Il mistero delle origini della vita tormenta gli scienziati da diversi secoli ormai e, per quanto siano stati fatti diversi progressi da questo punto di vista riuscendo ad identificare persino quali sono state le prime molecole a comparire durante la formazione della Terra, i ricercatori continuano ad indagare altri aspetti e possibilità.
La vita è sorta nello spazio, all'interno del vuoto? Si è originata esclusivamente sulla Terra, dopo che la superficie ha cominciato ad assumere una forma o viaggia attraverso gli asteroidi e i meteoriti di sistema in sistema, finendo poi per colonizzare i pianeti più adatti?
Tra gli scienziati interessati a rispondere a queste domande, oltre ai biologi che studiano l'evoluzione, ci sono anche gli astronomi della NASA, l'agenzia spaziale americana, che condividono l'idea che qualora la vita si fosse originata nello spazio,sarebbe negli asteroidi che potremmo osservare le tracce congelate dei primissimi organismi. Così, per confermare o meno questa teoria, hanno cominciato ad andare a caccia di asteroidi, sia nello spazio che sulla superficie della Terra.
E per quanto risulti logico interessarsi a questi corpi celesti che viaggiano nel vuoto siderale, alcuni potrebbero essere sorpresi nel sapere che gli astronomi cercano i loro frammenti anche sul nostro pianeta, nonostante dovrebbero essere ormai inutilizzabili in quanto contaminati dalle forme di vita e dalle sostanze presenti sulla Terra.
Ed è qui però che sbagliano gli inesperti, spiegano dal Johnson Space Center della NASA di Houston: studiare infatti i frammenti degli asteroidi caduti sulla Terra permette di analizzare il loro interno e di capire eventualmente quale tipologia è più "ospitale" per l'eventuale formazione della vita. Ed è infatti tramite lo studio di decine di questi reperti se l'attuale team che si occupa della ricerca di forme di vita aliene ha trovato l'asteroide perfetto, di cui alcuni detriti stanno viaggiando verso la Terra attraverso la sonda OSIRIS-REx.
Il suo nome è Bennu e parti della sua coda sono state catturate dalla sonda americana nel 20 ottobre 2020. In teoria, la sonda dovrebbe arrivare sulla Terra entro quest'anno e consentirà a tutti gli scienziati di indagare meglio l'eventuale presenza di semplici forme di vita o di molecole organiche sulla superficie dell'asteroide, che al momento della cattura viaggiava a circa 168 milioni di chilometri dal Sole, oltre l'orbita di Venere.
La sua dimensione complessiva è di circa 500 metri e anche se sul pianeta non arriverà l'intero asteroide – per fortuna, immaginate i danni che potrebbe provocare! – i detriti che giungeranno sulla Terra saranno importanti per stabilire se lassù, volteggiando nell'oscurità, l'asteroide principale viaggia in compagnia di qualche principio di vita.
«Ovviamente non ci aspettiamo che ci sia qualcosa di vivente ma piuttosto qualche organismo congelato o gli stessi elementi costitutivi della vita che riscontriamo sul nostro pianeta – ha dichiarato entusiasticamente Nicole Lunning, curatrice principale del campione OSIRIS-Rex ed una delle più esperte esobiologhe ed astronome della NASA – Questo è davvero ciò che ci ha motivato a raggiungere questo tipo di asteroide, per capire quali fossero i precursori che potrebbero aver favorito la vita nel nostro sistema solare e sulla Terra».
Lunning non è d'altronde l'unica a fremere per studiare i piccoli frammenti di roccia e ghiaccio custoditi dalla sonda OSIRIS-REx. Sono infatti moltissimi gli scienziati, fra biologi, biochimici e geologi, che attendono di mettere le mani su questi reperti. Fra tutti però c'è anche la cosmochimica Eve Berger, che ha spiegato ai giornalisti in una conferenza stampa perché non vede l'ora di mettersi al lavoro sul materiale di Bennu. «Questi campioni semplicemente hanno un valore incredibile. Non avendo colpito la Terra, risultano non contaminati dal punto di vista biologico rispetto all'atmosfera e alla superficie della Terra. Non sono stati esposti a nient'altro che allo spazio ostile per miliardi di anni e anche la sonda che abbiamo mandato a recuperare i suoi detriti è biologicamente asettica, non in grado quindi di diffondere alcuna molecola organica su ciò che siamo riusciti a catturare dell'asteroide».
E in attesa che la sonda arrivi insieme al suo prezioso contenuto, gli astronomi sono pronti ad individuare altri asteroidi sparsi all'interno del sistema solare, in grado – si spera – di soddisfare la loro cocente curiosità: è possibile trovare la materia organica sulla superficie degli asteroidi?
Se la risposta a questa domanda dovesse essere sì, potremmo trovarci di fronte a una piccola rivoluzione della chimica e della biologia, assicurano i ricercatori. «Prima però di festeggiare, ricordiamoci che il ritrovamento di eventuale materia organica nello spazio non è necessariamente una prova a favore che la vita si sia originata lassù», ha concluso Nicole Lunning, riportando con i piedi per Terra le diverse persone che stanno attendendo con ansia il responso dei loro studi.