Tina vivrà e potrà continuare a stare con il suo adorato pet mate Gabriele Zanalda a Castelletto Sopra Ticino. Il TAR del Piemonte ha annullato il provvedimento di abbattimento della maialina vietnamita incrociata con un cinghiale da parte della Asl di Novara che ne chiedeva l’uccisione nell’ambito della strategia della prevenzione contro la peste suina africana. Una sentenza storica che farà giurisprudenza per tutti gli animali domestici diversi da cane e gatto.
«Ce l'abbiamo fatta ed è stata una vittoria piena, sono felicissimo – ha detto Zanalda – Tina sta bene è nel suo recinto e anche se non potrà tornare con i suoi amici cani, per le norme di biosicurezza, almeno adesso nessuno potrà dire più nulla, anche se credo che insisteranno a venire a vedere se c'è qualcosa che non va. Ormai lo so di essere un considerato un personaggio scomodo perché rompo le scatole su tante questioni che coinvolgono gli animali e, infatti, sono convinto che ci sia stato dell'accanimento in questa storia. Ma ciò che importa, ora, è che la sentenza del giudice ci abbia dato ragione perché questo significa, prima di tutto che Nina non verrà uccisa, secondo che il giudizio espresso sulla vicenda potrà essere un precedente e aiutare qualcun altro nella nostra situazione».
È il secondo verdetto a favore degli animali dopo quello del TAR del Lazio nel ricorso della Fattoria degli Ultimi del 10 ottobre 2022: «La decisione che dà contro a un servizio sanitario pubblico che, con inaccettabile crudeltà, ma anche superficialità, avrebbe voluto uccidere Tina – commenta a Kodami Alessandra Motta, presidente di Rifugio Miletta – è una vittoria memorabile, un altro importantissimo mattone nella costruzione di un mondo in cui ad ogni essere vivente senziente appartenga il diritto alla vita e alla libertà».
Una vittoria effettivamente su tutti i fronti, visto che nel suo giudizio il TAR non ha soltanto fermato l’abbattimento, ma ha anche condannato la ASL al pagamento delle spese processuali e alla restituzione del contributo unificato che Rifugio Miletta si era sobbarcata per ricorrere a un giudice a tutela della vita di Tina: «La soddisfazione è davvero molto grande e adesso la nostra speranza è quella di aprire un fronte per fare in modo che le amministrazioni sanitarie rivedano l’applicazione della normativa in tema di PSA (peste suina africana) e la gestione dei suini che vivono nei rifugi e con i privati cittadini. Un enorme grazie va all’avvocato Angelita Caruocciolo per la passione che ha dedicato a Tina. Ma grazie anche tutte le associazioni che hanno dato visibilità a Tina, alle quasi 160mila persone che hanno firmato la petizione che chiedeva di lasciarla vivere e a tutte le persone che le sono state virtualmente vicine in tutto questo periodo».
Una lunga storia finita bene, ma che ha lasciato appeso a un filo per quasi un anno sia il destino di Tina sia la speranza di Gabriele di poter continuare a vivere con quell’animale che aveva adottato quando aveva ancora pochi mesi, innamorandosene immediatamente non preoccupandosi per il fatto che si trattava di un incrocio con un cinghiale. Cosa che invece aveva fatto muovere l’Asl di Novara, quasi sicuramente su segnalazione di qualche vicino poco affabile, e dalla quale sarebbe incominciata un'odissea giudiziaria: il primo controllo ad agosto 2022, quando i servizi veterinari si presentano a casa dell’uomo, prescrivendogli di separare Tina dai cani con cui era cresciuta e di tenerla in un box a parte per ragioni di biosicurezza, nonostante avessero accertato che Tina era negativa al virus. Cosa che Gabriele aveva fatto il giorno seguente.
Nel 2023, il ritorno dei servizi veterinari per un secondo controllo durante il quale avevano riscontrato l’assenza di una doppia recinzione che, però, non era stata prescritta a Zanalda, il quale trovandosi perplesso davanti alla richiesta aveva chiesto del tempo per realizzarla. Tempo che non era stato concesso dall’Asl la quale aveva imposto l'immediato l’abbattimento di Tina senza ritirare il provvedimento nemmeno dopo aver verificato che la seconda recinzione era stata realizzata. Di lì l’arrivo al TAR, quindi alle varie sospensioni del provvedimento, fino alla sentenza finale dove i giudici hanno rigettato qualsiasi motivazione addotta dall’Asl condannandoli a pagare le spese processuali. Un modo ufficiale per dire che i servizi veterinari si sono sbagliati.