Il prossimo fine settimana il popolo brasiliano tornerà alle urne per quella che potrebbe essere una delle più importanti elezioni per il futuro del Paese e dell'intero pianeta. Gli occhi del mondo sono tutti puntati sul ballottaggio che si terrà il 30 ottobre, dove sono in lizza l'ex presidente Luiz Inácio Lula da Silva, leader del Partito dei Lavoratori, e l'attuale presidente populista ed ex capitano dell'esercito Jair Bolsonaro. Una sua riconferma rappresenterebbe infatti una grave minaccia per la scienza, la democrazia e l'ambiente, come ha sottolineato in duro editoriale anche la prestigiosa rivista Nature, che si è schierata apertamente a favore di Lula.
Quando il Brasile ha eletto Jair Bolsonaro quattro anni fa, infatti, molti osservatori e analisti temevano il peggio, a causa delle sue politiche dichiaratamente antiscientifiche e antiambientaliste e le premesse sono state purtroppo tutte confermate. Sotto la sua guida, ambiente e biodiversità sono state devastate dall'abolizione di numerose leggi, che hanno calpestato i diritti dei popoli indigeni e messo rischio la straordinaria varietà di piante e animali che il paese custodisce.
Dopo appena quattro anni, nella sola Amazzonia la deforestazione è quasi raddoppiata, avvicinandosi pericolosamente a un punto di non ritorno che potrebbe portare all'estinzione decine di migliaia di specie di piante e animali. Il Brasile è infatti il paese più "megadiverso" al mondo, cioè quello che ospita il maggior numero di specie di piante e animali. Custodisce infatti ben il 60% dell'intera foresta amazzonica, al cui interno vive oltre un decimo di tutte le specie viventi del pianeta.
Grazie alla sua estensione e agli ecosistemi unici che ospita, il Brasile detiene un gran numero di primati mondiali in quanto a biodiversità, sia di specie animali e vegetali. All'interno dei suoi confini, vivono quasi 700 specie di mammiferi, tra cui oltre 70 primati, che insieme al numero di specie vegetali (circa 55.000) e di pesci d'acqua dolce (circa 3.000), rappresentano dei primati assoluti. Ci sono poi quasi 2.000 specie di uccelli, più di 700 rettili e oltre 500 anfibi, per non parlare del numero incalcolabile di invertebrati.
Nel 2018 (prima del governo Bolsonaro), circa il 17% della intera foresta amazzonica era già andato distrutto. Secondo diversi ricercatori, se questa percentuale dovesse raggiungere il 20-25%, arriveremo a un punto critico di non ritorno che farebbe collassare l'intero ecosistema, che passerebbe da foresta pluviale a savana arida. Siamo perciò già pericolosamente vicini a questa limite e una vittoria di Bolsonaro potrebbe quindi segnare la fine dell'Amazzonia per come la conosciamo oggi.
L'ex capitano dell'esercito, è anche lo stesso che ha ignorato tutti gli avvertimenti degli scienziati sul pandemia da COVID-19. Sotto la sua guida, sono morte oltre 685.000 persone in Brasile a causa del coronavirus e la crisi economica che ne è scaturita in seguito ha ulteriormente peggiorato la già precaria situazione economica del Paese. Bolsonaro ha anche tagliato la maggior parte dei fondi destinati alla ricerca e alle università, promuovendo politiche sfacciatamente antiscientifiche e calpestato i diritti delle popolazioni indigene.
Il suo governo ha completamente mandato in fumo circa un decennio di grandi investimenti nella scienza e nella ricerca e soprattutto nella tutela dell'ambiente e della biodiversità, che avevano portato il Brasile (guidato proprio dal Partito dei Lavoratori di Lula), a diventare uno dei paesi leader mondiali per la tutela della natura e nella lotta alla deforestazione. Politiche rispettose dei diritti dei popoli indigeni, più sostenibili e attente all'ambiente, avevano infatti portato a ridurre la deforestazione di circa l'80% tra il 2004 e il 2012, anche all'obiettivo "deforestazione zero" da sempre dichiarato dall'ex presidente Lula.
Al primo turno delle elezioni, tenutosi il 2 ottobre, Lula ha già battuto Bolsonaro, ottenendo, tuttavia, una percentuale di molto inferiore rispetto alle previsioni e che ha poi portato al ballottaggio del prossimo 30 ottobre. Gli elettori brasiliani che dovranno scegliere tra i due candidati, hanno perciò tra le mani l’opportunità di fermare questo disastro, invertire la rotta e ricostruire ciò che l'attuale presidente ha demolito in appena quattro anni di governo: e cioè scienza, diritti e ambiente.