Tra le tante soluzioni proposte per abbassare le emissioni di gas serra rilasciati dalle mucche c'è anche una mascherina in grado di intrappolare il metano prodotto dai bovini quando digeriscono. A crearla è stata Zelp, una startup del Royal College Of Arts di Londra dove scienziati, ingegneri e veterinari studiano come ridurre l'impatto ambientale del metano (gas con effetto serra di molto superiore alla CO2) attraverso lo sviluppo di tecnologie all'avanguardia e innovative e con occhio attento al benessere degli animali.
La speciale mascherina per mucche di Zelp, annunciata lo scorso anno, è stata inoltre uno dei quattro progetti vincitori del premio Terra Carta Design Lab, assegnato appena qualche giorno fa. Questi dispositivi hi-tech che tanto sono piaciuti al Principe Carlo, sono in grado di assorbire fino al 60% del metano prodotto dalle eruttazioni dei bovini, evitando così che finisca in atmosfera. Ma potranno avere un impatto reale nella lotta alla crisi climatica?
I rutti delle mucche (più dei peti) sono un problema reale
Gli allevamenti bovini sono infatti responsabili, secondo i dati delle Nazioni Unite, di oltre il 14% delle emissioni di gas serra legate all'industria agroalimentare. E a differenza di quanto si crede, buona parte del metano rilasciato dai bovini non viene espulso attraverso le flatulenze, ma bensì dalla bocca. A seconda del contesto e della dieta questa percentuale può arrivare infatti addirittura a oltre il 90%, mentre appena dal 5 al 10% viene rilasciato sotto forma di letame e flatulenze.
All'interno del rumine delle mucche avviene infatti un importante processo chiamato fermentazione enterica. È allora che i batteri coinvolti nella digestione dei vegetali scompongono i carboidrati complessi in zuccheri semplici rilasciando così, tra le altre sostanze di scarto, anche i gas come l'anidride carbonica e il metano, che finiscono poi per finire nell'aria attraverso l'eruttazione. In molti hanno accolto con entusiasmo l'arrivo di queste mascherine, annunciate sin da subito come una possibile soluzione per abbattere le emissioni di gas serra. Ma sarà davvero così?
L'esperta: «Difficile immaginare un'applicazione su larga scala»
Per quanto questi dispositivi all'avanguardia rappresentino sicuramente un passo in avanti importante da un punto di vista tecnologico, la loro applicazione su larga scala sembra quantomeno difficile: «Per quanto intelligenti e affascinanti, questi dispositivi sono difficilmente applicabili alla realtà – spiega Laura Arena, veterinaria esperta in benessere animale e membro del comitato scientifico di Kodami – hanno sicuramente un costo, che probabilmente andrà a ricadere sugli allevatori. Mi sembra quindi davvero improbabile che possano essere utilizzati negli allevamenti su larga scala».
Sulla Terra oggi ci sono all'incirca 1,6 miliardi di bovini e immaginare di riuscire ad applicare a tutti – o almeno a buona parte di essi – questi dispositivi risulta quantomeno improbabile, almeno per come stanno le cose oggi. Anche tenendo in considerazione tutti i diversi aspetti legati ai contesti sociali e ambientali in cui esistono gli allevamenti, sarà davvero difficile riuscire ad applicare queste mascherine in modo tale da avere un impatto significativo nel controllo delle emissioni.
Le mascherine danno fastidio alle mucche?
E per quanto riguarda il benessere degli animali? Zelp – da sempre attenta a questo aspetto – ha condotto anche studi comportamentali in collaborazione con diversi enti in Regno Unito e Argentina, tra cui il Royal Veterinary College, che ha confermato che il dispositivo indossato dalle mucche non ha alcun impatto tangibile sul comportamento, la vita quotidiana o sull'alimentazione degli animali. Inoltre, i dispositivi sono in grado anche di misurare attività come l'alimentazione, gli spostamenti del bestiame e la ricettività sessuale delle mucche.
Con tutte queste informazioni si potrebbero quindi monitorare con maggiore attenzione i singoli animali, identificando in modo rapido le prime avvisaglie di eventuali comportamenti anomali o segnali dell'insorgenza di una malattia, cosa che potrebbe contribuire a migliorare il benessere e a ridurre i costi negli allevamenti.
«Occorrerebbero studi più approfonditi e a lungo termine sul comportamento, anche se non credo impattino in maniera considerevole sul benessere degli animali – spiega Laura Arena – Si tratta comunque di un oggetto estraneo che potrebbe risultare scomodo o fastidioso e che potrebbe essere d'intralcio con le ormai diffuse spazzale utilizzate dai bovini da latte per grattarsi a partire proprio dal muso. Questi dispositivi migliorano di molto il benessere il benessere degli animali e sono stati implementati in maniera massiccia negli allevamenti con enorme fatica».
Siamo quindi spacciati?
Le mascherine ideate da Zelp sembrano quindi una di quelle soluzioni semplici a problemi complessi che tanto ci piace inseguire, ma che difficilmente potranno avere un'applicazione diffusa nel mondo reale. Dobbiamo quindi rassegnarci all'inevitabile lasciando che rutti e peti inondino di gas serra l'atmosfera? Non necessariamente. In generale, esistono molte altre soluzioni al problema del metano nell'industria del bestiame, come per esempio l'utilizzo di specifici ingredienti per i mangimi che riducono la produzione di gas.
Oppure seguire la strada proposta di un'altra startup, Alga Biosciences. La società con sede a San Franscisco ha scoperto l'alga Asparagopsis taxiformis aggiunta come additivo nei mangimi, può ridurre la produzione di metano nei bovini fino all'82%. L'additivo, inoltre, viene presentato anche come una soluzione economicamente vantaggiosa per gli allevatori, visto che riduce del 20% il fabbisogno di mangime delle mucche, mantenendo inalterato il loro peso. Anche in questo caso però, occorrerà trovare il mondo di rendere accessibile e disponibile su larga scala questi additivi, cosa tutt'altro che facile.
L'unica vera soluzione all'impatto della carne
C'è però una soluzione ancora più immediata ed efficace per ridurre l'impatto dell'industria bovina sul clima, e la conosciamo tutti: mangiare meno carne e soprattutto ridurre il numero degli allevamenti. Oramai lo sappiamo da tempo, l'industria della carne e gli allevamenti intensivi in particolare, oltre a essere eticamente inaccettabili, sono insostenibili da un punto di vista ambientale. Il loro contributo in termini di emissioni e quindi alla crisi climatica è considerevole, senza dimenticare l'enorme impatto che la produzione di carne bovina ha sulla deforestazione e la perdita di habitat e sul consumo di acqua, risorsa che diventerà sempre più rara e preziosa nel futuro immediato.
Il legame tra alimentazione e cambiamenti climatici è molto più stretto di quanto si creda, e se davvero vogliamo salvare il Pianeta (che è un modo un po' più romantico per dire noi stessi) l'unica vera soluzione efficace – ovviamente in concerto con tutte le altre azioni e misure da seguire per gli altri settori, ci mancherebbe altro – è smettere di mangiare carne o quantomeno di ridurne in maniera significativa il suo consumo, solo così smetteremo davvero di preoccuparci di rutti e peti bovini.