Di cani giovani ed eccezionali, i rifugi sono pieni. In attesa di adozione, spesso molti ci invecchiano. Quelli più fortunati magari passano mesi o anni in delle buone pensioni, gravando sulle tasche e i pensieri di notte che non lasciano dormire i volontari che se ne occupano. Dylan, è uno di loro.
Ma guarda che belli questi cuccioli nell’annuncio!
Noi istruttori cinofili le chiamiamo le “cucciolate scriteriate” e sono di diversa tipologia, frutto di accoppiamento di cani che magari vivono insieme e che vivono in quel nugolo di mista ignoranza e superficialità delle persone che dà vita a leggende metropolitane come “eh ma almeno una cucciolata la femmina deve farla!”. Poi ci sono anche quelle cucciolate scriteriate che sono frutto del caso, della gestione approssimativa, come una specie di “ scappattella fra cani” che può capitare e che si spera non ricapiti più. Infine, ci sono le "cucciolate scriteriate degli scellerati", cioè il frutto di nascite casuali che servono a raccattare due spiccioli, quelle fatte da persone che spesso passano una vita a vivere di piccoli espedienti per campare. Queste ultime sono le peggiori forse, perché prevedono che i cani diventino letteralmente merce e vengano venduti per qualche centinaia di euro, spesso senza neanche avere un microchip di riconoscimento e la prassi sanitaria in regola.
Dylan è uno di loro: figlio di un papà Maremmano fiero e docile e di una madre, cane bianco come la neve, dal carattere eccezionale.
Chi acquista cani spesso non sa e non può sapere la loro storia di famiglia se non si informa della provenienza reale dei cuccioli e spessissimo non conoscerà mai neanche i genitori di quel cucciolo. Chi cerca un cane sui social o sugli annunci on line, ignora che esistono addirittura delle leggi che regolamentano l'acquisto. Forse la cosa che facciamo più difficoltà a far comprendere alle persone come professionisti non è tanto se sono consapevoli della razza o del mix di razze che stanno per prendere ma cosa implica per un cucciolo nascere in un ambiente idoneo e con tutte le cooordinate di sicurezza che dovrebbe avere.
C’è questa idea comune che far nascere cani in un ambiente casalingo, in una famiglia, sia una cosa positiva e quindi garanzia di sicurezza. Nessuno vuole negare che non lo sia, sicuramente un ambiente domestico permette ai cuccioli delle esperienze che sono di valore nettamente superiore ad essere allevati in box e gabbie. Il punto però rimane uno solo: le adozioni dei cani non sono consapevoli da parte delle persone per una serie di infinite variabili che affondano le loro radici in un problema che è sociale e soprattutto culturale.
Abbiamo lanciato su Kodami nel periodo delle Feste la campagna #nontiscarto perché siamo qui ancora a ricordare alle persone, sotto Natale, che adottare un animale è una grande responsabilità e che gli animali hanno diritto a fare una vita dignitosa e a realizzarsi in base al benessere fisico e psichico. Abbiamo anche costruito il MiFido, un questionario online che è solo un primo test che vi invitiamo a fare: può essere utile per farsi qualche prima domanda ma non è sostitutivo di quel viaggio che affronterete rivolgendovi a persone, associazioni e rifugi che badano al benessere di tutti i membri che faranno parte della relazione a cui state pensando di dare vita.
La verità è che non basta l’amore per una giusta adozione, non basta avere una bella casa, non basta un discreto conto in banca per le spese veterinarie e una recinzione idonea se si ha un giardino. Non sono sufficienti le migliori crocchette di qualità e le corse nelle aree cani, non saranno mai abbastanza se non abbiamo intenzione di stringere legami con quel cane nel rispetto di essere un animale senziente, dotato di emozioni e motivazioni che lo rendono unico e attore della sua esistenza.
Ecco allora che poi manca il requisito fondamentale che è garantire ad un cane, come Dylan, di potersi realizzare come individuo, nel rispetto delle sue sensibilità e di maturare nella forza di una relazione stabile, duratura, nell’ambiente più adeguato alle sua caratteristiche di razza e di crescere nel pieno rispetto della sua soggettività in maniera integra e congruente con le sue emozioni di risposta al mondo e rispetto le sue vocazioni.
Quel momento in cui Dylan non era più un batuffolo bianco
Dylan è uno dei tanti cuccioli che nasce a Firenze in una famiglia e in una casa: come lui, tanti suoi fratelli sono stati acquistati velocemente perché sua madre di cuccioli ne ha fatti un bel po'. Viene comperato da piccolo e per un periodo di tempo le cose non vanno neanche così male: la famiglia che lo prende ha dei bimbi, vive in un piccolo appartamento sì ma se la cavano bene.
Dylan esce regolarmente, viene alimentato a dovere, incontra altri cani: insomma, sembrerebbe non mancargli nulla. Però i cuccioli crescono e soggetti come Dylan diventano cagnoni di una taglia importante. Ben presto, così, perso il “vestito” del batuffolo bianco, lui come altri iniziano a tirare al guinzaglio, hanno necessità di dar espressione alla fisicità tipica di un cane adolescente, compresi quei momenti di confronto importanti che ci sono in giovane età.
Sono i mesi in cui i cani vogliono testare i loro limiti e possono farlo solo aprendo dei dialoghi che possono apparire anche tesi e conflittuali: gli serve per capire dove possono spingersi, quali obiettivi possono ottenere, quanto è solida la guida che sta con loro e quanto lo sono i cani con cui dialoga.
Tirare per un cane di trenta chili significa sentire a volte la necessità di annusare e processare la pipì di quell'altro cane per poter dire qualcosa di sé, metterci un punto, cercare di non rispondere in maniera conflittuale alla presenza nel quartiere di un altro soggetto.
E Dylan in questo è un maestro: un cane che sembra nato per comunicare con gli altri cani, che evita di imbattersi in situazioni problematiche coi suoi simili e che riflette sul da farsi con una capacità tale da non farti pensare ad un cane così giovane. Eh sì, perchè il nostro protagonista non ha neanche 3 anni e ha alle spalle, oggi, già un abbandono e due adozioni fallite.
Una volta cresciuto Dylan, infatti, non veniva più portato fuori con la stessa frequenza: a casa rimaneva da solo molte ore, dalla mattina che si usciva per la scuola ed il lavoro e soprattutto nell'epoca in cui tutti stiamo cercando di tornare lentamente ai ritmi della vita durante la pandemia e alla fine dei precedenti lockdown.
Ma è così che poi succede questa cosa che capita spesso: i cani non sono ben visti se iniziano a vocalizzare e ad abbaiare nei condomini, men che meno se sono cani grandi. Le persone si lamentano, la gestione diventa difficile, le cose belle di quando era un batuffolo di pelo ormai sembrano essere passate veloci e tutto diventa un problema che le persone non sono in grado di affrontare o non ne hanno voglia, tempo, modo.
Anche le persone che hanno i genitori di Dylan si sono poi ritrovati in brutte acque e si è creata una rete di volontari che nel tempo ha ricollocato persino la mamma e papà di quel meraviglioso cagnone. Suo padre ora vive vicino casa mia e adoro osservarlo quando lo incontro ogni tanto, fiero con la sua coda alta e vaporosa, il suo sguardo profondo, attraversare le strade del mio paese col mio amico Davide.
E allora crediamo che adesso, come successo non solo per i suoi genitori ma anche per alcuni suoi fratelli che erano stati affidati in maniera superficiale, sia arrivato il suo momento: Dylan cerca la sua famiglia.
Bello e possibile: il fascino dei cani da pastore e la loro collaborazione
Dylan ha ricevuto due richieste di adozione da quando si trova in pensione che sono probabilmente il frutto delle considerazioni che si fanno su cani come lui. Entrambe le situazioni erano a dir poco idilliache: contesti verdi, animali da cortile, fiumi e boschi in proprietà che gli permettessero corse a perdifiato. Siamo stati tentati di farci adottare noi per quanto belli fossero i giorni che si prospettavano.
La prima prova è andata benissimo, Dylan è stato eccezionale con l’altro cane della coppia, ha dimostrato di saper stare in casa senza combinare guai, anche coi gatti è andata alla grande e si è impegnato a diventare un buon comunicatore anche se il guinzaglio non è esattamente quello che gli piace di più. Poi però è andata male: quelle persone ci hanno ripensato e hanno deciso di comprare un cucciolo da un allevamento. Perché? Perché c’è questa idea basata sull'ignoranza che a me fa arrabbiare tantissimo, ovvero di credere che un cucciolo, alla fine, "te lo cresci su come vuoi" e vai sul sicuro. Beh, se così fosse, noi educatori e istruttori non dovremmo lavorare e invece forse proprio così non è!
La seconda adozione fallita non era partita col piede giusto ma speravamo in una svolta: era andato bene l’inserimento con le galline, le oche e persino con gli asini. Dopo qualche chiarimento iniziale con alcuni dei cani già presenti, speravamo si potesse fare il miracolo ma l’ultima volta uno dei cani di casa è stato intransigente e categorico verso di lui. Ce lo aveva detto anche Dylan che sapeva dove si stava andando a finire, salendo per la sua futura strada di casa e che no, non era contento di tornare in quel contesto. A lui che non piace discutere con gli altri cani, è un cane che dà grande importanza alle amicizie con i suoi similie sentirsi il quarto incomodo non gli andava proprio giù.
Non lo abbiamo lasciato nella casa da favola nel bosco con gli altri e non lo abbiamo fatto perché i cani meritano il meglio: non la perfezione, quella non esiste e un margine di rischio ci sarà sempre o non li daremmo mai in adozione. Ma ci è stato detto: “I cani fanno così, poi se la mettono a posto fra di loro”. Ci dispiace ma non la pensiamo affatto in questo modo, anzi, crediamo che i cani non scelgano di stare con noi e con altri cani ma che siamo noi gli artefici di queste famiglie meticce e che proprio per questo sia necessario non fare stupidaggini e non credere che i cani possano autogestirsi.
Dylan ha poco meno di tre anni, è giovanissimo: ha un'intera esistenza davanti. Potrebbe benissimo vivere in un appartamento se gli garantissero una vita sociale e delle uscite di qualità, anzi: Dylan potrebbe assolutamente vivere anche dentro un armadio probabilmente se questo fosse un luogo sicuro dove intraprendere una relazione stabile e rispettosa. Dylan non vuole fare il Maremmano, non vuole stare a guardia di un terreno, non ha in testa pecore e agnelli. A Dylan interessa trovare il suo centro, la sua famiglia, il suo posto nel mondo e in questa dimensione sociale, ogni posto per lui può essere casa.
Info per adottare Dylan: 3336757912 René & Sara 3292921182