I ricci di mare della Sardegna rischiano l’estinzione e la Regione corre ai ripari bloccandone la pesca per un triennio, grazie ad un emendamento della legge approvata che predispone una moratoria dal gennaio 2022 all’aprile 2024.
Il Consiglio regionale affronta quindi un problema che da anni affligge l’isola: la diminuzione continua ed inarrestabile della popolazione di Paracentrotus lividus, conosciuto come riccio di mare, pescato in maniera irresponsabile e minacciato dal surriscaldamento eccessivo del Mediterraneo, effetto del cambiamento climatico ormai definitivamente in atto.
La legge regionale 284/A, approvata il 26 ottobre 2021, chiama in causa anche gli operatori del settore, affidandogli attività a sostegno della protezione del riccio di mare. Un impegno sostanzioso, sostenuto economicamente anche con finanze pubbliche: 400 mila euro stanziati per il 2021 e 1.200.000 euro per ciascuno degli anni 2022 e 2023.
Quei piccoli invertebrati ricoperti di spine che amano il Mediterraneo
Protetti da un guscio duro e circondati da un migliaio di spine, i ricci di mare sono degli organismi marini invertebrati appartenenti alla classe Echinoidea proprio per la massiccia presenza di aculei. Ne esistono circa 950 tipologie in tutto il mondo: diffusissimi nel Mediterraneo, Italia e Francia soprattutto, sono presenti anche nell’Oceano Atlantico Orientale. In Nuova Zelanda, Giappone, Cile e Alaska ne mangiano in grandi quantità.
I fondali del mar Mediterraneo gli sono particolarmente congeniali e rappresentano l'habitat ideale per questi piccoli animali che testimoniano, con la loro presenza, una sostanziale pulizia delle acque in cui si trovano, perché prediligono le aree incontaminate.
Il blocco della pesca andrebbe così a proteggere le quattro aree marine sarde dove i ricci sono maggiormente diffusi: l’Asinara, Tavolara, Sinis e Capo Caccia. Tra queste l’Asinara, dove la pesca del riccio è rigorosamente vietata, presenta una situazione migliore. Nelle altre zone, invece il riccio, una volta abbondante, è ora considerato in via di rarefazione rapida.
Fondamentali per l’ecosistema marino sardo ma pescati in maniera industriale
In Sardegna, una delle zone del Mediterraneo maggiormente popolata dai ricci di mare, vietare il prelievo, la raccolta, il trasporto, lo sbarco e la commercializzazione fino al 30 aprile 2024 è un enorme passo avanti per la loro salvaguardia e per il mantenimento dell’equilibro dell’ecosistema marino.
Il rapporto dell’Agenzia AGRIS del 14 ottobre 2019, predisposto nell’ambito della campagna di monitoraggio dei Ricci nei mari sardi, era stato infatti molto chiaro, sottolineando come «la pesca dei ricci da un livello “stagionale” e marginale degli anni 80 del secolo scorso (Alghero, Cagliari), ha assunto sempre più caratteristiche “industriali». Il rapporto, in particolare, evidenziava come «nella tradizione del consumo dei ricci non esisteva l’uso delle gonadi di riccio (cioè le uova, ndr) conservate per la preparazione di pietanze che invece attualmente rappresentano la principale forma di vendita ed inoltre la stagione di raccolta e relativo consumo fresco avveniva esclusivamente nella stagione invernale». E lanciava un monito inequivocabile: «il depauperamento eccessivo porterebbe sicuramente all’impossibilità per i popolamenti di resistere all’impatto umano e dunque precluderebbe la loro resilienza con conseguenze sia per gli ecosistemi litorali sia per i pescatori di ricci che vedrebbero venir meno la loro fonte di reddito».
Necessari fino a 1200 ricci per ricavare un chilo di polpa da vendere
Ma il dato davvero impressionante, come spiega Stefano Deliperi del GRIG, Gruppo d’Intervento Giuridico che riunisce una serie di esperti e attivisti per la difesa della Sardegna, è che «sono necessari dai 295 ai 1.212 ricci, in base alle dimensioni, per ricavare 1 kg di polpa di riccio». Un dato che fa toccare con mano il reale pericolo di annientamento di questi piccoli animali erbivori (si nutrono infatti di alghe) soprattutto considerando che «da un’indagine svolta dall’Università degli Studi di Cagliari relativa al monitoraggio della pesca professionale a partire dal 2002 fino al 2019 in diversi punti di vendita del cagliaritano, è risultato come negli anni la percentuale dei ricci sotto taglia (cioè con diametro della teca inferiore ai 50 mm) sia costantemente del 50% dello sbarcato».
Una petizione del 2019 chiedeva di limitare la pesca di ricci
Già alla fine del 2019 il Grig aveva lanciato una petizione per chiedere ai tre ministri all’Agricoltura, alla Transizione ecologica e all’Ambiente oltre che all’assessore alle politiche agricole della Sardegna, di intervenire a difesa dei ricci di mare, sottolineando che «così come emerge dalle evidenze scientifiche, dalle osservazioni riportate dai pescatori professionali subacquei e da uno stesso decreto regionale del 2019, le popolazioni del riccio di mare presenti nei mari della Sardegna sono in forte sofferenza». La petizione, che aveva raccolto oltre sette mila firme, chiedeva «l’adozione di provvedimenti di moratoria per un periodo di tempo di almeno tre anni, così da poter permettere la realizzazione di un adeguato monitoraggio scientifico per verificare quali siano i quantitativi di raccolta effettivamente sostenibili, nonché l’individuazione di zone di divieto di pesca permanente per la salvaguardia della specie e l’adozione di provvedimenti per il sostegno ai pescatori professionali del settore per il periodo della moratoria della pesca, anche con il contributo dei fondi comunitari in materia».
Il sostegno ai pescatori
La legge approvata, oltre a bloccare per tre anni la pesca, predispone anche che «durante il periodo di fermo, agli operatori venga richiesta la collaborazione per le attività di supporto al monitoraggio scientifico periodico della risorsa riccio di mare in corso di attuazione, per attività di pulizia dei fondali e in eventuali progetti di recupero ambientale, o la partecipazione ad altre attività, anche di formazione professionale, in un'ottica di orientamento la diversificazione dell'attività produttiva». Un provvedimento che sarà sostenuto con uno stanziamento di 400 mila euro per l'anno 2021 e 1.200.000 euro per ciascuno degli anni 2022 e 2023.