Nel corso degli ultimi 35 anni, le biotecnologie e l'ingegneria genetica hanno fatto dei grandi passi da gigante. Tra i più grandi risultati che gli scienziati sono riusciti ad ottenere c'è stata la prima estrazione del DNA antico di un Mammut, che oltre a sollevare diverse questioni etiche ha permesso la nascita di una nuova disciplina: la paleogenetica. Essa ha lo scopo di conoscere meglio le creature estinte dal punto di vista genetico, in modo tale da apprendere quali erano le loro caratteristiche biologiche significative.
Tra le specie di cui si prospetta la "risurrezione" nei prossimi anni – oltre al mammut – possiamo menzionare il tilacino, il rinoceronte lanoso, il piccione migratore americano e altri animali che si sono estinti solo di recente.
Sequenziando il codice genetico di molte specie estinte, tuttavia, alcuni ingegneri e genetisti privati hanno cominciato a pensare di sfruttare le informazioni contenute nei loro database genetici per tentare di dare "nuova vita" a quelle specie estinte di cui esistono ancora dei "parenti" in vita che possano fare da incubatori e di cui vi è sufficiente DNA.
Le ragioni che spingono gli scienziati a compiere questa missione di recupero sono molteplici. In primo luogo, molte aziende sono interessate a farsi pubblicità, divenendo le prime a reintrodurre in natura una specie estinta da millenni. Successivamente, lo stesso processo di ricerca collegato alla "rinascita" dei mammut o dei Dodo otterrebbe ingenti quantità di finanziamenti e permetterebbe di migliorare ulteriormente le tecniche d'inseminazione, in modo tale da farle divenire più precise e fini.
Infine, i genetisti coinvolti in questi progetti sono anche desiderosi di contribuire alla conservazione delle specie attualmente minacciate. Riportare in vita una specie estinta, anche da pochi decenni, potrebbe infatti fornire una nuova strada di conservazione per i vari progetti che cercano di tutelare gli animali moderni a rischio d'estinzione.
Questo campo di studi si è interessato anche a conoscere alcuni antenati dell'uomo, studiando il DNA antico di quelle specie (Denisoviani, Neanderthal) che si sono incrociate con i Sapiens.
Mammut
Riportare in vita il mammut negli ultimi anni sembra essere divenuto un mantra per moltissime aziende che lavorano nel settore delle biotech. Per esempio, nell'ultimo anno sono state due le aziende che hanno comunicato di star lavorando per raggiungere questo obiettivo nel breve tempo, con la compagnia Colossal Biosciences che ha anche comunicato di voler reintrodurre in natura un ibrido mammut-elefante indiano entro il 2028 e di far nascere i primi esemplari entro la fine del 2026.
Attualmente, i paleontologi hanno dissotterrato i resti di circa 11 specie di mammut, molti dei quali si sono conservati all'interno delle paludi americane ed europee o nel permafrost siberiano. La specie più famosa è sicuramente Mammuthus primigenius, protagonista di diversi cartoni animati e documentari.
Affinché questa e le altre specie possano calcare nuovamente il suolo terrestre, i genetisti pensano di introdurre il codice genetico ricostruito dei mammut in un ovulo di un elefante indiano, geneticamente più simile a questi animali rispetto all'elefante africano. Gli scienziati tuttavia non sono ancora sicuri che l'inseminazione artificiale si concludi positivamente, per quanto le probabilità oggi sono mediamente più alte rispetto a quanto si pensava negli anni Novanta, visto che siamo riusciti ad ottenere quasi l'intero corredo genetico dei mammut.
Dodo
Un'altra specie che spesso viene presa come punto di riferimento per i progetti di questo tipo è il Dodo (Raphus cucullatus), l'uccello estinto dell'isole Mauritius. Nel 2022, infatti, un gruppo di ricercatori internazionali riuscirono a ottenere il DNA antico dei Dodo, sequenziando il corredo genetico di alcuni tessuti perfettamente conservati, appartenuti a questa specie. Tali tessuti erano stati prelevati da alcuni esemplari museali e una volta diffusa questa notizia cominciò a circolare in Rete e nelle aule accademiche l'idea di riportare in vita Dodo.
Far rinascere questa specie tuttavia è leggermente più complicato rispetto agli altri progetti di recupero e le ragioni sono legate al fatto che non disponiamo di un parente prossimo del Dodo che possa fare da incubatore, come succede per il Mammut. Al momento, quindi, gli scienziati sono impegnati a trovare una specie affine che possa fornire un ovulo e subire l'inseminazione artificiale, in modo tale da produrre l'uovo.
Tilacino
Per quanto riguarda invece il tilacino – anche noto come Tigre della Tasmania – si è a buon punto. Essendosi estinto solo di recente, nel 1936, si dispone di diversi corredi genetici appartenuti a questa specie. Inoltre, l'anno scorso un gruppo di ricercatori è riuscito anche a recuperare il suo RNA, in modo tale da semplificare ulteriormente il processo d'ingegnerizzazione della sequenza ("editing genetico") che dovrebbe essere utilizzata per far nascere un nuovo esemplare. Gli scienziati infine già dispongono di diverse specie marsupiali che potrebbero "ospitare" all'interno dei loro uteri i primi esemplari di tilacino ed è per questa ragione che prospettano il ritorno entro la prima metà del prossimo decennio.
Recentemente alcuni paleontologi hanno anche scoperto tre specie preistoriche di tilacino che consentiranno ai biologi di capire quali sono stati i passaggi evolutivi principali di questo gruppo.
Piccione migratore
Il piccione migratore (Ectopistes migratorius) è una delle vittime più famose dell'espansionismo americano nel Far West. La sua popolazione era infatti una delle più numerose presenti sulla Terra, tanto da riuscire a coprire il cielo quando suoi esemplari erano in migrazione. La sua carne era però molto apprezzata dai coloni americani, tanto che si organizzavano delle battute di caccia con speciali cannoni che avevano il compito di abbattere migliaia di piccioni ad ogni singolo colpo. Basti pensare che nel Michigan, nel 1878, i cacciatori uccisero almeno un milione di piccioni, sparando centinaia di proiettili nel cielo.
Nell'arco di pochi decenni, questa specie – di cui disponiamo un gran numero di esemplari imbalsamati – cominciò a subire un forte declino, finché agli inizi del Novecento era quasi completamente estinta fuorché per alcuni piccoli gruppi che vennero prelevati e conservati negli zoo. L'ultimo esemplare rimasto – noto come Martha – morì il 1º settembre 1914, nello Zoo di Cincinnati, nell'Ohio.
Secondo i ricercatori, l'ingegneria genetica potrebbe consentire la reintroduzione dei frammenti di DNA del piccione migratore all'interno del genoma dei piccioni a coda fasciata, permettendo alla specie di tornare in vita dopo oltre 110 anni. Alcune aziende prevedono che i primi piccioni migratori dovrebbero nascere e essere rilasciati in natura entro il 2025, quindi c'è una grande attesa per l'anno prossimo.
Rinoceronte lanoso
Anche il Coelodonta antiquitatis, noto ai più come rinoceronte lanoso europeo, potrebbe rinascere presto, in seguito all'editing genetico del suo DNA antico. Per riportare in vita questa specie, i ricercatori stanno pensando di usare alcuni esemplari di rinoceronte bianco o di rinoceronte asiatico, seppur il giorno in cui sarà possibile effettuare l'inseminazione artificiale è ancora molto lontano. Secondo i genetisti, riportare in vita il rinoceronte lanoso permetterebbe tra l'altro anche di migliorare la tecnica, in modo tale da sviluppare una procedura ad hoc per le varie specie di rinoceronte a rischio d'estinzione.
Nel caso in cui infatti queste specie si possano estinguere nei prossimi anni, queste tecniche potrebbero aiutare i ricercatori a riportarli prontamente in vita. Fra queste minacciate, la specie più famosa è il rinoceronte bianco settentrionale, oggi rappresentata solo da due femmine adulte, anche se il rinoceronte di Sumatra (Dicerorhinus sumatrensis) e il rinoceronte nero (Diceros bicornis) potrebbero presto avere di bisogno di queste tecnologie.