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20 Settembre 2023
12:19

La sesta estinzione di massa è più grave del previsto

Le estinzioni di massa sono fenomeni periodici e naturali, ma quella che stiamo vivendo attualmente è estremamente pericolosa. Un nuovo studio ha evidenziato che dal 1500 d.c in poi a causa delle attività umane sono scomparsi ben 73 generi, numeri che esprimono a pieno la gravità della situazione.

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Tilacino o tigre della Tasmania

Nel corso della storia della vita sulla Terra si sono verificate almeno cinque "estinzioni di massa". Questi eventi, accaduti in periodi geologicamente brevi, hanno portato a un drastico cambiamento nell'ecosistema terrestre, con la scomparsa di un gran numero di specie viventi tutte insieme. Normalmente, tali fenomeni sono considerati parte naturale del ciclo evolutivo del Pianeta.

Tuttavia, l'attuale sesta estinzione di massa è un caso eccezionale, in quanto è innescata da una singola specie: l'Homo sapiens. Uno studio condotto da un team di scienziati ha dimostrato che, a partire dal 1500 d.C., l'umanità ha causato l'estinzione di almeno 73 generi diversi di organismi viventi, fenomeno che prende il nome di "mutilazione dell'albero della vita". I risultati dello studio sono stati pubblicati su Proceedings of the National Academy of Sciences.

Si tratta di una situazione tremendamente tragica se si pensa che i generi perduti solamente negli ultimi cinque secoli avrebbero impiegato circa 18.000 anni per estinguersi in assenza dell’uomo,, come per esempio la tigre della Tasmania o la colomba migratrice (Ectopistes migratorius). Come se non bastasse, si prevede che gli attuali tassi di estinzione probabilmente accelereranno ulteriormente nei prossimi decenni. Ma facciamo un passo indietro per comprendere meglio le cause che hanno generato la sesta estinzione di massa.

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Colomba migratrice, ultima specie vivente del genere Ectopistes estinta all’inizio del 900. Foto da Wikimedia Commons

È una triste costante che, quando si discute delle problematiche ambientali che affliggono il nostro Pianeta, l'essere umano emerga frequentemente come uno dei principali responsabili. Nel corso dell'ultimo secolo, le attività umane sono diventate così intense e la popolazione umana è cresciuta a un ritmo così rapido che ciò ha portato a un'impressionante trasformazione dell'ambiente. La maggior parte degli ecosistemi naturali è stata notevolmente alterata o, in alcuni casi, completamente distrutta.

Tutto questo ha inevitabilmente portato a una diminuzione delle diverse specie animali e vegetali. È inoltre importante sottolineare che, se tutti i generi attualmente a rischio dovessero scomparire entro il 2100, i tassi di estinzione sarebbero in media ben 354 volte superiori a quelli naturali. In altre parole, i generi che stiamo perdendo in soli tre secoli avrebbero richiesto da 106.000 a 153.000 anni per scomparire in assenza dell'influenza umana.

La gravità della situazione ha spinto un gruppo di ricercatori a dedicarsi con determinazione per identificare con la massima precisione quali estinzioni sono state causate direttamente dalle attività umane, esaminando attentamente 5.400 generi di vertebrati terrestri, comprendenti un totale di 34.600 specie diverse. Questa indagine ha rivelato che a partire dal 1500 d.C., ben 73 generi di organismi sono scomparsi a causa della nostra specie. In particolare, tra le diverse categorie di vertebrati, gli uccelli sono stati gli animali più colpiti, con la perdita di 44 generi, seguiti in ordine da mammiferi, anfibi e rettili.

Gli studiosi sono perciò estremamente preoccupati per le condizioni in cui si trova la biodiversità globale oggi. E per spiegare l'importanza di preservare la diversità delle specie, utilizzano una metafora: immaginiamo un albero della vita, dove ogni "ramoscello" rappresenta una specie vivente. Se una sola specie si estingue, le specie vicine possono evolversi in tempi relativamente brevi riempiendo il vuoto creato, mantenendo così la diversità stabile.

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Rinoceronte di Sumatra, ultimo rappresentante vivente del genere Dicerorhinus e tra le specie a maggior rischio estinzione al mondo. Foto a Wikimedia Commons

Tuttavia, quando interi "rami" (ovvero generi che raggruppano più specie) si estinguono, lasciano un vuoto enorme nell'albero della vita, una perdita di biodiversità che può richiedere invece decine di milioni di anni per essere ripristinato attraverso il processo evolutivo di speciazione, la comparsa di nuove specie. Il problema è che però non disponiamo di tutto questo tempo. Senza azioni immediate, i danni causati alla biodiversità saranno irreparabili, e ci avvicineremo inesorabilmente al collasso del Pianeta.

Per evitare ulteriori estinzioni e le crisi sociali che ne conseguirebbero, i ricercatori chiedono quindi un'immediata azione politica, economica e sociale senza precedenti. Inoltre, è essenziale aumentare la consapevolezza pubblica sulla crisi della biodiversità, considerando anche quanto strettamente sia collegata alla più nota crisi climatica. La morale di questa storia è chiara: dobbiamo agire ora. Non possiamo aspettare o ignorare i segnali di pericolo che la natura ci sta inviando. Il tempo è limitato, ma con azioni immediate e collettive possiamo ancora invertire questa tendenza e proteggere la ricchezza della vita sulla Terra.

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Alessia Mircoli
Dottoressa Magistrale in Biodiversità e Gestione degli Ecosistemi
Sono laureata in Biodiversità e Gestione degli Ecosistemi e la divulgazione scientifica è la mia passione. Durante il mio percorso ho scoperto il mondo del giornalismo scientifico e ho capito che è la mia strada. Sono estremamente affascinata dalla natura e da tutto ciò che ne fa parte, credo nell’importanza di diffondere un’informazione corretta sugli animali e l’ambiente.
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