Questa è una ragione in più per rabbrividire davanti alla malavita organizzata: la ‘ndrangheta è ghiotta di ghiri. Il motivo ha un significato antico (che deriva dai pasti dei Romani) e viene cucinato alla brace o al sugo. I carabinieri di Delianuova ne hanno trovati e sequestrati 235 morti, chiusi in un congelatore in 50 pacchetti e già confezionati per il consumo. Pronti per chissà quale festa.
Oggi i ghiri sono una specie protetta, ma per i malavitosi costituiscono un piatto prelibato, al quale non si può dire di no. Quando in uno dei banchetti c’è un ingrediente simile, si sa che le cosche stanno per raggiungere grandi accordi o per fare grandi affari. Spesso, infatti, durante le intercettazioni telefoniche, capita che le forze dell’ordine ascoltino riferimenti culinari a questi animali.
I Carabinieri hanno arrestato tre persone per produzione di sostanze stupefacenti e uccisione o cattura di specie animali protette. Insieme allo Squadrone Cacciatori “Calabria” i militari di Delianuova hanno trovato una piantagione di marijuana con circa 730 piante e tutti quegli animali surgelati.
L’animale viene cacciato, illegalmente, in tutta la Regione Calabria: sia a Rossano, sullo Ionio, sia sulla Sila, a San Giovanni in Fiore, sia sul Tirreno, a Orsomarso. Nelle Serre, tra le province di Vibo Valentia, Catanzaro e Reggio Calabria, c’è poi un’area dove questa tradizione è molto radicata, tra i Comuni di Guardavalle, Santa Cristina dello Ionio, Nardodipace, Serra San Bruno, Stilo e Bivongi. Secondo Lav solo a Guardavalle ne vengono catturati circa 20.000 esemplari ogni anno, per una vendita che oscilla intorno ai 5 euro l’uno.
Il ghiro piace perché illegale e quindi vuole essere il segno di una ribellione contro lo Stato. Ma l’identità di queste mafie è profondamente pastorale, e quindi nei suoi banchetti si trovano animali che sono alla base di questa tradizione. Più volte, secondo quanto raccontato dai collaboratori di giustizia, al termine di un omicidio si “festeggia” l’esecuzione con un agnello.