È una fresca serata di fine estate in spiaggia, una di quelle in cui ti porti la felpa per passeggiare in riva al mare. Proprio in quello stesso momento, sotto la sabbia, centinaia di tartarughine custodite in un uovo grande come una pallina da golf stanno per affacciarsi al mondo per la prima volta, pronte a ruzzolare verso il mare inseguendo la luna.
Questa magia si ripete ogni estate e ininterrottamente da almeno 150 milioni di anni, eppure sono bastati un paio di secoli di attività umane per mettere a rischio tutto ciò, portando le tartarughe marine sull'orlo dell'estinzione.
Solamente nel mar Mediterraneo si stima che siano tra le 124.000 e le 150.000 le tartarughe marine come la Caretta caretta che finiscono vittime di reti, ami e altri attrezzi da pesca. Di queste, fino a quasi 40.000 muoiono ogni anno e se a tutto ciò aggiungiamo l'elevatissima mortalità dei piccoli, l'inquinamento da plastica e le spiagge in cui nidificare sempre più affollate e inospitali, capiamo bene che stiamo rendendo quasi impossibile la sopravvivenza di questi meravigliosi rettili marini.
Fortunatamente, però, esistono centri specializzati nella ricerca e il recupero delle tartarughe marine che permettono di studiare e salvare tantissimi animali. Uno dei più importanti del Mediterraneo è il Turtle Point della Stazione Zoologica Anton Dohrn di Napoli (SZN).
Gli uomini e le donne che lavorano ogni giorno per salvare le tartarughe che vivono nei nostri mari hanno aperto a Kodami le porte del centro in cui operano e in cui siamo entrati per mostrare come funziona e perché è così importante un'ospedale per la tartarughe marine. Insieme agli esperti, poi, abbiamo riaccompagnato in mare un individuo di Caretta caretta davvero speciale: è un maschio da record e si chiama Osimhen, proprio come l'attaccante del Napoli che sta contribuendo a riportare lo scudetto in città dopo 33 anni d'attesa.
Il Turtle Point, l'ospedale delle tartarughe e non solo
Il Turtle Point della SZN sorge in riva mare e si affaccia sul Golfo di Napoli, nella città di Portici. Il centro per lo studio e il recupero delle tartarughe marine si trova all'interno dell'ex macello di epoca borbonica e per questo sulle porte dell'ingresso svettano ancora due maestose sagome bianche di bovini. Fu inaugurato nel 2019 e da allora è diventato non solo un punto di riferimento per tutto il Mediterraneo ma anche un vero e proprio ospedale che riesce a salvare la vita a decine di tartarughe marine ogni anno.
Mentre passeggiamo tra le stanze Andrea Affuso, veterinario esperto e coordinatore del Turtle Point, ci mostra le vasche in cui alloggiano diverse tartarughe recuperate in difficoltà dal mare. C'è chi ha problemi alla vista, chi ha purtroppo subito l'amputazione di una pinna e chi invece si sta riprendendo dopo aver inghiottito un amo da pesca o un sacchetto di plastica. Sono tutte qui con un unico obiettivo: ritornare quanto prima in mare. «In questo centro si lavora principalmente per salvare quante più tartarughe possibili che arrivano da ogni angolo del litorale campano e non solo», spiega il veterinario.
Ma il Turtle Point di Portici è anche uno dei più importanti istituti di ricerca dell'intero Mediterraneo. Qui ricercatrici e ricercatori tra i più esperti al mondo cercano di trovare una risposta ai tantissimi segreti che ancora avvolgono la vita di questi meravigliosi rettili.
Dove vanno quando lasciano il loro nido o vengono liberate? Quanto vive una Caretta caretta in natura? Come se la passa la popolazione italiana? A queste, e tantissime altre domande, gli scienziati stanno provando a rispondere studiando la biologia delle tartarughe, monitorando i nidi lungo le coste e seguendo gli spostamenti e le attività dei soggetti liberati attraverso l'uso della tecnologia.
Ma come se non bastassero già tutte le minacce causate dalle attività umane, negli ultimi decenni gli studi ne stanno facendo emergere di nuove, forse ancora più allarmanti. «Le tartarughe – sottolinea Afuso – come tutti gli animali eterotermi e a sangue freddo dipendono necessariamente dalla temperatura dell'ambiente che regola praticamente tutte le loro attività fisiologiche. Ma la temperatura gioca anche un altro ruolo fondamentale per la vita di questi rettili: determina il sesso dei nuovi nati».
All'interno della camera dove si trovano le uova, sotto la sabbia, le temperature variano generalmente tra i 26 e i 32°C. Le uova che rimangano quindi a una temperatura di incubazione costante di 32 °C diventeranno femmine, mentre quelle intorno ai 28 °C faranno nascere invece maschi, ma c'è un piccolo problema. «Se le temperature globali continueranno a salire per colpa del riscaldamento globale causato dalle attività umane, all'interno dei nidi farà sempre più caldo – continua l'esperto – Col tempo nasceranno perciò sempre più femmine e meno maschi e questo può essere un serio problema per il futuro riproduttivo di questa specie».
Con meno maschi maschi circolazione, le tartarughe marine faranno sempre più fatica a riprodursi ed è anche per questo che Osimhen rappresenta una risorsa preziosissima per questa specie. Il maschio da record, infatti, è pronto per un'altra importantissima operazione, il posizionaento del GPS sul suo carapace prima di essere liberato.
Una tartaruga da record chiamata Osimhen
La storia di Osimhen rappresenta, nel bene e nel male, la fotografia più nitida ed eloquente dello status della Caretta caretta nel Mediterraneo e del modo in cui ci relazioniamo con questi animali. La tartaruga è stata infatti pescata accidentalmente in una rete da pesca a strascico a largo di Maiori, a Salerno, all'inizio di febbraio. Le reti e gli altri attrezzi da pesca sono probabilmente la principale minaccia per la sopravvivenza delle tartarughe marine in tutto il mondo. Gli animali vengono pescati per sbaglio – è il cosiddetto bycatch – e purtroppo in molti finiscono poi per morire per soffocamento, embolia da decompressione o altre lesioni persino quando i pescatori, in buona fede, le ributtano in mare sperando di aiutarle.
Per fortuna, però, a pescare Osimhen è stato Antonio De Mai, un pescatore particolarmente sensibile che, invece di ributtarla in mare ha attivato immediatamente i protocolli di soccorso da seguire in casi come questi. Grazie alla preziosa collaborazione tra SZN e l'Area Marina Protetta di Punta Campanella, che da anni porta avanti progetti e campagne di tutela, sensibilizzazione e tutela degli animali marini, il rettile da record è quindi arrivato sano e salvo al Turtle Point dove è stato immediatamente soccorso e messo in sicurezza.
La scelta del nome, poi, non è stata affatto casuale o dettata semplicemente dal momento magico che l'attaccante nigeriano e l'intera squadra del Napoli stanno vivendo e facendo vivere a tutti i tifosi. La tartaruga è stata chiamata così anche in virtù della sua prestanza fisica quasi senza precedenti, caratteristiche che condivide con il prolifico capocannoniere del campionato di Serie A. L'Osimhen tartaruga pesa infatti ben 85 kg con una lunghezza del carapace di oltre 80 cm, dimensioni davvero eccezionali per i nostri mari soprattutto per i maschi, mediamente più piccoli delle femmine. Questo significa, inoltre, che Osimhen ha nuotato libero nel Mediterraneo probabilmente per almeno 50 anni: anche per questo bisogna riportarlo in mare il prima possibile, pure perché la stagione riproduttiva è ormai alle porte e il suo contributo potrebbe essere fondamentale per il futuro delle nuove generazioni.
Per sollevarlo dalla sua vasca circolare e prepararlo finalmente per il trasferimento, ci sono volute cinque persone ma ora la tartaruga è finalmente pronta per ricevere il suo preziosissimo GPS. A dirigere le operazioni è Sandra Hochscheid del Gruppo Ricerche Tartarughe Marine della SZN, tra le maggiori esperte di questi rettili marini in Europa. Dopo avergli applicato una targhetta identificativa e aver posizionato un panno sugli occhi della tartaruga, Hochscheid installa il dispositivo GPS sul carapace senza mettere a rischio l'animale. «Sotto il punto esatto in cui viene incollato il dispositivo si trovano i polmoni e lo spessore del carapace in quella zona è piuttosto sottile – spiega l'esperta – Per questo bisogna stare molto attenti quando si gratta la piastra ossea dove avverrà l'incollaggio».
Quando tutto è pronto, si procede prima con uno strato di colla e poi col posizionamento del dispositivo GPS, applicato grazie anche a uno strato di pasta epossidica malleabile. Sandra Hochscheid sottolinea anche che «l'apparecchiatura satellitare non darà alcun fastidio a Osimhen. Questi preziosi dispositivi, solamente negli ultimi dieci anni, sono diventati sempre più piccoli e leggeri».
Grazie a questo GPS, dunque, d'ora in poi sarà possibile seguire ogni spostamento in mare di Osimhen che contribuirà così a individuare le zone chiave per questi animali: per esempio dove si accoppiano, dove passano l'inverno oppure quali sono le zone marine di pesca preferite.
Il ritorno in mare, non senza difficoltà
Osimhen è pronto per essere caricato sul furgone e tutto lo staff del Turtle Point si prepara per accompagnarlo in questo trasferimento. La spiaggia dove sarà liberato si trova non lontano dal punto in cui è stato catturato, nella bellissima cornice della Costiera Amalfitana, a Vico Equense.
Ad attenderlo ci sono proprio tutti: amministrazioni locali, rappresentanti dell'AMP Punta Campanella, il pescatore Antonio De Mai e una folla di studenti e cittadini pronti ad assistere a questo evento unico. Tra le attività del Turtle Point e dell'AMP, infatti, ci sono anche continue e costanti campagne di sensibilizzazione e divulgazione rivolte a scuole, pescatori, stabilimenti balneari e cittadini, iniziative fondamentali per accrescere la sensibilità e ridurre i pericoli che minacciano l'esistenza degli altri esseri viventi.
La liberazione di Osimhen è un vero e proprio evento ma, appena arrivati, sorge un intoppo decisamente inaspettato ma che proprio la storia di questa tartaruga fa capire quanto purtroppo sia frequente. Può sembrare quasi paradossale, ma proprio di fronte alla spiaggia dove avverrà la liberazione anche di un'altra tartaruga chiamata Fast troviamo distesa e installata una rete da pesca. Un episodio quasi grottesco nel contesto in cui accade che però è l'emblema di quanto possa essere difficile la vita di questi animali, persino quando centinaia di persone si sono mobilitate in loro difesa.
Mentre i sub e gli esperti del Turtle Point lavorano per rimuovere la rete, è molto difficile non pensare alle tante minacce che questi rettili affrontano ogni giorno per colpa degli esseri umani e provare un po' di sconforto. Spiagge sempre più affollate e devastate, inquinamento da plastica, pesca senza regole e riscaldamento globale: sono solo alcuni dei pericoli che mettono a rischio la sopravvivenza di questi antichi rettili ogni giorno della loro vita, dalla nascita alla morte.
Allo stesso tempo, però, è altrettanto difficile non notare quante persone si impegnino per tutelare questi animali, a partire dal pescatore che ha recuperato Osimhen, passando per gli operatori di Punta Campanella e fino ad arrivare agli studiosi e agli esperti della Stazione Zoologica.
Quando il mare è finalmente libero dalla rete, ad accompagnare la tartaruga da record c'è anche il pescatore che l'ha salvata ed ecco che il cerchio si chiude. Posizionato sulla battigia, il gigante da 85 kg ci mette pochi secondi a trascinarsi in mare tra gli applausi e gli sguardi emozionati dei presenti, lasciando dietro di sé solamente le profonde tracce impresse sulla sabbia dalle pinne e dal piastrone. Antonio De Mai è molto emozionato mentre guarda la tartaruga sparire tra le onde, felice di aver contribuito in prima persona a darle una seconda opportunità.
Domenico Sgambati, coordinatore dell'AMP di Punta Campanella ha un sorriso anche lui sul volto: «Finalmente vedo raccogliere i frutti del lavoro portato avanti dall'area protetta che ha messo sù un sistema virtuoso che unisce operatori del mare, istituzioni ed esperti che fanno rete con un unico obiettivo: tutelare il mare e i sui abitanti più minacciati».
Tutti si chiedono dove andrà adesso Osimhen e se riuscirà a trovare una compagna per riprodursi. Ma ,soprattutto, la speranza è che non finirà di nuovo vittima della pesca.
Il futuro delle tartarughe marine
Le tartarughe marine del Pianeta non se la passano bene, non solo la Caretta caretta. Sono appena sette le specie note in tutto il mondo divise in due famiglie, chelonidi e dermochelidi, e praticamente tutte sono considerate in pericolo di estinzione all'interno della Lista Rossa delle specie minacciate redatta dalla IUCN. La Caretta caretta, in particolare, è globalmente considerata Vulnerabile, nonostante ciò, negli ultimi anni stiamo però assistendo a una notevole inversione di rotta che coinvolge soprattutto la popolazione che vive all'interno del bacino del Mediterraneo.
Fulvio Maffucci, altro membro esperto del Gruppo Ricerche Tartarughe Marine della SZN, spiega che «gli studiosi stanno osservando una lenta ma costante ripresa della popolazione, anche nelle acque lungo le affollate coste italiane. Complice anche lo stesso aumento delle temperature che potrebbe far nascere sempre meno maschi, le tartarughe stanno allargando il loro raggio d'azione sempre più verso Ovest e verso Nord. Anno dopo anno i nidi sulle spiagge stanno aumentando, in parte perché sono effettivamente in crescita, ma anche perché le azioni di tutela e monitoraggio sono sempre più mirate e più efficaci».
Maffucci così sottolinea fondamentalmente che l'attore principale che determinerà quale sarà il futuro di questi rettili marini è uno: la nostra specie. Siamo proprio noi, gli stessi umani a che hanno portato sull'orlo dell'estinzione le tartarughe a poterle salvare e inaspettatamente lo stiamo già facendo nonostante tutto. La crescente attenzione e sensibilità vero questi animali, specie considerata da sempre bandiera degli ecosistemi marini, si sta riprendendo, seppure lentamente, grazie soprattutto alle azioni e ai progetti di tutela e monitoraggio di questa specie.
Tutti gli studi e le ricerche effettuate negli ultimi anni evidenziano questo: le azioni di conservazione stanno funzionando piuttosto bene. Ma se da un lato è senza dubbio una buona notizia, dall'altra rappresenta un importante monito. «Se dovessero cessare attività come il monitoraggio e tutela delle uova e dei nidi – conclude Maffucci – oltre che il prezioso lavoro dei centri come il Turtle Point della SZN, le tartarughe marine rischierebbero nuovamente di sparire nel giro di pochi anni: non possiamo fermarci».
Nella storia di Osimhen è racchiuso tutto: le minacce e i pericoli che affrontano ogni giorno le tartarughe marine, il necessario supporto dei pescatori che l'hanno recuperata e il fondamentale e duro lavoro che ogni giorno ricercatori e veterinari portano avanti per assicurare un futuro a questa specie. La Caretta caretta condensa, nel bene e nel male, tutte le contraddizioni e le sfumature tipiche della nostra specie, allo stesso tempo sia principale minaccia per la biodiversità del pianeta, che unico possibile rimedio a se stessa.
Con la liberazione di Osimhen a prevalere è un sentimento di speranza, la certezza che è davvero possibile rimediare ai nostri stessi errori, assicurando così che quelle piccolissime tartarughe che ogni estate si affacciano al mondo per la prima volta continueranno a ripetere questa magia ancora per molto tempo.
È questo il gol più bello da segnare per il futuro della biodiversità.