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5 Maggio 2023
16:41

La storia dello squalo manta, un enigma ancora irrisolto per la scienza

L'A. milarcae, soprannominato squalo manta per la sua somiglianza con le mante moderne, è vissuto circa 93 milioni di anni fa, durante il periodo Cretaceo. La sua storia rimane tutt'oggi un enigma per la scienza.

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Nel corso del 2021 la sua apparizione tra le pagine di Science ha sollevato parecchie curiosità e perplessità nel variegato mondo degli appassionati di squali e di paleontologia. Ritrovato all'interno di uno strato roccioso di una miniera nel nord-est del Messico nel 2012, l'Aquilolamna milarcae è stato infatti subito associato alle mante per via dell'ampiezza delle pinne che superavano i 2 metri, alcune imprecisioni nello studio paleontologico, però, hanno sollevato molte incertezze negli studiosi che ora chiedono a gran voce al team che ha descritto l'animale un approfondimento.

La storia dello "squalo manta" rappresenta uno di quei casi in cui la sete di conoscenza dei ricercatori fa fatica a placarsi, motivo per cui vale la pena ripercorrerla sin dalla sua scoperta per comprendere quali dubbi ci sono ancora.

Vissuto circa 93 milioni di anni fa, durante il periodo Cretaceo, l'A. milarcae anticipa di molti milioni di anni la comparsa delle mante moderne che, già di per sé, sono molto rare nelle testimonianze paleontologiche per via del loro scheletro cartilagineo che difficilmente riesce a fossilizzarsi. Quindi l'unica cosa in comune fra le mante e questo antico animale marino è l'aspetto fisico, anche perché sono evolutivamente distanti dal punto di vista filogenetico.

«Quando ho visto il fossile ho notato subito la sua insolita morfologia, totalmente nuova e sconosciuta all'interno del gruppo degli squali», ha dichiarato Romain Vullo, autore principale dello studio pubblicato su Science nel 2021 e tra i primi a interessarsi a questo reperto. All'epoca, insieme agli altri scienziati che hanno studiato e identificato per la prima volta la specie, Vullo aveva preferito paragonare la morfologia della specie a quella di un'Aquila calva (Haliaeetus leucocephalus), non della manta, per via delle dimensioni delle sue pinne, che sembravano "far volare nell'acqua" la specie che aveva appena scoperto.

Soprannominato così "squalo aquila" dallo stesso team che lo aveva riportato alla luce, l'A. milarcae ha ottenuto l'attenzione del pubblico per via delle sue pinne che venivano dall'animale usate prevalentemente per stabilizzarsi o spingersi in avanti. È stato però quando i paleoartisti, tra cui Oscar Sanisidro, hanno cominciato a far circolare le ricostruzioni dell'animale che la specie è cominciata a essere maggiormente conosciuta sul web come "squalo manta", probabilmente per via della bocca che in molti disegni è stata ricostruita ispirandosi alla famiglia dei pesci Mobulinae, dietro l'indicazione degli stessi paleontologi.

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Il reperto fossile originale dell’Aquilolamna impedisce di comprendere quale fosse  la morfologia della bocca

Anche se non sono stati rinvenuti molti denti della specie, Vullo e i suoi colleghi infatti ipotizzarono già al momento della prima pubblicazione che l'Aquilolamna potesse essere un pesce filtratore, come lo squalo balena o la manta. Un organismo capace dunque di nutrirsi di plancton e che sfruttava piccolissimi denti proprio per filtrare le prede dall'acqua. Dopo tutti questi anni però tale ipotesi non ha ancora del tutto convinto gran parte della comunità scientifica che ora vuole una riconsiderazione della descrizione originale della specie. «Gli autori riportano molte caratteristiche insolite nella loro descrizione e molti hanno delle riserve in merito ad alcune delle loro interpretazioni», dichiarava qualche tempo fa Allison Bronson, paleontologa della Humboldt State University, in California.

L'immagine quindi dell'Aquilolamna, dotata di testa larga e arrotondata, lunghe mascelle e pinne maestose che ricordano quelle di una manta rischia di rivelarsi del tutto un errore? Solo in parte, rassicurano i paleontologi. «È davvero un peccato che insieme al primo esemplare scoperto non siano stati ritrovati anche dei denti che avrebbero permesso ai ricercatori di determinare con esattezza l’affinità tassonomica di questo nuovo squalo», afferma Kenshu Shimada, paleobiologo della DePaul University di Chicago.

Il problema principale nella ricostruzione iniziale della specie, infatti, è legato quasi esclusivamente alla forma della bocca. Che l'Aquilolamna fosse in grado di attraversare le correnti grazie alle sue "grandi ali" in maniera simile a quanto fatto oggi dalle mante non era in discussione. «Ciò che non convince è nel resto – dichiara Bronson – Persino i resti di pelle presenti sul reperto non sono sufficientemente descritte all'interno dell'articolo e gli altri paleontologi non possono comprendere appieno la struttura stessa del fossile».

Per comprendere quindi definitivamente se questa specie fosse o meno un animale simile alla manta e un parente degli attuali squali, gli scienziati chiedono di effettuare nuovamente delle analisi e d'iniziare a promuovere una nuova serie di scavi sullo stesso sito del 2012, nel tentativo di ritrovare qualche reperto più completo o un maggior numero di denti.

Sono laureato in Scienze Naturali e in Biologia e Biodiversità Ambientale, con due tesi su argomenti ornitologici. Sono un grande appassionato di escursionismo e di scienze e per questo ho deciso di frequentare un master in comunicazione scientifica. La scrittura è la mia più grande passione.
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