Con un comunicato pubblicato sul proprio sito la Federazione italiana della caccia ha risposto alla nota inviata dall'ISPRA alle Regioni italiane, che chiedeva forti limitazioni all'attività venatoria. A causa delle straordinarie condizioni climatiche e della drammatica crisi legata agli incendi che hanno colpito diverse zone d'Italia questa estate, l'Istituto Superiore per la Protezione e la Ricerca Ambientale ritiene che le popolazioni animali selvatiche siano già state sottoposte a pressioni eccessive e, in via del tutto precauzionale, ha proposto una serie di importanti misure cautelative. Il forte freno temporaneo alla caccia avanzato dall'istituto non è però stato apprezzato da Federcaccia, che attraverso il suo Ufficio Studi e Ricerche Faunistiche e Agro-Ambientali ha tentato goffamente di evidenziarne le criticità.
Pur ammettendo lo stato di emergenza in cui versano gli ecosistemi e la fauna a causa della siccità e degli incendi, in buona parte del comunicato Federcaccia tenta di spostare l'attenzione sulle principali crisi globali che stanno sconvolgendo gli ecosistemi e la biodiversità. La crisi climatica generata dai gas serra è senza alcun dubbio una delle più importanti sfide che l'umanità deve necessariamente affrontare e sta contribuendo in maniera evidente ad aggravare le emergenze ambientali che hanno colpito il nostro paese e non solo. Non è però chiaro in che modo l'attività venatoria possa svolgere un ruolo nel mitigarne le cause e rispondere a una nota specifica sulla caccia sostenendo che esistono problematiche ben più gravi e complesse sembra essere più un tentativo maldestro di rimescolare le carte e distogliere l'attenzione.
In un passaggio abbastanza eloquente poi, la caccia sembra essere addirittura proposta come un'alternativa più sostenibile alla produzione mondiale di carne da allevamento, una delle principali fonti di gas serra: «la caccia svolge un ruolo assolutamente positivo in quanto consente di attingere in modo sostenibile al servizio ecosistemico della produzione naturale delle carni di selvaggina, contribuendo a ridurre in modo significativo il ricorso alle carni di animali allevati». Pensare di poter rispondere alla gigantesca domanda di carne sfruttando la sola selvaggina è tutto tranne che sostenibile e non sarà di certo la caccia a ridurre le emissioni di gas serra.
Il comunicato prosegue poi criticando l'ISPRA sulla mancanza di dati e studi più approfonditi, cosa ammessa anche dallo stesso istituto, Federcaccia dimentica però che proprio perché si tratta di una condizione di emergenza ancora in corso di valutazione, il principio di precauzione risulta essere una delle strategie di gestione dell'incertezza e dei rischi più raccomandabile, considerando anche l'imminente avvio della stagione venatoria.
Secondo Federcaccia, inoltre, la responsabilità di eventuali interventi limitativi dovrebbe essere lasciata totalmente alle Regioni, tra i cui poteri è già prevista la possibilità di contenere la caccia a causa di condizioni avverse. Ma è proprio compito dell'ISPRA valutare, monitorare e suggerire proposte e interventi di natura ambientale alle amministrazioni e alle Regioni, che hanno tra l'altro più volte mostrato da che parte tendono a schierarsi, come dimostrano le continue battaglie coi Tribunali Amministrativi Regionali.
Il commento di risposta alla nota dell'ISPRA da parte della Federazione italiana della caccia sembra palesemente essere l'ennesimo tentativo di difesa apriori delle doppiette. Nel testo non emergono in alcun modo significative e oggettive motivazioni a sostegno dell'attività venatoria, continuamente proposta come pratica etica, sostenibile e benefica nei confronti della fauna degli ecosistemi, ma la cui utilità in termini conservazionistici e di interesse pubblico è ancora tutta da dimostrare. In un contesto emergenziale tanto grave e riconosciuto da tutte le parti, la tutela dell'ambiente e la salvaguardia della fauna dovrebbero essere i punti fissi da cui partire nell'interesse di tutti.
Quand'anche le limitazioni proposte da ISPRA venissero attuate e non dovessero sortire effetti positivi sulle popolazioni faunistiche risulterebbero tutt'al più neutre, di certo non negative. Considerando però l'eccezionalità dell'emergenza ci sembra certamente molto più sensato provare a contenere in via cautelativa (e temporaneamente) le pressioni antropiche sulla fauna, piuttosto che continuare a difendere l'interesse di pochi cacciatori.