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13 Febbraio 2024
11:49

La zebra è bianca a strisce nere o è nera a strisce bianche?

Molti pensano che la zebra sia bianca a strisce nere, in realtà numerosi studi confermano che questo animale è nero a strisce bianche, che si formano poco prima della nascita.

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La zebra è uno degli animali più rappresentativi della fauna selvatica africana. È presente in quasi tutti i documentari che cercano di descrivere la savana ed è divenuta un simbolo di bellezza selvaggia, oltre che la mascotte di una nota squadra sportiva. Una domanda però "affligge" tante persone da sempre: la zebra è bianca a strisce nere o è nera a strisce bianche?

Non si tratta di una domanda banale, in realtà: la risposta infatti mostra una complessità inaspettata che ci ha permesso anche di scoprire come mai questo animale abbia sviluppato un mantello così caratteristico, capace di dare il nome anche a diversi oggetti.

Per quanto la parte bianca faccia propendere molti a credere che la zebra sia bianca a strisce nere, in verità diverse indagini genetiche e zoologiche hanno confermato che questo animale sia nero a strisce bianche, ovvero che all'origine della loro evoluzione le zebre disponessero di un manto nero da cui in seguito sarebbero poi sorte le strisce bianche.

Ma per quale ragione ciò avvenne e cosa cambia tra il disporre di un manto tutto nero e il disporre di un mantello "zebrato"? Perché le zebre hanno le strisce e di che colore sono? Capiamolo assieme.

Nera a strisce bianche o bianca a strisce nere? Il vero colore della zebra

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Un indizio del fatto che in origine le zebre disponessero esclusivamente di un manto nero era possibile trovarlo già secoli fa, quando non si disponeva delle informazioni genetiche necessarie per comprendere la storia evolutiva delle specie. Andando infatti ad osservare i cuccioli appena nati, ci si poteva rendere conto come le strisce nere non erano del tutto nere ma che assumevano spesso un colore brunastro, simile a quello dei cugini cavalli appena nati. Questo era già all'epoca un indizio del fatto che il manto dei cuccioli di zebra non poteva essere considerato maturo e che quindi le zebre assumevano la colorazione definitiva solo una volta cresciuti, come i cavalli.

Le strisce bianche, invece, già al momento della nascita apparivano prive di colore, come se la loro pigmentazione fosse stata già determinata a monte, prima del parto. Andando infatti ad osservare un embrione di zebra, ci si può rendere conto che fino a poche settimane prima della sua nascita la sua pelle appare completamente nera o brunastra e che solo al termine della gravidanza cominciano a comparire le strisce bianche, come se i peli della pelliccia perdessero progressivamente colorazione.

In effetti è così. Come è stato dimostrato scientificamente, tutte le zebre in origine hanno un manto brunastro che poi comincia a diradarsi e a perdere colore dove compariranno le strisce bianche, una volta completato lo sviluppo embrionale. Le strisce nere invece seguono il destino opposto. Mantenendo la capacità di produrre pigmenti, passano dal bruno al nero tramite l'intervento degli ormoni dello sviluppo, facendo assumere all'animale i colori che tutti noi conosciamo.

In natura esistono poi anche delle zebre che presentano delle strisce più brune che nere. L'unica differenza con le altre specie è che queste conservano una pigmentazione più giovanile anche in età adulta.

Perché le zebre hanno le strisce bianche?

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Assodato che le zebre hanno un manto nero su cui si sviluppano delle strisce bianche poco prima della nascita, la prossima domanda che può venirci in mente è perché la natura ha spinto questi animali ad avere una colorazione così particolare? 

Per rispondere gli scienziati hanno studiato il comportamento di questi animali per decenni con varie tecnologie. In principio, all'epoca di Darwin, si cominciò a pensare che la colorazione permettesse alle zebre di riconoscersi e di distinguersi dagli altri equini, ma poi ci si rese conto che di cavalli nella savana c'è n'erano pochi e che in generale questi animali avevano comportamenti troppo diversi tra di loro per rischiare di mischiarsi. Inoltre, supporre che il cervello delle zebre usasse le strisce come una sorte di codice a barre, per riconoscere da lontano gli altri esemplari, ad un certo punto sembrò un po' estremo agli stessi ricercatori, perché le zebre dispongono di un ottimo fiuto e sanno riconoscere un altro esemplare dalla distanza, semplicemente fiutandone l'odore.

Altri scienziati hanno invece proposto che le strisce delle zebre si siano evolute per finalità mimetiche. Secondo questa teoria, sarebbero in grado di far entrare in confusione grossi predatori come leoni e iene, incapaci di riconoscere la superficie delle zebre quando queste sono in movimento. Per testare questa teoria, hanno cominciato ad effettuare dei video di zebre in corsa con delle telecamere particolari, in grado di riprendere lo scenario considerando solo i colori percepibili dagli occhi dei predatori.

Queste immagini hanno dimostrato che è vero che le strisce di un'intera mandria sono in grado di confondere i carnivori, ma hanno anche chiarito che una singola zebra isolata non ha speranza di sfuggire ai leoni confidando solo nel mimetismo poiché la vista di questi predatori "fonde" strisce bianche e scure, come chiarisce uno studio pubblicato su Plos One. Bisogna poi anche ricordare che i carnivori non usano solo la vista per individuare le prede ma anche molto l'udito e l'olfatto. Quindi pure dal punto di vista della sopravvivenza le strisce non sembrano essere così utili.

Molto più particolare è invece la teoria di Desmond Morris e H.A. Baldwin che ha suggerito che le strisce potessero avere un ruolo nella termoregolazione di questi animali, aiutandoli di fatto a sopportare meglio la calura africana. Alcuni studi hanno smentito questa ipotesi, mentre altre hanno confermato che le strisce bianche e nere permettono realmente di creare delle correnti d'aria convettive, sopra  la superficie dell'animale, in grado di rinfrescarlo.

La teoria tuttavia più probabile è invece quella legata alla lotta contro i parassiti. Secondo l'ecologo Tim Caro, le mosche e i tafani non riuscirebbero a poggiarsi sul dorso delle zebre, in quanto non riescono a determinarne la profondità a causa delle strisce e al modo con cui riflettono la luce. Per verificare questa ipotesi ha anche compiuto un famoso esperimento. Ha fatto indossare a dei cavalli dei pigiami che disponevano di strisce nere e bianche e ha cominciato a contare quanti insetti riuscissero a poggiarsi sopra gli animali. Alla fine, il numero di insetti che erano riusciti a farlo era significativamente più basso rispetto agli esemplari che non indossavano le strisce, dimostrando che questo particolare manto può risultare un vantaggio evolutivo nei confronti delle malattie trasmesse dagli insetti.

Ancora oggi, dunque, gli scienziati non sanno quando le strisce emersero per la prima volta nelle zebre e bisogna ricordare che è dovuto pure dal fatto che finora non sono mai stati trovati dei reperti fossili di questi animali con la pelle. Sembra però che una volta comparse le strisce le zebre si distribuirono un po' dappertutto, visto che oggi sono presenti 3 specie diverse, ampiamente distribuite in tutto il continente africano.

Sono laureato in Scienze Naturali e in Biologia e Biodiversità Ambientale, con due tesi su argomenti ornitologici. Sono un grande appassionato di escursionismo e di scienze e per questo ho deciso di frequentare un master in comunicazione scientifica. La scrittura è la mia più grande passione.
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