Il nettare di api ed altri imenotteri impollinatori contiene sostanze medicinali ed antiparassitarie attivate dal microbioma degli insetti: un nuovo studio sulla biochimica dei prodotti di questi animali è stato recentemente pubblicato in un articolo di Philosophical Transactions of The Royal Society.
Secondo gli esperti, le api attivano le proprietà "medicinali" di vari nettari per proteggersi dalle infezioni parassitarie.
Le proprietà medicinali di polline e nettare
L'impollinazione delle specie vegetali da parte degli animali è una delle interazioni biologiche più importanti al mondo: le piante offrono una ricompensa nutriente a insetti, uccelli e piccoli mammiferi in cambio del trasferimento di polline. Questo processo non solo permette la riproduzione di molte piante, ma serve anche a supportare la produzione alimentare globale e gli ecosistemi.
Il team di ricercatori guidato dallo scienziato del Royal Botanic Gardens di Kew a Londra, il dottor Hauke Koch, in collaborazione con il professor Mark Brown della Royal Holloway dell'Università di Londra, ha raccolto campioni di nettare e polline da tigli e corbezzoli ai Kew Gardens nella zona ovest di Londra per determinare come le api elaborano le sostanze benefiche che si trovano al loro interno. I ricercatori hanno scoperto che due composti naturalmente presenti nel nettare di queste specie sono attivati dai processi digestivi delle api, dal microbioma intestinale (cioè i microrganismi che naturalmente vivono all'interno degli animali) o da una combinazione di entrambi.
L'obiettivo principale dello studio era scoprire come questi elementi, con le loro qualità antiparassitarie, possano proteggere le api da un comune parassita intestinale, il protista Crithidia bombi. Gli esperimenti hanno prodotto risultati promettenti per gli sforzi di conservazione delle api in un momento in cui gli impollinatori affrontano la crescente minaccia di declino a causa del cambiamento climatico, delle malattie e della perdita di habitat dovuta all'agricoltura e al crescente uso di suolo.
Polline e nettare, una medicina naturale attivata dal microbioma
Tra le minacce che gli impollinatori devono affrontare oggi ci sono i pericoli indotti dai parassiti. Sempre più spesso tantissimi microrganismi nocivi e patogeni, al pari delle specie invasive più grandi, vengono introdotti e diffusi attraverso le rotte commerciali globali, diffondendosi dalle colonie di api domestiche agli impollinatori selvatici.
Fattori di stress come il crescente uso di pesticidi possono influire sul funzionamento del microbioma, aggravando l'effetto dei parassiti.
In particolare il parassita intestinale dei bombi Crithidia bombi è di particolare interesse per gli scienziati, poiché il parassita è comune ed è noto per minacciare la sopravvivenza e lo sviluppo delle colonie di bombi (genere Bombus).
Il dottor Hauke Koch, uno degli autori principali dell'articolo, ha recentemente affermato: «Grazie ad una maggiore comprensione del funzionamento della biochimica interna delle api, in futuro potremmo essere in grado di sostenere meglio la loro salute. Ad esempio attraverso una restrizione nei pesticidi che influiscono negativamente sul microbioma e attraverso la promozione di piante con nettare o chimica del polline che stimola microbiomi sani».
Il primo composto analizzato dal team, unedone, è stato trovato nel nettare dei corbezzoli (Arbutus unedo) ed è stato estratto dal miele di corbezzolo. In Italia è una pianta spontanea sempreverde e arbustiva, una delle specie più importanti della macchia mediterranea. I suoi fiori ricchi di nettare e polline sono noti per essere un alimento importante per i bombi in autunno. Le api producono da esso un miele dal sapore amaro ricercato in tutto il Mediterraneo.
Il composto unedone è stato testato su colture di C. bombi di laboratorio e su bombi raccolti a Kew nell'autunno del 2018. L'ultima parte dell'esperimento ha visto i ricercatori nutrire le api con un mix di sciroppo di zucchero e polline per un periodo di due settimane, dopodiché le loro feci sono state sottoposte a screening parassitari. Alle api selezionate è stato quindi somministrato un trattamento con sciroppo di zucchero o un trattamento con unedone: è stato scoperto che il composto inibisce le infezioni da C. bombi ma solo dopo aver interagito con il microbioma.
I ricercatori hanno anche determinato che il tiliaside, un composto estratto dal nettare del tiglio (genere Tilia), offre vantaggi simili agli animali. Tuttavia, a differenza del primo composto, il tiliaside è stato attivato dai processi digestivi delle api.
«Oggi è fondamentale capire come possiamo supportare al meglio i servizi di impollinazione e continuare a trarne vantaggio dal loro contributo nella produzione alimentare e nel sostegno degli ecosistemi naturali – ha chiarito il professor Phil Stevenson, coautore dello studio – Ora sappiamo che certi fiori forniscono una migliore nutrizione per alcune specie, mentre altri forniscono alle api una medicina naturale, quindi possiamo selezionare piante per ripristinare paesaggi degradati o margini dei campi coltivati che forniscono vantaggi multipli e personalizzati agli impollinatori migliorando la loro salute dall'individuo fino al livello comunitario».
Per il professore Stevenson quindi, avendo una sempre maggior comprensione delle pratiche umane sbagliate riguardo gli impollinatori, dovremmo ora cercare soluzioni e modi per sostenere le diverse popolazioni di insetti: implementare programmi di ripristino come la semina ai margini dei campi e i corridoi ecologici con una precisione molto più selettiva per le specie chiave e con benefici a lungo termine.