Il gruppo di Hiro mi viene incontro scodinzolando, lui si fa spazio e si allunga con il muso per fare suo il mio odore. La sua famiglia non gli cede il posto, Cipria – la sua amica del cuore – con la solita invadenza si mette in mezzo quando supero il confine tra il mondo fuori e quello dentro al rifugio dove vivono, attraversando il portoncino di legno de "L'emozione non ha voce" di Luigi Carrozzo. Hiro lascia spazio agli altri e alla cagnetta soprattutto che mi salta addosso con l'entusiasmo della gioventù e lui non le dice niente: si sposta di lato e permette ai suoi amici di salutarmi, mentre per gestire la forte emozione di rivedermi prende a girare su se stesso. Basta però richiamarlo perché si fermi e, come vede il guinzaglio e la pettorina, ecco che "ritorna in sé".
Una volta usciti, e come ogni volta che passeggiamo per le strade della città o in natura dove lo porto a respirare ore di libertà e di relazione, nessuno direbbe mai che quel Pastore Tedesco da anni lotta contro un disturbo del comportamento che lo porta a rincorrersi la coda. Ma ormai da tempo "Hiruccio", come affettuosamente lo chiamiamo Luigi ed io, sa come uscire dal loop infernale nel quale era finito e se è insieme a una persona che lo comprende e ne apprezza il carattere gentile e riservato lui è il cane più felice del mondo.
Spesso le persone in strada mi fermano. Apprezzano in particolare la sua calma quando ad esempio siamo seduti a un bar, al ristorante o anche solo su un prato verde a contemplare il mondo insieme. Ispira fiducia e non incute timore, a differenza di tanti suoi conspecifici della stessa razza che vengono percepiti come nevrotici e aggressivi e che dentro – anche loro – chissà che conflitto vivono con gli umani con cui sono finiti.
Sì, le persone vogliono accarezzarlo e quando si avvicinano, poi, mi chiedono cosa gli è successo alla coda, ora che una parte non c'è più ed è finito per lui quel periodo lungo in cui abbiamo fatto di tutto per non fargliela perdere, riuscendo comunque a salvargli la parte alta dopo aver lavorato a lungo perché non avvenisse ciò che più si temeva, ovvero che potesse redirigere il comportamento ossessivo compulsivo su altre parti del corpo.
Ma Hiro, in realtà, già solo dopo tre mesi di percorso di riabilitazione la coda la inseguiva solo nei momenti di grandi emozioni ed è stata solo la fisiologia – ovvero la mancanza di una corretta cicatrizzazione nonostante le numerose sedute anche di ozono terapia – a non permettergli di recuperarne la completa funzionalità. Così ci siamo dovuti arrendere e, in qualche modo, è stato lui stesso a farcelo capire: stanco di essere manipolato, nonostante accettasse ogni volta di subire i controlli dei veterinari e sembrasse dirci: «Io ho smesso di mordermi ma non è colpa mia se continua a farmi male».
Così, alle persone incuriosite da questo canone placido ma sempre attento a ciò che gli accade intorno, io rispondo sempre allo stesso modo: «Non ha più la coda lunga ma ora può avere una lunga vita degna di essere vissuta». Aggiungo che Hiro ancora cerca un umano da adottare e lì, di solito, di fronte a sguardi perplessi o al massimo impietositi, finisce il mio scambio con gli interlocutori che comunque tendono ad allungare una mano in più sentendo la sua storia.
E' la terza estate, dunque, che io e questo Pastore Tedesco passiamo insieme. No, non è vero: scritto così sembra che sia il "mio cane" ma lui a casa con me non torna. Non abbiamo mai potuto lasciare insieme definitivamente il rifugio perché la convivenza con il mio meticcio maschio è impossibile. Così Hiro è ancora lì, dove l'ho conosciuto il 27 febbraio del 2022.
Ma lì, all'oasi "L'emozione non ha voce" di Napoli, ha trovato il suo posto sicuro grazie a Luigi Carrozzo, l'unico – in fondo – vero artefice della ripresa di un cane che era stato definito come "irrecuperabile" o, almeno, così considerato in primis da chi lo ha abbandonato ormai quasi quattro anni fa.
Sulla carta, da quando poi abbiamo intrapreso insieme il nostro cammino, sono io la "proprietaria" di Hiro (mi è stato ceduto e a me è intestato il suo microchip) e mai come nei confronti di questo cane ho pensato che questo termine – che su Kodami è praticamente vietato se non per motivi legati all'attuale legislazione sul rapporto tra cani e umani – fosse proprio necessario per tutelarlo e così dargli la possibilità di un futuro dignitoso.
Il nostro, poi, è stato un lungo percorso per far sì che avesse diritto a una vita dignitosa, attraverso cure mediche specifiche ma soprattutto instaurando con lui una relazione fatta di rispetto e profonda conoscenza e che ci ha portato al reciproco insegnamento che la vita può essere davvero difficile, a volte, ma questo non vuol dire che le colpe di altri debbano ricadere su un cane.
La storia di Hiro l'ho raccontata diverse volte su Kodami, proponendolo in adozione e offrendomi a chi interessato di seguire il percorso di inserimento in quella che sarebbe potuta essere la sua famiglia. Non ho avuto mai come fine principale, però, questo obiettivo, purtroppo consapevole di quanti soggetti vivono nei canili d'Italia, non hanno un problema comportamentale come quello di Hiro e comunque marciscono dietro sbarre da cui nessuno li tira fuori.
Ma la speranza è una questione diversa e gioca a carte con la fortuna, a differenza della razionalità che ti fa vedere le cose come stanno. La scelta che ho fatto quando l'ho conosciuto è stata dunque quella di impegnarci insieme per fargli avere la vita migliore possibile nel contesto dove è. Ma, come accennavo prima, senza la dedizione ma sopratutto la capacità e la competenza di Luigi non saremmo potuti arrivare a quel che è oggi la realtà di questo splendido Pastore Tedesco che convive con altri cani, nonostante sono certa che se chiedessimo a lui risponderebbe che tutto ciò che desidera è avere una persona con cui stare e basta. Ci tengo ad aggiungere una cosa, qualora ci sia qualcuno che chissà ci faccia un pensiero e immagini che possa "portarlo a casa" insieme a altri cani: non ama i maschi e appunto preferisce un rapporto "uno a uno" con le persone: sicuramente la situazione più adatta sarebbe quella da unico cane di famiglia.
Ancora una volta, quindi, sono qui a ricordare l'esistenza di Hiro come storia a sé, qualora comunque lì dietro allo schermo ci sia qualcuno pronto ad accoglierlo a patto di capire che si tratta davvero di un'adozione reciproca e non di un "cane da salvare" a tutti i costi. E sono qui anche a scrivere di nuovo di lui come ambasciatore di tante altre vite che invece non hanno avuto nemmeno una seconda possibilità: andate nei rifugi, andate nei canili e non ve ne pentirete, come ha scritto l'istruttrice Claudia Marini qui su Kodami: «In quei posti c'è l'oro».
Ieri, quando Hiro ed io siamo usciti insieme dopo un po' di tempo che non ci vedevamo, camminando legati dal filo del guinzaglio nel Bosco di Capodimonte, pensavo che visti dall'esterno sembriamo davvero una coppia felice di cane e umana. E ho sentito forte l'esigenza di voler di nuovo ricordare su Kodami quanto devo a questo Pastore Tedesco, più di quanto lui deve a me. Desidero scriverlo per rispondere, anche, a chi mi dice "hai già fatto tanto per lui".
No, non sarà mai abbastanza, sebbene sono felice quando lo riporto al rifugio e osservo chiaramente la sua appartenenza al luogo dove abita: quando rientrati Luigi mi è venuto incontro, infatti, Hiruccio mi ha lanciato un ultimo sguardo di saluto e trotterellando si è infilato nel cancello di legno per salutare la sua famiglia e raccontargli, sono certa, della nostra passeggiata.
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Per info su Hiro: Diana Letizia, istruttrice e riabilitatrice cinofila: 3421418144