La sindrome competitiva di relazione, un tempo definita sociopatia, ha come elemento caratterizzante la disfunzione dell’organizzazione del gruppo sociale. Non è una patologia che interessa soltanto il cane, ma riguarda tutto l’intero gruppo famiglia, in cui l’elemento che predomina è la competizione tra i vari individui, sia che si tratti di competizione cane-cane, che uomo-cane. È una relazione in cui l’emozione più intensa, più frequentemente sperimentata è la rabbia.
Non di rado, i pet mate definiscono i loro cani come aggressivi, sia verso gli animali che verso gli umani, senza indagare il perché di quel comportamento. L’aggressività, infatti, non rappresenta una diagnosi, e per affrontare un problema di aggressività canina è necessario averne una.
L'aggressività può avere cause comportamentali (collegate a bisogni insoddisfatti, in particolare nell’ infanzia, paura, scarsa socializzazione, iperattività-ipersensibilità) così come cause correlate a malattie organiche (neoplasie, disturbi neurologici, dolore, alterazioni metaboliche, cause genetiche, ecc.). Pertanto, la caratterizzazione della causa sottostante è necessaria per impostare una terapia adeguata.
Cos’è la sindrome competitiva di relazione?
Nella sindrome competitiva di relazione possono essere evidenziati due diversi quadri clinici che corrispondono agli stadi della patologia:
- Stadio 1 o stadio reattivo: caratterizzato dalla presenza della sequenza completa delle diverse tipologie di comportamento di aggressione, come nel caso del cane che ringhia o pizzica, fa i bisogni all’interno dell’abitazione, abbaia o compie distruzioni.
- Stadio 2 o di iperaggressività secondaria: caratterizzato dalla destrutturazione della sequenza delle diverse tipologie di comportamento di aggressione, come ad esempio assenza di fase di appagamento e di minaccia, nel caso in cui il cane non ringhia più, ma morde direttamente e non si ferma dopo il morso.
Questa suddivisione corrisponde ad un continuum evolutivo, ossia si parte da uno stadio per arrivare all’altro, di maggiore gravità.
Quali sono i sintomi principali?
La sindrome competitiva di relazione è caratterizzata dalla presenza di uno o più sintomi legati all’alterazione di molteplici schemi comportamentali. Per giungere alla diagnosi di tale sindrome, il cane deve mostrare almeno due tra i seguenti sintomi:
- Triade dell’aggressività (comportamento di aggressione competitiva + da irritazione + territoriale).
- Aumento della velocità di assunzione del cibo alla presenza di un altro individuo (sia esso l'altro cane della famiglia oppure uno dei familiari umani).
- Minzioni sociali.
- Pseudogravidanza nelle femmine, con aggressione materna in prossimità dell’oggetto “adottato”.
Solitamente la sintomatologia compare nella pubertà, quando l’intero vissuto emotivo del cane è in piena tempesta e le fragilità si evidenziano con maggiore reattività, soprattutto quando non c’è un buon sistema famiglia che indirizza verso i comportamenti più funzionali, che sostiene e invita alla collaborazione.
Quali sono le radici di questa patologia?
Alla base dell’origine della patologia possono concorrere fattori genetici (profilo caratteriale e motivazioni di razza) ed elementi legati allo sviluppo comportamentale, alle esperienze.
Per esempio, sottrarre dalla bocca di un cucciolo un oggetto può alimentare la motivazione possessiva e quella competitiva dell’animale. Per cui le esperienze vissute dall’animale favoriranno la nascita di rappresentazioni basate su motivazioni competitive, possessive e difensive: “ Se gli umani si avvicinano a me mentre ho qualcosa in bocca è per sottrarmelo, mi toccherà difenderlo!”. Tutto ciò allontana il cane dall’idea che l’umano è collaborativo, che è un membro di cui potersi fidare, con cui fare alleanza e cooperare. Un membro da ascoltare, poiché leader autorevole e saggio.
Ma anche un attaccamento non di successo predispone alla competizione nella relazione: l’insicurezza/timidezza che deriva da un legame di attaccamento insicuro può ostacolare la nascita di una relazione serena. Ad esempio, un’educazione basata sulla vessazione, sull’inibizione e sulla coercizione porterà l’animale a rispondere in modo speculare, poiché ha percepito che in quella famiglia, in quell’ambiente le cose funzionano così.
È di fondamentale importanza essere consapevoli che la sindrome competitiva (sia intraspecifica che interspecifica) è una patologia molto complessa: pertanto, l'intervento terapeutico deve essere preso in esame dal medico veterinario esperto in comportamento, che coopererà con l'istruttore cinofilo riabilitatore, per migliorare le condizioni di salute e benessere dei soggetti coinvolti, cercando di creare un clima di maggiore collaborazione e condivisione. Per il bene di tutti. Umani compresi.