Nel 2017 Francesco Gabbani vince il Festival di Sanremo con la canzone "Occidentali's Karma" accompagnata da una coreografia molto particolare. Il cantante e il ballerino che lo accompagna infatti si esibiscono sul palco con un costume da gorilla, rendendo così chiaro il riferimento al ritornello della canzone che dice: "La scimmia nuda balla". Ma qual è il vero significato del testo e cosa c'entrano le scimmie?
Occidentali's Karma, il significato
La canzone, come dice lo stesso Gabbani, è una sorta di denuncia al mondo occidentale sempre più rivolto verso il consumismo, la velocità di produzione e le apparenze. Da qui deriva il bisogno per molte persone di evadere e trovare rifugio in alcune pratiche, religioni o filosofie tipiche della cultura orientale che conferiscano loro un po' di pace e serenità. Spesso però chi si cimenta in queste attività non riesce a comprenderle davvero appieno e le esegue in maniera incosciente, svuotandole così, inconsapevolmente, del loro vero significato. Queste tradizioni orientali catapultate nella cultura occidentale, possono avere infatti, se non comprese del tutto, un effetto controproducente: invece di portare serenità nella vita delle persone rischiano di diventare solo una moda e trasformarsi così in un'ennesima apparenza. Ecco il video:
La canzone infatti inizia con "Essere o dover essere, il dubbio amletico, contemporaneo come l'uomo del neolitico". La famosa frase di Shakespeare viene qui modificata e resa più "contemporanea": il grande quesito che ci si pone oggi non riguarda più la retorica filosofica sulla vita o la morte, ma sul vivere come si vuole o come gli altri vogliono che noi siamo. L'uomo attuale è sì, contemporaneo, ma sembra, o almeno è solo un'ipotesi plausibile con il testo di Gabbani, essere anche preistorico in quanto ha subìto un'"involuzione" culturale perché non sa più quanto c'è ancora di vero e autentico in lui, e quanto invece sia in realtà solo frutto di un'omologazione. E' nel ritornello però che il concetto più importante della canzone emerge: "L’evoluzione inciampa, la scimmia nuda balla".
"L’evoluzione inciampa, la scimmia nuda balla"
Probabilmente Gabbani vede l'uomo moderno come un piccolo "intoppo" evoluzionistico, dove ciò che doveva essere progresso ci ha fatto invece inciampare e fare un passo indietro rendendoci corpi asettici riuniti in una umanità virtuale in cui l'intelligenza non è poi così importante dato che attraverso il web tutti possiamo fingere di sapere tutto. Siamo quindi delle scimmie nude che ballano ripetendo all'infinito questo stesso mantra. Il ritornello si riferisce, forse volutamente, al libro del 1967 La scimmia nuda. Studio zoologico sull'animale uomo di Desmond Morris, zoologo inglese interessato soprattutto all'evoluzione umana. Morris definisce l'uomo "scimmia nuda" perché è l'unico, tra tutti i primati, a essere privo di pelo, ipotizzando che probabilmente questa nudità ha avuto un ruolo nell'aumentare il piacere tattile durante il comportamento sessuale. Ma perché non bisogna considerare un'involuzione rapportare la nostra specie ad una scimmia?
L'uomo, scimmia tra tante scimmie
Parlare dell'uomo come animale è ancora spesso considerato un tabù e provoca le reazioni più strane: dallo sconvolgimento emotivo al totale rifiuto espresso senza indugio da un "no, io non assomiglio a quelle cose lì". Quando lo si afferma infatti, ci si sente un po' come Galileo quando tentò di spiegare alla Chiesa che non era la Terra il centro dell'universo come si era sempre pensato, ma il sole, e noi non eravamo altro che un piccolo puntino: un pianeta tra tanti.
Lo stesso discorso vale per l'uomo: per quanto possa sembrare sconvolgente anch'egli è un animale ed è senza dubbio dotato di caratteristiche molto speciali, come un grande cervello e una corteccia prefrontale ben sviluppata, che gli permette di fare astrazioni e pensare, ad esempio, ad un uomo con la testa di un leone o a realtà fittizie come il concetto di Stato.
Ma non bisogna dimenticare che anche altri animali hanno evoluto caratteristiche che noi non abbiamo: la più banale è che gli uccelli sanno volare, capacità che la nostra specie prova ad imitare ma che non possiede per natura. Lo sbaglio che infatti maggiormente si compie quando si pensa all'evoluzione è quello di immaginarla come una linea retta dove al vertice si trova, maestosa e fiera, la nostra specie. In realtà questa concezione è ormai superata, ed è più corretto pensare all'evoluzione come un albero, i cui rami rappresentano le infinite forme viventi.
Non esistono quindi specie più evolute o meno evolute rispetto ad altre, e quindi migliori o peggiori, ma al contrario vi sono evoluzioni diverse e parallele che hanno preso strade differenti e che continuano tutt'oggi. In altre parole, ogni specie ha semplicemente sviluppato le caratteristiche più adatte per sopravvivere nell'ambiente in cui è "nata".
L'uomo è senza se e senza ma una scimmia e questo deve esserci di conforto: la nostra specie è infatti parte integrante della natura e non qualcosa di estraneo a questa. Noi infatti condividiamo circa il 98% dei geni con scimpanzé e bonobo, i nostri parenti più prossimi, e assomigliamo a loro molto più di quel che pensiamo. Definirci scimmie non è quindi un'offesa né un'involuzione, ma la semplice verità che porta con sé un retaggio evoluzionistico di cui dobbiamo essere orgogliosi perché ci rende i primati che siamo oggi.