Aria viveva in un quartiere periferico di Firenze con una persona che aveva diverse difficoltà economiche e problemi legati alla sua vita e ad alcuni episodi di violenza che lo avevano visto coinvolto. Era stata un regalo o un “qualcosa” che serviva semplicemente a saldare un piccolo debito probabilmente. La persona che la deteneva prima dell’arrivo al canile infatti, viveva di piccoli espedienti e credo che sperasse che Aria lo aiutasse nel suo “lavoro” ma lei era una Pitbull che, come molti di cani di questa razza, adorava le persone. Lei ti voleva bene sin dal primo momento e anche se non ti aveva mai conosciuto, dimostrandolo con la fisicità tipica di un elefante in una cristalleria per intenderci, con quell’arrivarti addosso che raggiungeva il guinness dei primati del salto in alto alle Olimpiadi e quella fisicità dirompente tipica di una testa dura a metà fra un cane e un carro armato con la coda. Era innegabile che nonostante le spallate, ti faceva scappare sempre un sorriso Aria, oltre che la pazienza.
Aria, il sequestro e l’arrivo in canile
Era arrivata dal sequestro che l’aveva vista coinvolta e nei suoi primi due anni di vita non aveva visto nulla e non era mai uscita di casa. I bisogni li faceva in terrazzo, le corse pazze anche, la sua bocca con cui esplorare il mondo aveva visto solo divani sfondati e cuscini fatti a pezzi. Appena arrivata il suo stato di salute era tutto sommato buono, avrebbe dovuto mettere su qualche chilo e consumare le unghie che sul pavimento del terrazzo in cui era vissuta non aveva mai usato. Aria era una cagnona energica e curiosa, in canile eravamo sereni anche se consapevoli: il lavoro per me e Andrea, il mio collega, si prospettava duro. Aria non aveva mai visto un guinzaglio, era abituata a fare in coriandoli ogni cosa fosse alla sua portata, si eccitava per un nonnulla saltandoti addosso e mangiava come un aspirapolvere senza masticare, qualsiasi cosa fosse commestibile. Pensando al fatto che tutti i volontari avrebbero potuto portarla a passeggiare e liberarla, perché nonostante la privazione delle esperienze era una cagnona senza particolari problemi, ci faceva porre nell’ottica di dover riniziare, però, tutto da capo con lei. Ci volle un mese e mezzo abbondante perché capisse che se non si calmava non saremmo riusciti ad entrare da lei in box e che poteva uscire senza lanciarsi dal cancello a mille all’ora. Ci volle del tempo perché Aria comprendesse che mangiare con calma era tutto sommato più gustoso e che ai cani ci si approccia bene tirando un freno a mano e non investendoli. Ci volle molto meno per farle capire, invece, che se non ti infili una pettorina nel bosco a rotolarsi sugli odori non riusciamo ad andarci, che i gatti che si incontrano in giro non sono cibo e che si può stare per un po’ col guinzaglio senza tirare come un trattore. Insomma, per essere partiti da zero, Aria era stata davvero brava a recuperare e noi eravamo soddisfatti: ora toccava trovarle una casa e una famiglia disposti a mettersi in gioco con lei per sempre.
Jack e la sua famiglia, un cane e delle persone rare ed eccezionali
Quando conobbi la famiglia che avrebbe adottato Aria, in realtà la incontrai per altri motivi e cioè per valutare se avrebbero potuto adottare una cagna che stava all'epoca in un altro rifugio al sud Italia.
Prima che le persone che leggono si facciano strane idee, ci tengo a dire che sono una persona che è d’accordo con le adozioni al centro nord (i miei cani vengono tutti da canili del sud) e che in casi come questi non ho “rubato” un’adozione alle colleghe del sud, dando un cane che avevo su Firenze. Scusate la premessa ma è doverosa: io ho fatto quello che il mio lavoro di istruttore mi consente di fare nella chiarezza e nella professionalità che tutti dovremmo avere e che oggi mi permette ancora di collaborare con volontari e colleghe di qualsiasi parte d’Italia proprio alla luce di una correttezza che ha come base un percorso consapevole di adozione.
Quando vennero con Jack, il loro Dobermann, io avrei dovuto vederlo con qualche cane per capire alcuni suoi aspetti e dell’eventuale gestione con un altro soggetto ed è esattamente ciò che ho organizzato: gli feci incontrare Aria che mi sembrava la cagnona più adatta per capire delle cose. Inutile dirvi che però fu amore a prima vista sia per la famiglia di quel Dobermann stupendo che per quel gran bel cane che Jack era. Parlai chiaramente, dopo quell'ora e mezza, a tutti: alla famiglia di Jack per dirgli che dalla valutazione emersa insieme ad una mia collega la cagnetta che in principio volevano adottare non era adatta alle loro esigenze e coi volontari mi confrontai per avere una loro opinione su quell’incontro quasi magico che avevo vissuto. Jack si era lasciato guidare da Aria nelle esplorazioni, si era lasciato andare così come non aveva mai fatto con altri cani e, anzi, era stato piuttosto calmo e riflessivo, riuscendo pure a mettersi giù per un bel po’ di tempo vicino a quella che sarebbe stata la sua futura compagna.
Le regole di Aria e il rispetto di Jack
Aria aveva sicuramente alcuni tratti spigolosi ed entranti nel suo carattere ma una cosa era certa: sapeva quel che faceva. La sua comunicazione era sempre chiara, magari un po’ intensa ma comportarsi così era per lei come un piccolo test iniziale per capire se l’altro cane sapeva stare alle regole. E la prima era senza dubbio: “Non puoi annusarmi il sedere per ore!”. La seconda regola importante era che se aveva un oggetto per sé, si poteva giocare, competere anche un po' ma mai provare a rubarlo. Era proprio attraverso il gioco e gli oggetti da tenere in bocca che con Andrea avevamo costruito tutto l’ABC che le mancava, arrivata al rifugio. La famiglia di Jack era composta da persone eccezionali che non nascosero il loro stupore nel vedere che Aria era stata una cagnona che era riuscita a tener testa al loro ragazzo: erano e sono a tutt’oggi persone splendide che hanno sempre amato i cani in modo rispettoso. Hanno sempre fatto vivere una vita ai loro compagni condividendo l’affetto e anche la libertà, il verde, le esperienze insieme e l’integrazione in famiglia. E tutto questo a discapito dei pregiudizi che ruotano intorno certe razze di cani come un Doberman ad esempio e pronti a doverne affrontare di nuovi da dover rompere se avessero adottato anche Aria. Quel pomeriggio la coppia e le loro figlie si erano aperti nel raccontarmi anche i problemi di salute del loro cane, senza negare che erano costati sacrifici economici per le cure ma che nonostante tutto se fossero tornati indietro avrebbero affrontato il tutto mille volte nello stesso modo. Insomma, la famiglia di Jack era composta da persone a cui farei adottare un cane ad occhi chiusi mille e mille volte.
Ciao Jack! Aria e tutti noi ti salutiamo e ti ringraziamo per quello che sei stato
Jack e Aria, così, sono diventati parte dello stesso gruppo familiare. Poi, un giorno, mentre scorrevo le chat sul telefono tra mille impegni, a un certo punto ho ricevuto quel messaggio che mai nessuno vorrebbe leggere. Gli ultimi mesi per Jack erano stati davvero difficili: la malattia, le terapie, il suo cuore fragile. Eppure la sua famiglia non ha mai rinunciato a nulla con lui e io ho continuato a guardare le sue foto sui social ogni santo giorno in compagnia della sua famiglia e di Aria. I boschi, il lago, le passeggiate nel verde, i magnifici paesaggi del Chianti da sfondo alla bellezza di quei due cani e delle persone con loro. Perché ci vuole coraggio, è innegabile, per sapere che il tuo cane sta male ma continuare a fargli vivere una vita meravigliosa e dignitosa fino alla fine, in libertà, vicino il suo gruppo sociale senza risparmiarsi nulla è davvero una grande e impagabile storia da compiere. E così, poi, Jack te ne sei andato… da eterno e fiero lottatore, nel bosco, in un battito di ciglia, durante una delle vostre avventure insieme e vicino alle persone che per te avrebbero fatto il miracolo di farti vivere per sempre se avessero potuto.
Andrò a breve a trovare la tua famiglia e Aria, che sono certa mi riconoscerà, nonostante il tempo, nonostante tutto. Siamo tutti un po’ preoccupati per lei perché non vuol mangiare, proprio come succede a volte con i dolori forti che anche a noi tolgono la serenità e ti chiudono lo stomaco.
Parlavo di voi con un amico speciale poche sere fa, ci interrogavamo su questo mistero che è la morte di un cane e su tante ipotesi che possiamo fare ma che, forse, non troveranno mai una conferma definitiva. Alberga in noi la sensazione che i cani siano molto più bravi rispetto agli umani nel gestire le emozioni in questi casi e che sappiano tracciare un confine più netto alla fine della vita fisica dei loro amici, che siano in grado di metterci un punto ed andare avanti.
Niente storie da Walt Disney, sia chiaro: i cani hanno delle consapevolezze tanto quanto noi e la loro vita ruota anche sulla base di affinità con gli altri partner sociali e sul ruolo che si ritagliano. I cani si prendono le misure e come dei veri e propri sarti si cuciono addosso un essere e uno starci, uno stile comunicativo, una integrità che è di se stessi ma in funzione anche degli altri membri del gruppo.
Non prendiamoci in giro, i cani a differenza nostra sanno percepirsi in gruppo molto meglio ed è per questo che sanno vivere e godersi la vita attimo dopo attimo, nel presente. Non si perdono nei ricordi, nel passato, in quello che poteva essere: vivono al meglio ogni istante. Semplicemente, sanno andare avanti. Ed è questa capacità così chiara di esserci, nonostante tutto, che dovremmo recuperare noi esseri umani per stare meglio, nella vita e con i cani. Imparare ad apprezzare quello che si ha ogni giorno, come fosse sempre una opportunità: imparare a celebrare ogni giorno le avventure che questa vita ci riserva, conservando sempre la curiosità e lo spirito di gruppo.
Ciao Jack, cane forte e gentile. Non ti ringrazierò mai abbastanza per aver accolto Aria nella tua famiglia. Sono certa che anche Andrea vorrebbe dirti un ultimo grazie.