Migliaia di anni fa, poco prima del termine dell'era glaciale, la California era abitata da una fauna piuttosto variegata. Erano infatti presenti tigri dai denti a sciabola, bradipi giganti, bisonti e cammelli americani. Una fauna esotica che scomparì in seguito al propagarsi degli incendi 13.000 anni fa. Le fiamme infatti durarono diversi anni e cambiarono così tanto la struttura ecosistemica dell'ambiente che gran parte degli animali morì più per fame, che per colpa del calore.
Questa è la nuova teoria di alcuni studiosi americani che hanno tentato di risolvere un mistero che si tramanda di generazione in generazione all'interno delle aule accademiche americane. Da quando infatti, furono ritrovati nel 1826 diversi fossili appartenenti ai bisonti e alle tigri dai denti a sciabola presso il famoso sito di La Brea, vicino Los Angeles, i paleontologi di tutto il mondo hanno cercato di spiegare come mai in questo sito l'ecosistema sembra essere cambiato così radicalmente alla fine dell'epoca del Pleistocene.
Inoltre, un altro mistero collegato al ritrovamento di questi animali presso La Brea era il loro elevato numero. Si parla infatti di centinaia di specie fra mammiferi, uccelli, rettili, anfibi e pesci finiti in quella che doveva essere probabilmente una trappola naturale di bitume.
Nel nuovo importante studio pubblicato su Science, i ricercatori hanno utilizzato i fossili trovati all'interno delle pozze di catrame per cercare di risolvere i misteri connessi alla morte di questi animali. I risultati, che stanno facendo molto discutere in quanto prendono in considerazione gli incendi e l'uomo, dipingono un quadro sorprendentemente dettagliato che potrebbe rivelarsi quasi profetico sul futuro del nostro pianeta.
Come afferma uno degli autori della ricerca, Regan Dunn, paleobotanico a La Brea Tar Pits, lo scenario è abbastanza desolante e conferma ancora una volta come la comparsa dell'uomo sia stata causa di alcuni grandi eventi estintivi della storia della Terra. «Ciò che è accaduto nella California meridionale 13mila anni fa ha sorprendenti parallelismi con le crisi dell'ambiente e della biodiversità che stiamo affrontando oggi».
In pratica, quando i primi uomini giunsero negli attuali Stati Uniti, attraversando il Canada e lo Stretto di Bering grazie al ponte sull'oceano instauratosi con la calotta glaciale, portarono con sé alcune tecnologie fra cui la capacità di usare il fuoco per nutrirsi e scaldarsi. Dinnanzi a loro c'erano ampie praterie e foreste abitate da miliardi di mammiferi tra cui i bisonti di cui si nutrivano.
Quando le popolazioni umane raggiunsero la California, una terra in cui l'ecosistema era ciclicamente soggetto ad incendi che si propagavano ogni millecinquecento anni circa, queste si trovarono in un vero e proprio paradiso terrestre in cui potevano nutrirsi con estrema facilità. Ma a quanto pare la loro predazione in eccesso, insieme al riscaldamento climatico dell'ultima fase glaciale, sono stati causa della distruzione dell'habitat della California meridionale nell'arco di solo 200 anni.
Emily Lindsey, curatrice museologica presso La Brea Tar Pits e principale autrice senior dello studio, è stata chiara su quale tipologia di insegnamento possiamo trarre da questa sconcertante verità. «Gli esseri umani erano responsabili di questi incendi e gli incendi coincidono esattamente con la completa scomparsa della megafauna pleistocenica dall'ambiente – ha dichiarato – La nostra presenza negli Stati Uniti come in altre parti del mondo ha fatto da catalizzatore per l'estinzione delle grandi specie pleistoceniche. E la nostra principale arma non erano le lance e neppure le frecce: era il fuoco».
Cosa c'entra però il fuoco degli incendi con il grande ritrovamento di fossili all'interno delle pozze di catrame di La Brera? Anche perché, come confermano gli stessi ricercatori, molti dei reperti trovati in questo sito, fra cui circa 5 milioni di fossili provenienti da 3mila felidi preistorici, risalgono a migliaia di anni prima dell'arrivo dell'uomo in America.
Non bisogna infatti confondere i ritrovamenti risalenti al periodo precedente dei grandi incendi con quelli connessi alla grande estinzione pleistocenica. Le pozze di La Brea hanno svolto il loro "ruolo" di trappola naturale per migliaia di anni ed è per questo che è stato possibile scoprire degli animali risalenti a oltre 55 mila anni fa.
Gli strati superficiali delle pozze sono però davvero molto ricchi di fossili risalenti a 13.000 anni fa, tanto che non è possibile spiegare questa sovrabbondanza di ossa se non attraverso un evento catastrofico come continui incendi, che hanno forzatamente indotto gli animali a finire dentro il catrame.
L'arrivo dell'uomo ha provocato alcuni dei più grandi incendi nella storia del continente americano. Decine di migliaia di ettari furono distrutti dalle fiamme e gli animali furono costretti a migrare in massa, presi dal panico per l'incendio. Dopo il fuoco, la fauna americana si è trovata ad affrontare un nuovo tipo di predatore, una specie di scimmia dalla complessa organizzazione sociale e la capacità di costruire armi di pietra e legno: gli esseri umani.
Anno dopo anno la fauna della California meridionale è costretta a migrare verso la costa, dove alcune grandi pozze di catrame, all'epoca estesi per chilometri, separavano gli animali dal resto della prateria. Non c'è più nulla che tenga gli animali lontano dalla trappola: prede e predatori, adulti e cuccioli, si gettano nelle pozze per paura di finire carbonizzati tra le fiamme, andando comunque incontro alla morte.
La trappola bituminosa, infatti, scatta appena gli animali immergono le zampe nelle pozze: la superficie è troppo vischiosa e non permette agli animali più grossi di liberarsi dal catrame. Intanto nuovi animali, tra cui pachidermi, giungono alla riva, per scappare dalle fiamme o perché attratti dai lamenti degli altri animali. Ciò conduce molti esemplari a morire schiacciati nella calca, in particolare i cuccioli e gli animali di minore dimensione. Il fumo intanto copre interamente il cielo dell'attuale provincia di Los Angeles, che perderà gran parte delle sue coperture forestali, finché le fiamme non arrivano fino agli animali intrappolati e cosparsi di pece.
Uno scenario apocalittico, che sembra essere avvenuto più volte, finché l'uomo non ha eradicato gran parte delle specie presenti al suo arrivo in California, 8 generazioni umane prima.
Ovviamente non sappiamo se questi grandi incendi sono stati provocati volontariamente dall'uomo o se sono stati provocati accidentalmente, con qualche scintilla sfuggita di mano. Per quanto questo scenario possa però sembrare estremo, è l'unico a cui sono stati condotti i ricercatori, trovando delle tracce degli incendi all'interno del bitume e del fondale del lago Elsinore. Il cambiamento dell'ecosistema indotto dagli incendi provocati dall'uomo mutò così anche la tipologia di vegetazione presente in California, che divenne più bassa, più resistente agli incendi, ma anche paradossalmente più infiammabile.
Gran parte infatti delle specie attualmente presenti in California dispongono di sistemi difensivi contro le fiamme che sono presenti al livello delle radici. Tante specie inoltre attendono persino il loro arrivo, pur di liberare nell'ambiente dei nuovi semi. Un adattamento ecologico molto importante, che ci permette di comprendere quanto questo fenomeno da allora sia divenuto molto più frequente di un tempo, anche per colpa del recente surriscaldamento globale.
La fauna invece non ha avuto la stessa fortuna. L'antica comunità animale presente prima dell'arrivo dell'uomo fu completamente distrutta. Furono infatti pochissime le specie a sopravvivere a quel grande disastro e animali come le aquile calve, i coyote e il grizzly californiano (estinto poi nel 1880) arrivarono solo in seguito, per occupare le nicchie ecologiche lasciate incustodite dalle precedenti specie ormai scomparse.
«Questo documento fornisce un quadro preciso di come il cambiamento climatico e l'uomo possano trasformare completamente gli ecosistemi – ha affermato Jarmila Pittermann, fisiologa vegetale presso l'UC Santa Cruz che studia l'estinzione pleistocenica di La Brea da tanti anni – È molto convincente e risulta essere anche un enorme avvertimento per tutti noi».
Come infatti affermato anche da altri scienziati, le inquietanti somiglianze tra l'estinzione del tardo Pleistocene e le condizioni climatiche odierne nel West americano non si riducono solamente all'innalzamento delle temperature. Recentemente le fiamme sono divenute più frequenti e la vegetazione, a seguito della siccità prolungata, è divenuta più secca. La popolazione umana inoltre è in crescita e non riesce a limitare il suo consumo di risorse, che impoverisce ulteriormente la regione.
Gran parte dell'acqua che era stata liberata in California dallo scioglimento dei ghiacciai ora è dislocata all'interno delle metropoli e delle piscine private, tanto che alcuni geologi equiparano il quantitativo di acqua che è stata stipata dall'uomo con i volumi enormi dei ghiacci che impedivano nel tardo Pleistocene di avere molta acqua libera in superficie.
La differenza più netta tra allora e oggi, chiariscono i ricercatori, è che nel 2023 tutti i fattori che hanno portato all'estinzione dei grandi mammiferi sono più grandi e più veloci. Il clima si sta riscaldando infatti ad un ritmo esponenzialmente più elevato. Le temperature in California sono infatti aumentate di quasi 2 gradi centigradi solo negli ultimi 100 anni. E con le prospettive climatologiche attualmente accettate dagli scienziati, la situazione non può che peggiorare.
Un futuro incerto attende quindi la California come gran parte del resto del mondo. Le fiamme anche quest'estate stanno rovinando migliaia di ettari di vegetazione, fra gli Stati Uniti e il Canada. Non tutto però è perduto. A differenza infatti di quei primi uomini che giunsero in California, noi siamo maggiormente consapevoli dei problemi che stiamo arrecando alla natura, una condizione che ci permette di sviluppare in teoria delle strategie di pronto intervento, per limitare i danni e assicurare un futuro per noi stessi e per le specie attualmente a rischio di estinzione.