mia vita per essere in due una cosa sola. Ciò che ci lega è amore, attaccamento, divertimento, calma e intesa. Io sono responsabile della sua salute e del suo benessere. E per tutto il tempo che sarà nella mia vita lei è la mia amica, una componente della mia famiglia e la mia compagna di avventure.