L'orso che ha aggredito e ucciso il 26enne Andrea Papi verrà abbattuto e insieme a lui lo saranno tutti gli orsi problematici. Lo ha deciso la provincia autonoma di Trento, guidata da Maurizio Fugatti. Durante il Comitato per l'ordine pubblico e la sicurezza che si è tenuto ieri a Trento, il Presidente ha dichiarato senza mezzi termini che «troppe volte determinati organi chiamati a dare risposta alle sollecitazioni dell’Amministrazione provinciale si sono preoccupati del solo benessere dei plantigradi, dimenticandosi di chi vive nei nostri territori. Ora questo percorso deve essere invertito».
Fugatti ha fatto sottolineato di voler abbattere «tutti gli esemplari problematici», non solo il responsabile della morte del 26enne, e di avere predisposto a questo scopo una serie di ordinanze contingibili e urgenti.
Kodami è andata nella Val di Sole, dove Andrea viveva, per parlare con la comunità di cui faceva parte. L'amarezza a Malè, il capoluogo della Comunità trentina, è forte, ma sulla rabbia prevale un senso di abbandono da parte delle istituzioni. Un sentimento che emerge dalle parole di Carlo Marinelli, vicesindaco negli anni immediatamente precedenti al ripopolamento degli orsi nella zona: «Noi che viviamo la montagna non siamo contro gli orsi o i lupi, il problema è la convivenza in un ambiente antropizzato. La gente è arrivata all'esasperazione e quando si supera un certo limite si comincia a farsi giustizia da soli».
Per evitare episodi di giustizia sommaria, con la diffusione dei risultati dell'autopsia è stata disabilitata la mappa degli orsi muniti di radiocollare, visibile fino a ieri sul sito della Provincia.
Ora, che però le prossime mosse di Fugati sono state rese pubbliche, il braccio armato dei cittadini infuriati e spaventati sarà proprio la Provincia autonoma di Trento.
Gli orsi nel mirino della Provincia autonoma
Tra gli orsi sospettati dell'aggressione ed etichettati come "problematici" che saranno certamente catturati, e probabilmente abbattuti, ci sono Jj4, M62 e Mj5.
La prima indiziata è Jj4, una femmina che nel giugno 2020 ferì due persone. Fu Fugatti a emettere un'ordinanza per rimuovere l'orsa dal territorio per motivi di sicurezza pubblica, ma, come si legge nell'ultimo report Grandi carnivori «non è stato possibile applicare tale ordinanza di rimozione in quanto la stessa è stata dapprima sospesa e quindi annullata dalle autorità giudiziarie alle quali si sono appellate associazioni animaliste».
Nel corso della riunione del Comitato, il Presidente della provincia Autonoma ha dichiarato: «Dalle interlocuzioni che abbiamo avuto con Ispra, sono emerse rassicurazioni verbali sull’accoglimento anche di queste richieste». E poco dopo ha aggiunto: «Confidiamo che sia meno recalcitrante rispetto al passato». In riferimento proprio alla vicenda di Jj4.
Il secondo orso è M62, un maschio nato nel 2018 che non si è reso protagonista di nessuno scontro con esseri umani. La sua problematicità non nasce dalla potenziale aggressività, ma dall'abitudine a frequentare gli insediamenti antropici, specialmente nella Val di Sole, dove in più occasioni aveva consumato rifiuti organici. Un modus operandi che richiama da vicino Juan Carrito, l'orso marsicano noto per essere il più confidente del mondo, che ha rischiato di essere rinchiuso in un'area faunistica proprio per l'eccessiva propensione al contatto con l'essere umano.
Come Carrito, anche M62 è arrivato a entrare nei centri abitati, e a mostrare una confidenza eccessiva nei riguardi di alcune persone, come si legge nell'ultimo rapporto Grandi carnivori: «M62 ha seguito la traccia del trascinamento di un cervo abbattuto da quattro cacciatori nel comune di Contà, fino ad arrivare ad una distanza minima di 15 metri dalle persone coinvolte. L’interazione è durata a lungo, circa una decina di minuti, durante i quali l’orso ha manifestato un’estrema confidenza/accettazione della presenza ravvicinata dei quattro cacciatori, nonostante i loro tentativi di allontanarlo».
Il terzo individuo nella lista nera della Provincia è Mj5, l’orso che ha aggredito un uomo in Val di Rabbi solo poche settimane fa. L'uomo in quel caso se l'è cavata con qualche ferita ed è stato dimesso dall'ospedale dopo tre giorni. Per salvarlo dalla condanna a morte, paventata anche in quell'occasione da Fugatti, le persone si sono riunite in piazza alla quale sono intervenuti tantissimi giovani.
Le associazioni: «Per errata gestione umana non paghino gli orsi»
Anche per il caso dell'orso della Val di Sole, le associazioni animaliste fanno sapere che non staranno a guardare impassibili all'uccisione dei grandi carnivori. La presidente dell'Enpa Carla Rocchi, raggiunta da Kodami subito dopo la diffusione dei risultati dell'autopsia ha dichiarato: «Gli orsi sono stati importati in Trentino a caro prezzo, ma è evidente che chi lo ha fatto lo fatto ha agito per business e non per la conservazione della specie».
La critica è indirizzata al progetto Life Ursus con il quale nel 1999 si operò il ripopolamento dell'orso bruno, di cui era rimasto solo uno sparuto gruppo di individui sulle Alpi centrali. Nella zona vennero quindi rilasciati alcuni individui provenienti dalla Slovenia che si sono riprodotti con successo. Oggi sarebbero circa 100 gli orsi nella zona, un numero ritenuto eccessivo da Fugatti, il quale ha dichiarato di volerne abbattere la metà, per arrivare a 50, il numero preventivato inizialmente dal Life Ursus.
«Era solo questione di tempo – ha commentato Carla Rocchi – si cercava un pretesto per procedere con gli abbattimenti che si volevano realizzare da lungo tempo, ma noi faremo il possibile per tutelare queste creature che non sarebbero mai dovute arrivare in Trentino».
La Lav ha sottolineato come l'ordinanza per l’uccisione dell’orso non modificherà minimamente la sicurezza della zona: «La Provincia di Trento continua ad agire per reazione, solo rispondendo agli incidenti con catture o uccisioni. Una strategia fallimentare, semplicemente perché per ogni orso imprigionato o ucciso ce ne sono altre decine che, potenzialmente, potrebbero rappresentare un problema in futuro, se i cittadini non saranno messi in condizione di conoscere quali sono le regole di comportamento da seguire in un territorio frequentato dagli orsi».
«È evidente – ha continuato la Lega Antivivisezione – che il pericolo maggiore per i cittadini trentini non è tanto rappresentato dagli orsi in sé, quanto dalle stesse politiche messe in atto dalla Provincia, che non sono mai state in grado di fornire ai cittadini le informazioni necessarie per poter vivere il territorio, dopo il profondo mutamento indotto dall’introduzione degli orsi».
Una reintroduzione male eseguita è la causa dei conflitti che si stanno registrando ai giorni nostri per Michele Pezone, responsabile Diritti Animali della Lndc Animal Protection. «Purtroppo il ripopolamento degli orsi in Trentino non è stato affiancato da una efficace predisposizione di misure mirate alla prevenzione dei conflitti tra gli orsi e le comunità locali e alla divulgazione delle cautele da adottare in territori frequentati dai plantigradi – dice a Kodami – È un dato di fatto che quasi tutti gli attacchi in Trentino da parte degli orsi hanno riguardato persone che si erano addentrate nelle zone frequentate da questi animali. La reazione già annunciata dalla PAT non sarà risolutiva se i cittadini non saranno messi in condizione di conoscere, persino a partire dalle scuole primarie, quali sono le regole di comportamento da seguire in un territorio abitato dagli orsi».
Nonostante l'autonomia, la provincia trentina ha dimostrato di seguire un modus operandi decisamente italiano: quello della gestione emergenziale. Invece di attivare una politica di prevenzione, adatta a favorire la coesistenza nel medesimo ambiente delle due specie, si è scelto di agire solo a tragedia avvenuta, e con soluzioni che prevedono ulteriori spargimenti di sangue.
Proprio la scelta di ricorrere alla «barbarie dell’"occhio per occhio, dente per dente"» è stata criticata dall'Oipa. Per il responsabile per la Fauna selvatica dell’Organizzazione, Alessandro Piacenza, «Dieci furono gli orsi rilasciati tra il 1999 e il 2002, e oggi se ne contano circa 100. Ma l’intento iniziale si è ribaltato e dalla protezione si sta passando all’uccisione».
Il Wwf fuori dal coro: «L'orso va rimosso»
Di segno decisamente è il Wwf Italia. Pur essendo una delle più note organizzazioni di protezione animale e ambientale, si è detta favorevole all'abbattimento dell'animale responsabile della morte del giovane Andrea Papi. «Tenuto conto della gravità dell’episodio, della dinamica e ovviamente solo dopo una sicura identificazione genetica dell’individuo – si legge in una nota – Il Wwf Italia ritiene che vada applicato il protocollo previsto dal PACOBACE che contempla anche la rimozione dell'individuo».
Il Piano d'Azione interregionale per la conservazione dell'Orso bruno sulle Alpi centro-orientali (PACOBACE) è il documento di riferimento per la gestione dell'Orso bruno nelle Alpi centro-orientali. Per gli animali problematici prevede esplicitamente «nei casi estremi, la possibilità ultima di rimozione degli esemplari».
Per il Wwf, quello di Papi rappresenta un caso sé, rispetto agli altri episodi già verificatisi: «Se un individuo mostra conclamati comportamenti pericolosi per l’incolumità umana, arrivando ad aggredire mortalmente una persona, la rimozione di questo individuo diminuisce i rischi di nuovi episodi simili e migliora l’accettazione sociale della popolazione verso la specie. Il ricorso alla rimozione deve, ed è sempre bene ribadirlo, essere in ogni caso l’ultima soluzione, quando la pericolosità dell’animale è conclamata e non esistono altre possibili soluzioni».
Nel PACOBACE è previsto anche che l’eventuale abbattimento di un orso sia subordinato a una specifica autorizzazione da parte del Ministero dell'Ambiente, concessa sulla base di un parere dell’Ispra. Ed è proprio sull'assenso dell'Istituto che si stanno concentrando le speranze di quanti sperano che la tragedia di Caldes non venga lavata con altro sangue.