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13 Ottobre 2021
16:10

La storia di Pablo, il cane da guardia tanto grande quanto fragile

Nel nostro paese sono ancora frequenti situazioni in cui i cani vengono impiegati per fare la “ guardia”. Purtroppo c’è ancora l’idea che alcune razze siano predisposte a farlo, sulla base delle loro caratteristiche fisiche. La storia di Pablo, un cane da guardia tanto massiccio quanto fragile.

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Istruttrice cinofila
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Non è insolito trovare nel nostro paese ancora situazioni in cui i cani vengono impiegati per fare la “guardia” a terreni, capannoni, attività di vario tipo che rimangono incustodite durante alcune ore della giornata. Purtroppo c’è ancora non solo un ostacolo culturale da superare, ma l’idea che alcune razze siano predisposte a farlo sulla base delle loro caratteristiche fisiche, come testimonia la storia di Pablo, un cane “da guardia” tanto grande quanto fragile.

Pablo viene ritrovato vagante su un territorio del sud Italia diversi anni fa: all’inizio i volontari credevano si trattasse dell’ennesimo abbandono o addirittura di un cane libero sul territorio ma ben presto capirono che Pablo, come spesso accade in alcune zone del nostro paese ancora, era probabilmente tenuto a guardia da qualche parte come deterrente ma deve essere riuscito ad evadere. E questo è un dato certo, perché Pablo non ama affatto gli spazi chiusi, vorrebbe partecipare alle olimpiadi canine dei saltatori e vincerebbe il guinness dei primati e ogni medaglia possibile perché è in grado di evadere anche da recinzioni piuttosto alte.

Chi sono davvero i cani abili alla guardia: ne abbiamo ancora bisogno?

Ci sono dei cani che per spinta genetica ma anche per attitudine e competenze, hanno sicuramente una predisposizione ad occuparsi in maniera attiva del controllo dello spazio e a cui spesso l’uomo ha delegato l’attività di gestire gli arrivi di potenziali minacce estranee. Sarebbe riduttivo negare che alcuni cani, al di là di quelle che poi possano essere le sfumature caratteriali del soggetto, hanno una vocazione a farlo e lo sanno fare piuttosto bene. Ci sono senza dubbio alcune razze di cani che sono predisposte a questo per via della selezione che l’uomo ha operato nel corso dei secoli: sono spesso cani che sono stati impiegati per pattugliare ampie zone di territorio dall’arrivo di persone e minacce in generale, che non arrivano quasi mai allo scontro diretto con un “invasore” ma che hanno una comunicazione forte ed efficace e, complice una stazza fisica notevole, sicuramente rappresentano un buon deterrente.

Questa attitudine però, spesso dovrebbe essere legata anche una diffidenza nei confronti degli estranei, ovvero ad una serie di caratteristiche che rendono un cane abile nel fare la “guardia” sulla base di una distanza mentale e che conserva rispetto alla persona che non conosce, una buona dose di autonomia decisionale vantaggiosa nei casi di controllo, da esprimere con consapevolezza e in maniera contestualizzata. Proviamo ad ad immaginare adesso un grande cane da pastore e da guardia che viene messo nella condizione di vivere in una famiglia: è chiaro che la sua vocazione potrebbe non essere molto integrativa in quel contesto e creare non poche difficoltà all’arrivo di un ospite in casa ma, dandogli una chiara cornice di espressione, potremmo comunque farlo sentire abile rispetto questo talento.

Va da se, che se vivesse in un ambiente non adeguato, ogni sforzo sarebbe vano nonostante le indicazioni che gli forniamo e probabilmente, i suoi comportamenti risulterebbero molto critici da gestire. Adesso pensate ad un cane molosso per esempio, un cane che magari conserva una discreta diffidenza degli estranei complice la sua genetica di razza, e che cerchiamo di aiutare a incanalare questo talento ma che magari, ha un profilo emozionale fragile e pur cercando di “fare la guardia” in maniera vantaggiosa, complice l’emotività eccessiva, non riesca.

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Pablo

Tutto questo preambolo per capire che la razza e la forma fisica, non fanno purtroppo il talento e l’agibilità di quel talento dove per agibilità, come spiega il padre dell’approccio cognitivo zooantropologico Roberto Marchesini, c’è la competenza di agire in maniera contestualizzata, chiara e coerente sulla base di quella spinta e quel talento. A Pablo, è successa esattamente questo: il fisico e la sua razza probabilmente sono stati etichettati “abili” a quel compito ma la sua natura emozionale, non lo sarebbe mai stata. Alle soglie del XXII secolo, non credo sinceramente che non esistano mezzi e deterrenti per evitare che qualcuno si addentri in un posto che possano essere utilizzati al posto dei cani: in primis, perché come spiegato sopra, non è detto che un cane sia abile in questo e in secondo luogo, perché siamo arrivati in un momento storico in cui dovremmo abbandonare certe idee obsolete.

Il cane nella sua accezione più zootecnica, cioè abile ad un lavoro e utile all’uomo per un determinato compito, è ormai integrato come cane da compagnia a collaborazione con noi su una base di reciproco rispetto e non di mero utilizzo. Esistono gli antifurti, le recinzioni e a meno che non siate dei pastori che devono proteggere il loro gregge dai lupi, non credo che sia necessario avere ancora un “cane da guardia”.

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Pablo steso nell’erba

Pablo: un cane tanto massiccio quanto fragile.

Pablo una casa e un ambiente domestico non li ha mai conosciuti perché le sue adozioni fallite, sono state sempre costellate di rammarico da parte degli interessati per i danni che riesce a combinare in casa. Pablo in casa si concentra in una zona sola: la cucina. E’ capace di aprire cassetti, smontare mobili, saltare sui tavoli come fosse nulla con un unico obiettivo: trovare qualcosa da mangiare. Se abbia patito la fame mentre vagava Pablo, non è purtroppo una ipotesi perché il suo ritrovamento è stato possibile proprio perché fu segnalato in condizioni fisiche davvero pessime.

Pablo è un cane di taglia importante, qualcosa di simile ad un Pitbull mischiato con un punto di interrogativo, con una discreta diffidenza nei confronti di chi non conosce ma che si lascia guidare dalle persone a cui concede la sua fiducia, senza problemi. Al netto delle diverse adozioni finite male, quando Pablo è arrivato dalla mia collega Cristina, in verità ha dato modo a tutti di ricredersi su tanti aspetti. Nei rifugi non basta che questi cani  escano e si “scarichino”: non sono solo corpi da stancare ma spesso, menti da accendere e sintonizzare sulle corde giuste.

Cristina si è limitata a prendersi del tempo e a lasciare che lui mostrasse un’apertura di fiducia verso di lei e perché no, anche a fare delle belle passeggiate sull’argine lasciando a questo cagnone tutto il tempo e lo spazio che necessitava. Sulla base di queste sicurezze, poi, e solo poi, Cristina ha iniziato con lui una lenta e progressiva abitudine agli spazi ristretti di una casa. Insieme sono stati a casa prima per poco tempo e poi per tempi sempre più lunghi, dimostrando a Pablo che si può stare in un ambiente chiuso e domestico senza ansia, anche semplicemente non facendo nulla.

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Pablo mentre mordicchia un bastoncino

Cristina lo ha guidato a sapersi rilassare, mettere giù per un veloce pisolino, o semplicemente mentre guarda il telefono,  Pablo puoi masticare qualcosa di buono senza saltare sui mobili come un grillo. Pablo è un cane che ha bisogno di conoscerti, di fidarsi di te e di avere la possibilità di sbagliare senza essere redarguito ma con pazienza, di essere accompagnato nel suo percorso di conoscenza reciproca anche da un punto di vista di qualcosa che a noi sembra così scontato: la casa, la cucina, il divano.

È riduttivo pensare che per tutti i cani basti l’affetto, la pappa di qualità e una bella cuccia morbida per adattarsi ad una vita ma a tutti sicuramente serve fiducia, una relazione che sia una coordinata di sicurezza solida e la pazienza di sapersi mettere nei panni di qualsiasi cane per i primi tempi, finché non sarà in grado di farcela da solo. Pablo aspetta la sua famiglia, è un cane eccezionale, ha dimostrato di essere in gamba anche con le cagnolone femmine e cerca finalmente il suo porto sicuro.

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