A causa di un brutto caso di influenza, Emmanuel, star di Tik Tok e fra i più apprezzati content creator dell'anno, ha rischiato di morire. La malattia lo aveva portato a non nutrirsi più e a perdere molto peso, costringendo i suoi familiari a contattare un esperto prima che Emmanuel non riuscisse più a stare in piedi.
Detta così, questa storia sembrerebbe la classica storia di un ragazzino delle medie o delle elementari che ritorna da scuola con l'influenza ed è costretto a stare a casa per oltre una settimana, con una leggera febbre passeggera ma fastidiosa. Ma non stiamo parlando di un essere umano, ma di un emù (Dromaius novaehollandiae) che è ospitato all'interno di una fattoria – la Knuckle Bump Farms – in Florida, insieme agli esemplari di decine di altre specie.
O almeno, era così fino a poco tempo fa. La fattoria è stata investita dall‘influenza aviaria e di tutti gli animali che erano tenuti dalla famiglia Blake, solo Emmanuel e un cigno Rico sono sopravvissuti, con una mortalità che ha superato il 99%. In totale sono morti 50 animali e i due uccelli superstiti hanno dunque avuto una incredibile fortuna nel resiste ad una epidemia simile, anche se ufficialmente secondo due test, fatti in due centri biologici diversi, che hanno dato esito negativo, Emmanuel non sembra essere stato contagiato dall'influenza aviaria, per quanto i sintomi della sua malattia siano stati alquanto simili.
Grazie a Internet e alla sua allevatrice, Taylor Blake, migliaia di fan sono rimasti con il fiato sospeso fino allo scorso inizio novembre, quando Emmanuel ha iniziato riprendersi. La storia di Emmanuel e della pandemia all'interno della fattoria era stata già approfondita da Kodami, ma qui vogliamo di nuovo porre maggior risalto sul rischio collegato dall'allevare specie esotiche in un contesto esterno a quello in cui l'animale si è evoluto e adattato.
Anche perché la storia di Emmanuel non è – per quanto possano dire alcune riviste che si definiscono ecologiste – una storia a lieto fine. Anzi: è l'esempio di come l'uomo continua a non comprendere quali siano i diritti degli animali selvatici, trasformando un animale in una mascotte o un prodotto da pubblicizzare.
Il malessere di Emmanuel
La domanda ci arriva spontanea. Se Emmanuel non era stato infettato dal virus dell'aviaria, per qual motivo ha mostrato i sintomi collegati ad un malessere equiparabile alla malattia?
Per quanto la ragazza non sia né una ornitologa né una veterinaria, la risposta a questa domanda c'è la da la stessa allevatrice Taylor Blake, che sui suoi social continua a sbandierare il volto di una sensibile ragazza di campagna, quando in realtà il suo comportamento dovrebbe far sollevare parecchi dubbi, fra chi la idolatra e la segue per i suoi video in cui si mostra sorridente con Emmanuel.
«Crediamo che tutto ciò derivi dallo stress. Gli emù sono molto suscettibili allo stress. Era incredibilmente sopraffatto dalla situazione di tutti quegli animali uccisi per via di quel virus. Emmanuel è un animale sensibile e tra gli altri animali malati aveva molti suoi amici. Ha smesso di mangiare il giorno della loro morte».
Ora queste affermazioni ci dimostrano solo alcune cose. Primo: lo status di salute dell'animale durante il periodo più buio dell'epidemia non era tra i migliori. Per quanto possano risultare dubbi i risultati dei test che sono stati effettuati, in quanto non abbiamo la comprovata testimonianza che i laboratori in cui siano stati effettuati abbiano svolto un buon lavoro, ufficialmente Emmanuel è risultato negativo al virus, unico di tutti gli ospiti presenti all'interno della fattoria Knucle Bumps. Rico il cigno, infatti, è risultato positivo e può considerarsi l'unico vero sopravvissuto alla malattia. Questo ci porta a pensare che l'emù fosse debole di suo e che la sua malattia non abbia alcun legame con l'aviaria.
Secondo: capiamo che la signorina Blake crede che l'emù abbia sviluppato molte amicizie fra galline, cigni, anatre e altri esemplari di altre specie, successivamente morti per aviaria. Per quanto la scienza si definisca moderatamente ottimista sul concetto di amicizia fra animali di diverse specie, è anche vero però che una delle tecniche commerciali più vecchie del mondo per questa tipologia di fattorie è quella di rappresentare gli animali come se fossero protagonisti del mondo delle favole. George Orwell non a caso si convinse di scrivere il famosissimo racconto "La fattoria degli animali" – che parodiava le società umane guidate dalle istituzioni politiche comuniste della sua epoca – prendendo spunto dai racconti assurdi degli animali per bambini.
All'epoca infatti spesso questi racconti venivano presi in giro dall'entourage inglese per come rappresentassero al contempo un esempio di falsificazione della natura e di pessima letteratura per ragazzi (Orwell spesso consigliava di leggere Esopo ai propri figli, in quanto Esopo da una interpretazione più realistica delle società animali rispetto alle favole della buona fattoria inglese). E come si può vedere facilmente in molti spot pubblicitari, per quanto la letteratura inglese abbia abbandonato via via questa visione distorta, in America è sopravvissuta una visione fanciullesca dell'animale da fattoria, che fa da contraltare all'impiego favolistico degli animali nelle campagne di marketing di molti prodotti commerciali.
Con questo possiamo dire che la Blake strumentalizza i propri animali, per far credere che Emmanuel abbia davvero sofferto per la morte dei suoi amici? No, non possiamo farlo. Emmanuel può essersi infatti stressato per colpa della morte degli altri ospiti della fattoria, in quanto è probabile che la sua identificazione come emù sia stata alterata con la vicinanza ad altre specie. Alla fine, cercando online, non è stato possibile scoprire l'età esatta di Emmanuel né da quanto tempo lui viva in Florida. Questo ci impedisce di sapere da quanto tempo lui non veda suoi simili e se esiste il rischio che lui abbia perso il tipico comportamento di un Emù, riconoscendosi in qualche altra specie.
Questo ci porta a riflettere sul terzo punto: lo stress.
Tenere in una fattoria un animale selvatico come un emù è una moda che si sta diffondendo molto in America come nel resto del mondo. L'emù come quasi tutti sanno è un animale dell'Australia, abituato a spostarsi in continuazione presso vaste distese d'erba e praterie semi desertiche. La sua non è una specie considerata a rischio, ma la sua presenza all'interno di un'areale non congeniale è un sopruso a cui le istituzioni nazionali dovrebbero porre un freno. Ed essendo tra l'altro gregari, sono animali che ricercano spesso l'interazione con i propri simili.
Tutte queste caratteristiche spiegano da sole il malessere di Emmanuel, che dovrebbe vivere libero ed essere accompagnato da altri esemplati della sua specie – non da cigni, anatre e tacchini – ma come spesso accade al mondo dei social, i diritti degli animali vengono calpestati a prescindere dalla sofferenza che l'animale prova nel suo silenzio.
L'animale esotico come fenomeno da baraccone
La vera causa però che è possibile trovare per il malessere di Emmanuel si trova altrove. Basta andare sul sito della stessa fattoria, cercando lo store ufficiale, per comprendere il vero problema. Emmanuel non viene visto come un emù, per quanto i suoi allevatori possano affermare. Emmanuel viene visto come un prodotto commerciale. Non una mascotte, non l'allegro animale della fattoria, ma il vero protagonista de "Knuckle Bump Farms". L'uso del suo volto si trova infatti ovunque.
La fattoria vende di tutto sfruttando la sua immagine. Magliette, capellini, borracce, magneti…
Tra l'altro, in buona parte del merchandising, le battute più celebri di Taylor Blake sono state stampate attorno allo sguardo stralunato di Emmanuel, come se il povero emù soffrisse davvero di una qualche forma di stupidità, quando in verità l'unica colpa di Emmauel è quella di avere una espressione buffa che attrae i social, la classica espressione istintiva e curiosa di un animale che non comprende cosa ci sia dietro il vetro di una telecamera.
Emmanuel è il feticcio che spinge i turisti a visitare la fattoria. Emmanuel è il feticcio che induce migliaia di fans a devolvere fondi per l'istituzione che ne gestisce gli animali. Per quanto però questa pratica possa anche essere accettata da parte di alcuni zoo e da molte delle riserve private, presenti in Africa come in Europa, un conto è trattare un animale come star affinché i fondi ottenuti ricadano sulle altre specie di un parco o sulla salvaguardia della stessa specie, un conto è usare un animale che non rientra all'interno della fauna locale per fini strettamente privati.
Fini ovviamente legali, non possiamo negare questo. Come però ci ha ben mostrato il caso di Tiger King, in America esiste un fenomeno preoccupante di ridicolizzazione della fauna selvatica per fini economici, che poi porta ad abusi ancora peggiori.
Ridicolizzazione che Emmanuel ha già vissuto sulle sue stesse piume. I suoi video sono divenuti talmente virali negli Stati Uniti che Blake ha partecipato a una puntata del Tonight Show di Jimmy Fallon, riproponendo la sua frase tormentone con il conduttore, neanche fosse un attore pagato che possa godere del successo che gode nei confronti del pubblico.
Continuare a vedere perciò i video di animali esotici maltrattati sui social non è una cosa divertente e che possa aiutare questi animali. Emmanuel non è una gallina, non è un cane che possa compartecipare al gioco voluto dall'essere umano. Emmanuel è un emù e la nostra specie – come le specie di cigni, galline, tacchini e altri animali – si è interfacciata alla sua solo recentemente. Dunque non può comprendere appieno la sua condizione, mentre può soffrire terribilmente della sua prigionia.
Ed è ancora più demoralizzante come parte della stampa che si ritiene ambientalista possa gioire riguardo allo status di salute dell'animale. Per quanto infatti possa ora sembrare non più in pericolo, non è il virus dell'aviaria la vera minaccia per Emmanuel l'emù. La sua vera spada di Damocle sono i followers.
Alla fin dei conti, in questo insieme di abusi, l'unica vera notizia positiva è che quantomeno non sia morto per l'aviaria, nemico meno subdolo della stupidità umana.