Sono tantissimi i cani abbandonati dai cacciatori e che affollano i nostri canili. Basta infatti uscire di poco dalle città più grandi e visitare uno dei tanti canili delle piccole province per costatare come siano ampiamente affollati di cani che non "interessano" più per l'attività venatoria. Un esempio è il caso del canile di Camerino, dove la presenza stimata di questi soggetti raggiunge il 40% su un totale di circa 150 ospiti.
Quella di Tito è così una storia esemplare e, allo stesso tempo, abbastanza comune. Tito è un segugio ospite da diversi mesi del canile di Marzabotto, un piccolo Comune dell’Appennino in provincia di Bologna. Anche in questa realtà la presenza di cani da caccia, segugi in particolare, è consistente, essendo questi una decina su un totale di circa 30.
Tito ha un carattere timido, ma curioso, è delicato nell’avvicinarsi e va d’accordo con cani e persone. Potrebbe essere adatto a famiglie di ogni genere e ha una gran voglia di conoscere il mondo
Quando un cane è visto come un “attrezzo” rotto
Un giorno si è fermata davanti al canile un’auto fuoristrada, modello pick-up, da cui è sceso un uomo ben vestito e all’apparenza gentile. Ciò che più tardi abbiamo saputo è che si trattava di un cacciatore che, come si dice, “si voleva togliere un cane” in quanto non bravo a caccia. Fin qui, benché certo la richiesta non sia simpatica, tutto più o meno nella norma per un canile di montagna. Ed anzi certe richieste vengono accolte anche con un certo sollievo da chi da tanti anni conosce questa realtà e sa che fino a un passato non poi così lontano erano altri i modi con cui certi personaggi erano soliti disfarsi di un cane non reputato utile.
E così si accoglie la richiesta con un sorriso finto e tirato perché non si può certo dire ciò che passa per la testa. Infatti fino a quando tutte le carte non sono compilate il cane resta una “proprietà” del suo aguzzino e uno sgarbo o una parola detta male potrebbero portarlo a ripensarci e a non farsi più vedere, perdendo di vista il cane e cambiando il suo destino. Solo dopo si tira un sospiro di sollievo nel pensare che almeno lui avrà un’altra possibilità.
Ciò che invece è stato più difficile da gestire è stato il prosieguo del colloquio. L’accorgersi che i cani, agli occhi di certe persone, non sono più che degli attrezzi, degli strumenti di lavoro come una sega o un badile: se son rotti se ne disfano. E così, nel lasciare un’offerta e con aria di superiorità, la frase detta da quel cacciatore è stata: «Lo lascio a voi che se dovessi pensarci io non ci spenderei neanche quell’euro che mi costa un proiettile».
Certe frasi sono esse stesse dei proiettili. Colpiscono e feriscono soprattutto quelle persone che, in modo gratuito e volontario, dedicano la propria vita ad aiutare degli animali in difficoltà. Fa male il non poter rispondere, ma questo è il meno. Fa male soprattutto il vedere che certe categorie di persone sembrano essere del tutto esonerate dal concetto di adozione responsabile che in ogni modo proviamo a divulgare. Perché di serragli con dentro cani da caccia ne è pieno in certe zone. Perché i controlli sono quasi assenti in questo ambito e tutto procede uguale a sé stesso come se non ci fossero leggi: basta una misera cuccia e una ciotola non troppo lorda che qualsiasi recinto viene considerato “a norma”. Perché se nel caso di Tito il non saper cacciare è stata tutto sommato una fortuna, per molti altri può rappresentare una condanna senza appello!
Il triste spaccato della vita dei cani cacciatori
Ma se quella del proiettile è stata soltanto una frase, magari detta con leggerezza e senza troppo pensare alla sua gravità o alla sensibilità di chi stava ascoltando, c’è qualcos’altro che invece ci può dare l’idea di quanto ancora c’è da fare. A fronte infatti di un cane visibilmente sottopeso e con le ossa ben evidenti sotto la pelle, il cacciatore ha anche descritto quale dieta è solito tenere per i suoi cani per motivarli a lavorare: una “tazza da the” di croccantini per 5 giorni a settimana, un giorno pane secco e un giorno digiuno. I segugi sono cani che possono pesare fino a 20 o 25 kg e qualunque veterinario converrebbe che il loro fabbisogno è quanto meno il triplo!
Questo ci offre un piccolo spaccato della vita grama di un gran numero di questi cani, soggetti che, ricordiamolo, possono essere impiegati nel lavoro soltanto per pochi mesi l’anno e che, per il resto del tempo, vivono e muoiono in un box, Cani che in tanti casi vedono qualcuno solo per il pasto e le pulizie e per i quali, in molte situazioni, anche una semplice sgambata è un lusso quando non un miraggio. I cani da caccia, del resto, hanno un valore solo e soltanto se sono bravi nel loro lavoro per chi li detiene in queste condizioni e molto spesso a 6 o 7 anni son considerati vecchi. Così vengono “dismessi” e “rimpiazzati” perché è più conveniente far riprodurre e avere nuove leve piuttosto che curarli quando stanno male. Un veterinario costa, mentre "una cucciolata è gratis" se hai più cani.
Affidiamo a voi lettori la speranza di Tito: chi vuole conoscerlo?
Tito rappresenta uno di questi molti casi. Un caso fortunato possiamo dire perché nonostante possa sembrare un paradosso, l’arrivo in canile è da considerarsi una fortuna. Non una caduta, ma un momento di rinascita.
E tuttavia, per un cane di 2 anni, una rinascita che resta appesa a un filo e che ancora oggi non può dirsi completa. Quel filo si chiama speranza di un'adozione e lo leghiamo a queste righe, augurandoci che arrivino sulla bacheca giusta e che siano lette dalla giusta persona.
Kodami sta portando avanti una campagna di sensibilizzazione sulle adozioni consapevoli da sempre. Nel periodo natalizio, in particolare, abbiamo lanciato #Nontiscarto e online abbiamo pubblicato MiFido, un questionario che è solo un primo "test" per capire se e quando è il momento giusto per iniziare una vita insieme a un altro essere vivente. Il nostro test non è assolutamente sostitutivo di quel "viaggio" che affronterete se avrete scelto di adottare consapevolmente rivolgendovi a persone, associazioni e rifugi che badano al benessere di tutti i membri che faranno parte della relazione a cui state pensando di dare vita. Pensiamo possa essere però utile, anche se state facendo un pensiero su Tito ancora prima di iniziare il vero cammino e augurando a tutti che possa portarvi a una gioia immensa vivere con lui.
Di Tito non vi diamo grandi descrizioni perché pensiamo che le immagini parlino da sole. Ha un carattere timido, ma curioso; è delicato nell’avvicinarsi e va d’accordo con cani e persone. Potrebbe essere adatto a famiglie di ogni genere e ha una gran voglia di conoscere il mondo. Ciò che possiamo suggerirvi è solo di venirlo a incontrare al canile di Marzabotto, intraprendere il percorso di pre affido e lasciare a lui di presentarsi e farsi conoscere per il gran cane che è. Perché se in quegli occhi non ha visto nulla chi non ha esitato a disfarsi di lui, noi pensiamo invece che ci sia un fuoco, capace di scaldare e di rapire un cuore.
Un costo che tutti noi paghiamo
Per Tito l’arrivo in canile è da considerarsi una fortuna. Non una caduta, ma un momento di rinascita, una speranza che affidiamo a voi lettori di Kodami
La prima cosa che generalmente viene in mente pensando alla caccia riguarda il dato di fatto che si uccidono degli animali. È un dato ormai assodato quello per cui un’ampia maggioranza dei cittadini è nettamente contraria a questa pratica, abitudine, sport o comunque la si voglia chiamare. La caccia viene percepita da molti come un vero e proprio sopruso da parte di una piccola minoranza di persone, rappresentate tuttavia da una potente lobby, nei confronti dell’intera collettività oltreché degli animali. E tuttavia vi è un altro aspetto che non sempre balza subito agli occhi e che non può essere definito altrimenti se non come un “effetto collaterale” ai danni non solo dei cani, ma di tutta la comunità.
Vogliamo così concludere questo articolo con una riflessione che dovrebbe riguardarci tutti e specie le nostre istituzioni. Se andiamo a fare una stima sommaria di quanto il fenomeno dei cani da caccia che arrivano nei canili potrebbe pesare sulle casse pubbliche le cifre sono di assoluto rilievo. Mantenere un cane in canile costa infatti circa 3 euro al giorno. In un canile che ospita 150 cani se anche fosse del 30% la presenza di cani da caccia la spesa si aggirerebbe sui 30 mila euro annui. Considerando che in Italia si stima vi siano 1200 canili il conto è presto fatto. Si potrebbe arrivare anche a 40 milioni di euro l’anno. E questa stima potrebbe essere anche molto inferiore alla realtà.
Pensiamo così che anche questo dovrebbe essere annoverato, assieme a tutti gli altri, tra i costi della caccia nel nostro paese.
E nell’attesa che le istituzioni si rendano conto che ci sarebbe urgentemente bisogno di imporre ai cacciatori delle campagne sull’adozione responsabile nel nostro piccolo pensiamo che la nostra #Nontiscarto può arricchirsi anche di questo ulteriore significato: un cane non è un attrezzo che si può scartare quando è rotto!
***Per chi fosse interessato all'adozione di Tito può contattare Francesco al numero 3494142090 oppure scrivere una mail a anonimacinofila@gmail.com