Alcuni video che ritraggono comportamenti eccezionali in natura entrano nella storia, come la famosa scena chiamata "la battaglia del Kruger", uno degli scontri tra animali più spettacolari utilizzato persino come materiale di studio nei corsi di etologia. Recentemente, però, è stato girato un nuovo video che non sfigurerebbe per niente all'interno di un corso universitario: si chiama "Un bufalo sopravvive a 15 leoni e 3 ippopotami" e incastona in soli 2 minuti un vasto repertorio etologico di ben 3 specie diverse.
«Il bufalo fugge in acqua per cercare riparo, bisogna fare attenzione però: è un luogo comune che i felini non entrano in acqua perché la temono, infatti ad esempio le tigri l'apprezzano molto. Verosimilmente sono gli ippopotami a fungere da deterrente». Questo il commento al video fatto a Kodami da Federica Pirrone, etologa e membro del comitato scientifico del magazine.
Il video è stato girato da un operatore della riserva nazionale di Maasai Mara, in Kenya, e riprende un gruppo di 15 leoni che accerchiano un bufalo del Capo. L'animale si guarda intorno e a più riprese prova a fuggire dai felini che in diversi casi riescono persino a salirgli in groppa. Più di una volta, dopo delle brevi galoppate, l'erbivoro si volta verso gli inseguitori mostrando le possenti corna, mentre i carnivori indietreggiano guardinghi. L'inseguimento, però, viene interrotto nel momento in cui il bufalo si getta in acqua dove ci sono tre ippopotami. I leoni rimangono fuori dalla pozza, mentre gli erbivori alternano piccole scaramucce fra morsi e incornate. Il sole cala, il ché indica che diverse ore sono passate, e alla fine è possibile notare il risultato dello scontro: la pazienza del bufalo lo ha premiato e negli ultimi secondi del video è possibile vederlo uscire dall'acqua e dirigersi lontano.
Ci sono molte cose che stupiscono nel video. Innanzitutto vi è la sorprendente quantità di leoni che cercano in ogni momento di attaccare il bufalo. Possibile che servano 15 leoni per abbattere questo erbivoro? A questa domanda l'etologa risponde: «Certamente, quelle che vediamo nel video sono leonesse e queste solitamente cacciano in branco, soprattutto se puntano a prede grosse come, appunto, i bufali. Fanno un vero e proprio gioco di squadra. In effetti il bufalo è una preda impegnativa per loro, quindi serve il contributo di tutte».
I bufali del Capo, infatti, sono una grande specie di bovino dell'Africa subsahariana e la loro altezza al garrese può variare da 1 a 1,7 metri. Possono arrivare a pesare anche 1000 chilogrammi, mentre una leonessa in genere ne pesa in media 150. Vivono solitamente in grossi gruppi composti da diversi sottogruppi più piccoli e se un esemplare finisce nelle grinfie di un predatore non esitano a riunirsi collaborano per difendere la mandria a qualunque costo.
In questo caso un esemplare deve essersi allontanato dal suo gruppo, forse spinto via proprio dal branco di leonesse in modo tale da avere più chance di vittoria. Il bufalo più volte tenta di resistere ai felini, ma la strategia di gruppo mette alle strette il grande erbivoro. Le leonesse, infatti, sono felini più spiccatamente sociali rispetto agli altri e il motivo è fonte di dibattito. Ad oggi la ragione più accreditata dagli etologi è che potrebbe essere proprio per avere più possibilità di successo nella caccia, ma non solo.
Un'analisi più attenta mostra non solo come la caccia cooperativa assicura una predazione più efficace, ma riduce il consumo calorico da parte degli animali che pur non partecipandovi, sono ammessi al pasto. Alcune leonesse infatti si occupano dei cuccioli, che altrimenti sarebbero lasciati soli per lunghi periodi di tempo. La salute delle cacciatrici, che è fondamentale per la sopravvivenza del branco, è privilegiata, ed esse hanno comunque diritto a nutrirsi per prime della preda.
Quello che assistiamo nel video, però, va ben oltre le previsioni delle leonesse che vedono il bufalo precipitarsi in acqua per cercare riparo. «Il leone è il "re della foresta", ma l'acqua è il regno degli ippopotami che mal tollerano questi felini perché sono loro possibili predatori – continua Federica Pirrone – In acqua ce ne sono tre, un numero piuttosto elevato in così poco spazio, e può essere che le leonesse non siano così disperate e affamate da decidere di impegnarsi in quella che ha probabilità altissime di rilevarsi una guerra persa o comunque non priva di perdite rilevanti per loro. Un ippopotamo pesa anche 10 volte di più rispetto a una leonessa, ha pelle durissima, fauci enormi e in acqua si muove velocissimo».
Dunque, le leonesse preferiscono non rischiare e attendono pazientemente ai bordi dello specchio d'acqua che il bufalo esca fuori. Il problema, però, è che l'animale si è ritagliato uno spazio fisso nella pozza e sembra non avere alcuna intenzione di andarsene. Si scontra alcune volte con gli ippopotami che però cercano a più riprese di scacciarlo senza successo, proprio come afferma l'etologa: «Il bufalo in acqua mostra chiaramente di non gradire troppo l'eccessiva prossimità degli ippopotami, ma preferisce comunque la loro presenza a quella dei leoni».
Gli ippopotami, infatti, costituiscono una vera e propria ancora di salvezza per il bufalo poiché possono arrivare a pesare fino a 2 tonnellate e sono tra gli animali africani più aggressivi e pericolosi. Sono per dimensioni il terzo mammifero terrestre più grosso del mondo dopo elefanti e rinoceronti e per via della loro struttura sociale composta da gruppi di 10 o 20 individui con un maschio dominante, sono incredibilmente territoriali e aggressivi con chiunque si avvicini troppo. Non è strano, dunque, pensare che le leonesse non vogliano avvicinarsi ad animali del genere.
Il video termina con la vittoria del bufalo, ma definire l'evento come una vera e propria strategia potrebbe sembrare eccessivo. Sicuramente il bufalo ha optato per la condizione migliore fra le due, ma trovare gli ippopotami durante la sua fuga è stato sicuramente solo un caso.
Comportamenti e interazioni simili è possibile vederli solo in condizioni naturali in cui l'influenza dell'uomo è estremamente limitata, motivo per cui è essenziale che durante le ricerche scientifiche gli studiosi non si avvicinino troppo per non alterare il comportamento degli animali. In ogni caso il video rimane spettacolare e forse anche lui potrà essere inserito nel programma di un corso universitario un giorno, magari proprio ricordandolo con il nome "la battaglia di Maasai Mara".