I wapiti (Cervus canadensis) del nord America negli ultimi anni stanno soffrendo di una particolare malattia che causa diverse anomalie fisiche al livello degli zoccoli. Un tempo veniva chiamata dai veterinari locali "malattia dello zoccolo molle" ed è provocata dalla diffusione di un batterio, appartenente al genere Treponema (lo stesso della sifilide umana), che a seguito dell'innalzamento delle temperature è divenuto ancora più attivo e pericoloso, tanto da risultare una minaccia per l'intera specie e il suo ecosistema.
Secondo infatti un nuovo studio, pubblicato su Scientific reports da alcuni docenti della Washington State University (WSU) di Pullman, il treponema ha cominciato ad attaccare non solo gli zoccoli, ma anche altri organi dei wapiti, favorendo degli importanti cambiamenti chimici ai tessuti che provocano diversi disturbi agli apparati di ciascun animale infetto.
Questi disturbi a loro volta faciliterebbero l'ingresso all'interno del corpo di altri batteri che inducono ulteriori sofferenze e in alcuni casi la morte per setticemia. E per quanto il quadro delineato possa già sembrare abbastanza fosco, i risultati del report suggeriscono anche che tali cambiamenti morfologici e fisiologici potrebbero divenire presto ereditari: il treponema infatti sarebbe ora in grado di colpire anche le gonadi e le cellule specializzate nella produzione dei gameti.
È ancora incerto se questo fenomeno porterà o meno a futuri altri problemi di salute nelle prossime generazioni – già sotto minaccia per la perdita delle praterie, dei boschi e per l'aumento del numero degli incendi – ma è già stato provato il fatto che gli esemplari colpiti dalla malattia producono meno spermatozoi.
Come è possibile però che un batterio riesca a influenza direttamente la spermatogenesi di una specie? E come riesce a rappresentare una minaccia per la vita delle generazioni future? Queste domande sono molto importanti e in effetti hanno fatto parte del processo di analisi della malattia svolta dai ricercatori. «Nnon si sta parlando solo dell'assenza o della presenza dell'infezione in un esemplare. Il treponema sta infatti influenzando l'intera fisiologia della specie, colpendo tutte le cellule degli animali infetti e mirando al loro DNA! – ha chiarito l'autore senior dell'articolo, Michael Skinner – Ciò dimostra che non sta solo infettando le cellule ma sta effettuando anche delle mutazioni epigenetiche».
Le mutazioni epigenetiche sono delle modifiche ereditabili del genoma che non alterano la sequenza del DNA ma l'espressione dei geni, ovvero quel processo attraverso il quale l'informazione contenuta nei cromosomi viene convertita solitamente in diverse proteine utili, impiegate per il corretto metabolismo dell'organismo. Il treponema, infettando le cellule del suo ospite, starebbe quindi apportando delle modifiche abbastanza massicce al modo con cui i wapiti gestiscono la produzione di gran parte delle molecole del loro organismo. Modifiche che non solo causano danni diretti alla loro salute, ma inducono anche mutazioni imprevedibili nelle cellule germinali da cui dovrebbero scaturire in teoria i loro eredi.
I fenomeni epigenetici tuttavia non sempre producono dei problemi di salute. Essi infatti possono essere anche positivi e venir causati dalla nutrizione o da fattori ambientali, da una buona o da una cattiva gestazione, dagli incidenti casuali della vita o, come dimostra questo studio, anche da una malattia infettiva. Per capire quindi quali sono al momento gli effetti di questa patologia sulla popolazione – nel lungo come nel breve periodo – Skinner ha deciso di lavorare insieme ad una veterinaria specializzata nel recupero della fauna selvatica, Margaret Wild, su alcune cellule provenienti da circa 55 esemplari.
Sfortunatamente, studiando queste cellule, i ricercatori hanno scoperto alterazioni epigenetiche solo nei wapiti visibilmente sofferenti, confermando l'ipotesi che il treponema sia presente solo in quegli esemplari che manifestano esteriormente la malattia. La ricerca inoltre ha permesso di realizzare che non esistono eventuali portatori sani tra i wapiti.All'interno della popolazione nord americana quindi ci sono solo wapiti sani e wapiti malati, che porteranno alla nascita di esemplari la cui salute resta ancora una incognita.
Non tutto sembra però perduto. Per quanto diffusa, la malattia dello zoccolo molle sembra infatti non riuscire a contagiare nessun'altra specie selvatica, seppure all'inizio si sospettava che esistesse un collegamento diretto tra la diffusione del treponema nei wapiti e l'epidemia di dermatite digitale bovina, che si riscontra comunemente negli allevamenti bovini. «Essendo una malattia emergente nuova di zecca, non sappiamo quasi nulla e stiamo dunque cercando di approfondirne meglio quale sia stata la sua origine biologica e quali siano stati i suoi rapporti con gli altri agenti patogeni – ha sottolineato Wild – Stiamo così adottando un approccio su più fronti e conducendo un'ampia gamma di studi esplorativi con l'obiettivo di fare quanta più ricerca possibile per conoscere tutti gli impatti che questa malattia sta avendo sulle popolazioni di wapiti».
Gli esperti sono talmente impegnati a contrastare questa silente epidemia che stanno persino utilizzando diversi metodi statistici e la modellazione computerizzata del territorio per esaminare fattori ambientali come il tipo di suolo, l’umidità e la geografia che possano aiutare ad identificare i luoghi fisici in cui i wapiti hanno maggiori probabilità di contrarre la malattia.
Di certo però con il caldo gli effetti di questa malattia si fanno più devastanti, assicurano gli esperti, anche perché con l'aumento delle temperature il metabolismo dei batteri e delle loro vittime accelera, provocando più danni. Inoltre la morte di centinaia di wapiti nell'arco di alcuni anni porterà ovviamente il territorio a soffrire notevolmente della scomparsa di un importante componente della fauna, favorendo una destabilizzazione dell'ecosistema che si teme porterà gravi disagi ai predatori come alle altre specie di erbivori.