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22 Febbraio 2021
8:44

La vita sociale del cane: differenze tra cani di famiglia e randagi

Il cane, pur essendo sociale, è capace di vivere da solitario stringendo relazioni, non necessariamente opportuniste, con gli altri animali e l’essere umano. Se è vero che la condizione del cane di strada spesso è precaria e non particolarmente agiata, allo stesso modo, non possiamo cedere all’equazione di cane di strada come cane da salvare e adottare.

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Membro del comitato scientifico di Kodami
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Il cane è una specie che ha basato il suo successo evolutivo sulla flessibilità e l’adattabilità. Per questo è sopravvissuta in tutto il mondo a fronte di carestie, guerre e disastri naturali. Dobbiamo essere consapevoli che quando parliamo di cane ci riferiamo sia al pet che vive a stretto contatto con l’essere umano sia al randagio libero sul territorio. Il cane, pur essendo sociale, è capace di vivere da solitario stringendo relazioni, non necessariamente opportuniste, con gli altri animali e l’essere umano. Se è vero che la condizione del cane di strada spesso è precaria e non particolarmente agiata, allo stesso modo, non possiamo cedere all’equazione di cane di strada come cane da salvare e adottare. Trasversalmente in tutto il mondo, esistono cani randagi che vivono una vita ottima, da Nuova Delhi, Istambul, Tirana, fino ai cani di quartiere del sud Italia. Parimenti, da istruttore cinofilo, posso testimoniare le cattive condizioni di vita di molti pet in contesti familiari. Cani frustrati nelle motivazioni di base, segregati in casa e chiamati a ricoprire ruoli affettivi difficili, come sostituire la figura assente di un figlio o di un partner. Il pet vive la sua dimensione di essere sociale all’interno della sistemica familiare, composta prevalentemente da esseri umani. Il cane randagio, al contrario, vive relazioni sociali perlopiù all’interno del suo gruppo.

Le coordinate sociali del cane: ruolo, rango, affiliazione

Le coordinate sociali nel cane di famiglia hanno una complessità maggiore perché si articolano nelle dinamiche transpecifiche (uomo-cane). Provo a spiegare meglio cosa intendo per coordinate sociali: ruolo, rango ed affiliazione. Il ruolo risponde alla domanda: «Chi sono io per il gruppo?». Il rango determina il peso, l’importanza che il cane ha nella sistemica sociale. Un leader, ad esempio, ha un rango alto e uno status sociale importante. L’affiliazione, invece, possiamo definirla una geometria relazionale di prossimità affettiva tra il cane e gli altri membri del gruppo. Nei pet questa dinamica è palese. E’ frequente l’esempio in cui chi si occupa tutti i giorni dei bisogni alimentari del cane viene preso poco in considerazione rispetto ad un’altra persona di famiglia che pur meno presente gode di maggiore accreditamento in virtù del modo di porsi, per le attività che propone e per il tempo di qualità che dedica al cane. L’affiliazione non è, dunque, necessariamente l’espressione di una vicinanza fisica, quanto, piuttosto, rappresenta un’affinità mentale e relazionale del soggetto che risponde alla domanda: «A chi chiedo cosa? Ciò che chiedo quanto è importante per me?».

Cane di famiglia: avere un ruolo ben chiaro come tra i randagi

Il randagio, all’interno del suo branco, perlopiù, occupa una posizione sociale coerente con le sue caratteristiche individuali. Il cane di famiglia invece, soprattutto quando figlio unico, chiaramente gode di una grande considerazione affettiva e per questo gli vengono forniti indizi di posizionamento sociale molto alti. La famiglia, troppo spesso, fa pensare al pet di essere il "grande capo", anche quando le sue caratteristiche sociali di specie lo vedrebbero come follower. Avete presente il tipico cane, sempre su di giri, posto al centro delle attenzioni di tutti i familiari e che, in virtù di ciò, sviluppa un egocentrismo che tenderà ad estendere anche nel rapporto con i suoi simili?  Rileggendo questa frase, mi sembra di ascoltare la definizione del bambino viziato.

Posso dirvi che, in qualità di padre e istruttore cinofilo, nella società di oggi vedo troppi bambini e cani occupare questa spiacevole posizione sociale. Con ciò non voglio sostenere che la vita di un cane randagio sia migliore di quella di un pet. Molti randagi, infatti,  pur partendo da una condizione di integrazione sul territorio, decidono spontaneamente di diventare pet, eleggendo alcune persone come referenti e preferendo la promiscuità con l’umano come condizione migliore e vantaggiosa rispetto alla libertà. Il pet è sollevato dalle necessità della sopravvivenza e per questo libera un’abbondanza di energie da esprimere all’interno del gioco, sia con l’essere umano sia con gli altri cani. Rispetto al cane randagio è più disposto all’apertura di cornici ludiche. Mantiene caratteri infantili per tutta la vita ed è capace di utilizzare moduli comportamentali, generalmente disciplinati nella sopravvivenza di gruppo, a scopi edonistici e ricreativi.

Il gioco fino all'ultimo giorno: oltre al bambino nessuno se non il cane

Il cane di famiglia nella copula ludica è capace di attivare emozioni positive nell’essere umano. Mi perdonerete il linguaggio ricercato  del termine copulare, riferito al gioco. Il motivo dell’uso è  molto semplice: non esiste un termine italiano più appropriato nel definire l’azione dell’unire, due o più soggetti, attraverso la passione e le emozioni positive. Quando si gioca con un cane lo facciamo in maniera naturale senza schemi fissi. Non abbiamo obbiettivi da raggiungere ma godiamo semplicemente del piacere dei gesti fatti insieme. Fare la lotta, rincorrersi, contendersi una bottiglia di plastica o un bastone, serve per di più ad accedere ad uno stato mentale di spensieratezza che ci consente di esentarci, anche solo per pochi minuti, dalle responsabilità quotidiane e dai ruoli che siamo chiamati a ricoprire, come esseri umani, in questa società. Il pet che, più del randagio, mostra l’intenzione di voler giocare con noi e con i suoi simili, possiede le chiavi della nostra felicità. Vogliamo essere i suoi migliori amici perché il cane riesce, in ogni momento, a proiettarci in una dimensione di libertà profonda, dove ogni adulto è capace di riscoprire il fanciullino che è in sé. Chi altro è capace di farlo? Oltre al bambino, nessuno se non il cane. Il cane che ci vive accanto, però, a differenza di un bimbo che cresce non cambia questo comportamento e fino al suo ultimo giorno non smetterà di voler giocare con noi accettando chi siamo veramente, oltre la nostra identità sociale e la nostra età.

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David Morettini
Educatore e istruttore cinofilo CZ
Laureato in Filosofia teoretica presso l’Università degli Studi di Firenze, educatore e istruttore cinofilo. Sono docente SIUA e di altre scuole di formazione cinofila, e docente nei master universitari di istruzione cinofila e medicina comportamentale. La mia missione è quella di formare persone che sappiano lavorare nel pieno rispetto della dignità e dell’intelligenza del cane, tutelandone l’autonomia e non la dipendenza dall’essere umano.
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