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22 Giugno 2023
13:55

La “normale” follia della caccia al trofeo: siamo gli unici animali ad uccidere per il puro gusto di farlo

Siamo andati a Dortmund, in Germania, per raccontare la più grande fiera internazionale di caccia in Europa: si chiama Jagd&Hund e nel padiglione 8, in particolare, ci siamo immersi nell'orrore della caccia al trofeo.

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Ora potete ascoltarli direttamente, percependo le loro emozioni esplodere dal cuore nel condividerle spontaneamente, e così capire cosa prova una persona quando punta un'arma contro un animale e lo uccide. Godendone. Siamo andati a Dortmund, in Germania, per raccontare la più grande fiera internazionale di caccia in Europa che quest'anno si è svolta dal 22 al 29 gennaio: si chiama Jagd & Hund e nel padiglione 8, in particolare, ci siamo immersi nell'orrore della caccia al trofeo.

Ecco, questo ultimo periodo si spezza senza una immediata spiegazione di cosa sia la caccia al trofeo: perché è proprio difficile trovare una sola parola che ne riassuma il significato per una persona "normale". Del resto quale vocabolario può davvero aiutarci per descrivere in un unico termine ciò che si compie quando si viaggia per il mondo per andare a uccidere un altro essere vivente per il puro gusto di farlo e portarsi poi a casa pezzi o interi cadaveri da esporre?

Nella nostra video inchiesta sentirete la parola "hobby" e non potete immaginare quanto sia stata difficile pronunciarla. Eppure, riflettendoci, per chi vende e chi compra veri e propri pacchetti viaggio all inclusive con tanto di resort, comfort e guide si tratta proprio di questo: una passione viscerale che fa sentire il cacciatore che uccide un leone, un bisonte, una giraffa o un rinoceronte… semplicemente un dio ma che è, in realtà, un misero essere umano dal punto di vista esistenziale che di ricco ha solo il conto in banca, arrivando a spendere dai 5.000 dollari per uccidere un ghepardo fino ai 350.000 per un rinoceronte, specie in via di estinzione.

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Nel tempo tanti studiosi si sono chiesti se uccidere per il puro gusto di farlo sia una caratteristica prettamente umana o no. Mark Twain scriveva: “Tra tutti gli animali l’uomo è il più crudele. È l’unico a infliggere dolore per il piacere di farlo”. Lo scrivevo anche in un altro editoriale, l'uomo rimane l'essere vivente più pericoloso sulla Terra ricordando che nel 1963 un quotidiano inglese, Illustrated London News, pubblicava lo scatto di un'installazione che era stata adibita allo zoo del Bronx a New York. I visitatori, dopo aver girato osservando per loro piacere le bestie più feroci del Pianeta lì segregate, si ritrovavano di fronte a una gabbia che in realtà li metteva di fronte a uno specchio. In basso, a caratteri cubitali, c'era una scritta: "Stai guardando l'animale più pericoloso al mondo. Solo lui tra tutti gli animali mai vissuti può sterminare (e lo ha fatto) intere specie di animali. Adesso ha acquisito il potere di spazzare via tutta la vita sulla terra".  Intere specie di animali, appunto e oggi, a quella frase, possiamo aggiungere: “… e anche quella di cui fa parte".

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Per rispondere alla domanda se siamo appunto l'unica specie a godere nell'uccidere senza altri fini se non goderne, ho ora chiesto aiuto a Federica Pirrone, etologa e membro del comitato scientifico di Kodami. «L'unico parallelismo lo possiamo fare con i predatori. Prendiamo ad esempio il gatto che “gioca” con una preda (un insetto o un uccellino) anche se non ha fame, e infatti non la consuma. Si presuppone che l'obiettivo sia perfezionare la tecnica di caccia. Allenarsi. È un comportamento che diventa un'opportunità di apprendimento. In qualche modo può dare gratificazione, ma non possiamo sapere se l'animale sia consapevole del fatto che, così facendo, ucciderà il suo "compagno di giochi". Quindi non sappiamo se la gratificazione derivi anche dalla morte provocata. Essendo una forma di apprendimento, anche questo comportamento e la relativa gratificazione hanno una funzione biologica e non ci sono dati per poter parlare di puro divertimento o di crudeltà. Inoltre, riguardo a quest'ultima, in particolare, lo psicologo Victor Nell* afferma che la crudeltà, che risale a non prima di H. erectus (circa 1,5 milioni di anni fa), presuppone l'intenzione di infliggere dolore ed è un comportamento esclusivamente ominide».

L'articolo a cui fa riferimento la dottoressa Pirrone è del 2006 ma non è emerso nulla di diverso nel frattempo e l'unica risposta certa che si può dare è che ad oggi non ci sono prove del fatto che altri animali, a parte noi, uccidano solo per il piacere di farlo. E se state pensando ai nostri cugini scimpanzé, noti per non essere proprio dei pacifisti, beh… ricordiamoci che alla base dei loro comportamenti c'è una questione di sopravvivenza in natura e le motivazioni, almeno quelle a noi umani comprensibili, ritornano nell'alveo della sopravvivenza in tutte le sue sfaccettature (territorialità, possesso e gestione delle risorse, etc).

La caccia al trofeo, l'esportazione e l'importazione dei cadaveri sono tutte attività legali. Nel long form dedicato alla video inchiesta, potrete trovare tutti i dettagli al riguardo e scoprire che noi italiani siamo anche dei veri campioni nel settore: abbiamo importato 437 trofei di specie protette a livello internazionale, arrivando primi nell’importazione di ippopotami e quinti nell'importazione dell’elefante africano nell’Unione Europea tra il 2014 e il 2020. Dati di cui tiene traccia con cura, attenzione e professionalità HSI, Human Society International,  organizzazione a livello globale che lotta per la protezione di tutti gli animali e che ci ha sostenuto fornendoci del materiale utile per realizzare la nostra inchiesta.

L'altra domanda, così, a cui però una risposta si deve assolutamente dare è: come è possibile che tutto ciò sia ancora consentito nel 2023 in un Pianeta in cui le specie a rischio estinzione sono sempre di più e nel corso della sesta estinzione di massa? Lo è perché ancora manca l'unica soluzione per fermare questo vero e proprio massacro: il divieto assoluto di import e export da e verso tutti i paesi del mondo. La politica internazionale, a tutti i livelli, deve agire in questo senso: l'Europa e gli altri stati occidentali in primis devono fare un chiaro passo in avanti e fermare outfitters (gli agenti di viaggio) e cacciatori, entrambi responsabili dello sterminio che avviene nei luoghi più belli del mondo, come nell'ambitissima Namibia in cui non serve nemmeno la licenza di caccia per uccidere un animale.

E poi c'è un altro aspetto, ancora più importante che riguarda tutti noi, in attesa che chi siede sulle poltrone del potere davvero faccia qualcosa: solo attraverso la conoscenza si può fermare la scelleratezza. Ed è sempre questa la chiave con cui su Kodami cerchiamo di raccontare il mondo: parlando agli esseri umani e cercando di alzare l'attenzione su qualcosa che pochi conoscono ma che ogni giorno produce un danno irreparabile alla coesistenza. Per questo vi chiediamo di condividere il nostro lungo lavoro fatto di mesi di ricerche, analisi, raccolta delle fonti e elaborazione dei contenuti attraverso i nostri account social (YouTube, Facebook, Instagram, TikTok): solo appellandoci alla conoscenza di tutti si può fermare la follia di alcuni.

*Nell V., Cruelty’s rewards: "The gratifications of perpetrators and spectators". BEHAVIORAL AND BRAIN SCIENCES (2006) 29, 211–257

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Diana Letizia
Direttrice editoriale
Giornalista professionista e scrittrice. Laureata in Giurisprudenza, specializzata in Etologia canina al dipartimento di Biologia dell’Università Federico II di Napoli e riabilitatrice e istruttrice cinofila con approccio Cognitivo-Zooantropologico (master conseguito al dipartimento di Medicina Veterinaria dell’Università di Parma). Sono nata a Napoli nel 1974 e ho incontrato Frisk nel 2015. Grazie a lui, un meticcio siciliano, cresciuto a Genova e napoletano d’adozione ho iniziato a guardare il mondo anche attraverso l’osservazione delle altre specie. Kodami è il luogo in cui ho trovato il mio ecosistema: giornalismo e etologia nel segno di un’informazione ad alta qualità di contenuti.
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