Nella prima metà del 1800 l'Orto botanico dell'Università di Pisa ha ospitato un esemplare di giraffa. Una storia curiosa, a lungo rimasta nascosta, che si sarebbe potuta perdere per sempre se non fosse stato per la scoperta fortuita dell'animale in un antica illustrazione di Pisa, realizzata da Alfred Guesdon nel 1849 circa. La sua storia avventurosa è stata però finalmente ricostruita e svelata in un articolo pubblicato sul Journal of Zoological and Botanical Gardens da due ricercatori dell'Ateneo pisano, Gianni Bedini e Simone Farina.
Tutto è iniziato proprio dall'opera di Guesdon, intitolata Pise. Vue prise au dessus du Campo Santo. L'artista francese è famoso soprattutto per le sue meticolose ricostruzioni panoramiche delle città europee, osservate dall'alto in volo da una mongolfiera. Nella sua dettagliata ricostruzione di Pisa, realizzata all'incirca nel 1849, è presente anche l'orto botanico dove, all'interno di un minuscolo recinto circolare, si trova anche un animale che sembra in tutto e per tutto una giraffa, disegnata in compagnia di una mucca e di un vitello.
Partendo dal disegno, i ricercatori hanno cercato tracce della misteriosa giraffa all'interno dei manoscritti e della corrispondenza di Paolo Savi, all'epoca direttore del Museo di Storia Naturale, datati tra il 1823 e il 1871. Hanno così scoperto che la giraffa è esistita davvero, che apparteneva al Granduca Leopoldo II e che era arrivata a Livorno da Alessandria d'Egitto nel 1847. Non si sa bene come, poi, giunse fino a Pisa, dove fu affidata in custodia proprio a Savi, che la fece collocare all'interno dell'orto botanico: «È un maschio, adesso vispo e allegro, talchè sembra sanissimo, ha in sua compagnia una Vacca con vitello», scriveva Savi in una lettera.
Di questa giraffa non si sapeva nulla fino a oggi e non erano mai state trovate tracce della sua esistenza né nei racconti dei visitatori né in altri scritti dell'epoca. Sempre dalla lettera di Savi si è scoperto che il mammifero, un paio di anni più tardi, fu trasferito a San Rossore, dove il Granduca gli fece costruire una stalla appositamente per lei, che su indicazione dello stesso Savi fu esposta a sud per ridurre i disagi del freddo invernale.
Alcuni anni dopo, però, la giraffa si ammalò di un'infiammazione alla bocca e morì nel 1853. Saputo del decesso, il Granduca volle inviare la pelle e lo scheletro al Museo di Storia Naturale di Firenze, mentre i visceri furono invece donati al Museo di Storia Naturale dell'Università di Pisa. Il dissertore del museo, Cesare Studiati, realizzò un resoconto molto dettagliato dell'anatomia degli organi interni della giraffa e il suo cuore, ancora oggi, è esposto in mostra nelle sale Museo di Storia Naturale.
La morte della giraffa segnò, inoltre, la fine di una serie di piccole esposizioni zoologiche allestite per un breve periodo proprio all'interno dell'orto botanico. In precedenza erano state esposte anche tre antilopi, appartenute sempre al Granduca, la cui presenza nel 1828 era però stata molto ben documentata ancora da Paolo Savi. Data la natura temporanea di queste mostre, si hanno pochissime informazioni sulla storia e la vita di questi animali, che si sarebbero potute perdere molto facilmente.
Il mistero della giraffa di Pisa è stato però finalmente risolto e adesso sappiamo che, verso la metà del 1800 e proprio a due passi dalla torre, viveva anche l'animale più alto del Pianeta. Chissà se dall'alto dei suoi quasi sei metri d'altezza si sarà mai soffermata a guardare la torre pendente.