La "fame chimica", ovvero l'appetito per cibi ricchi di nutrienti indotta dal consumo di sostanze come i cannabinoidi, è un fenomeno in parte misterioso che solo da poco tempo gli scienziati cercano di spiegare. Molte sono le specie che sembrano reagire come noi a queste sostanze comunemente presenti nella Cannabis sativa e una nuova ricerca ha scoperto che perfino un invertebrato può sviluppare un tale appetito smodato per i cibi ipercalorici: il Caenorhabditis elegans.
Questo è un verme nematode, lungo al massimo 1 mm, che vive per la maggior parte del tempo nascosto nel suolo. Ora uno studio pubblicato sulla rivista Current Biology mostra che anche questo animale reagisce ai cannabinoidi esattamente come il resto delle specie, suggerendo così che il meccanismo con cui la cannabis influenza l'appetito degli animali si sia evoluto già 500 milioni di anni fa, all'inizio del Paleozoico, quando gli antenati di questi vermi sono apparsi sulla Terra.
Gli scienziati hanno così deciso di approfondire l'origine delle reazioni a queste sostanze scoprendo che C. elegans reagisce in maniera leggermente diversa dal resto degli organismi. «I cannabinoidi rendono i nematodi più affamati per i loro cibi preferiti e iniziano a evitare altri alimenti che gradiscono meno – spiega Shawn Lockery, docente dell'Università dell'Oregon e autore principale dello studio – In ogni caso possiamo affermare che gli effetti dei cannabinoidi nei nematodi sono simili a quelli studiati sull'appetito umano e questa è una vera sorpresa».
Questo perché, come afferma lo stesso Lockery, i nematodi sono molto distanti dal punto di vista evolutivo dai mammiferi per cui era difficile pensare potessero avere reazioni simili. Al team di ricerca è venuto in mente di effettuare queste osservazioni dopo che la cannabis è diventata legale in Oregon, nel corso del 2015. «All'epoca, il nostro laboratorio era profondamente coinvolto nella valutazione delle preferenze alimentari dei nematodi come parte della nostra ricerca sulle basi neuronali del processo decisionale», spiega ancora l'autore.
In particolare dopo una piccola serie di esperimenti, i ricercatori hanno dimostrato che i vermi reagiscono all'endocannabinoide anandamide, un neuromodulatore il cui nome deriva dal sanscrito "ānanda" che significa beatitudine interiore. La scoperta, oltre a soddisfare la curiosità degli osservatori, ha permesso anche di sviluppare importanti considerazioni pratiche: «Possiamo usare queste conoscenze per ideare uno screening rapido ed economico per farmaci che prendono di mira un'ampia varietà di proteine coinvolte nel metabolismo dei cannabinoidi, con profonde implicazioni per la salute umana».
A riguardo, Kent Berridge neuroscienziato dell'Università del Michigan chiamato a commentare la notizia su Nature, ha dichiarato che tale scoperta ci permette di comprendere appieno l'evoluzione dei neurotrasmettitori, trasmettitori chimici comuni a tutti gli animali: «Sapevamo che i neurotrasmettitori sono antichi, ma il fatto che i recettori dei cannabinoidi abbiano avuto la funzione di promuovere il consumo di cibi ricchi di nutrienti da così tanto tempo è notevole e imprevisto».
Un altro motivo per cui la scoperta era imprevista è dato dal fatto che, dagli studi effettuati dal team americano, si è osservato che il C. elegans non dispone di veri e propri recettori di cannabinoidi. Questo non impedisce all'animale di intercettare comunque i cannabinoidi grazie a uno dei suoi neuroni olfattivi il cui funzionamento risulta drammaticamente alterato da queste sostanze. Quindi è possibile che i recettori presenti nelle cellule umane siano frutto dell'evoluzione dei neuroni olfattivi di animali imparentati con a C. elegans, ma per dirlo con certezza saranno necessari ulteriori studi.
Come fanno però le molecole presenti all'interno della C. sativa ad alterare l'appetito di un organismo? Secondo gli scienziati, questi composti legandosi ai recettori dei cannabinoidi, inducono un cambiamento elettrochimico nel sistema nervoso che promuove un maggior consumo di cibo e di liquidi. Una sorta di "interruttore chimico" che una volta attivato fa partire la cosiddetta "fame chimica".
Tale fenomeno però non è l'unico effetto osservabile dopo il consumo di tale molecole e molte persone riferiscono un drastico calo dell'ansia o una socialità più spiccata di seguito all'assunzione dei cannabinoidi. Ciò spinge gli scienziati a credere che questo possa avvenire anche nei nematodi.