Il 2 ottobre è la Giornata internazionale della non-violenza, la cui data è stata scelta in onore del compleanno di Mahatma Gandhi, simbolo della resistenza non violenta per l'indipendenza dell'India dal dominio britannico. Gandhi ha poi ispirato, e ispira ancora tutt'oggi, diversi movimenti che hanno come manifesto il concetto di libertà e la rivendicazione dei diritti civili.
La giornata è stata istituita per la prima volta il 15 giugno 2007 dall'Assemblea generale delle Nazioni Unite con lo scopo di commemorare ogni anno il 2 ottobre “in modo appropriato e diffondere il messaggio della non violenza, anche attraverso l'educazione e la sensibilizzazione dell'opinione pubblica”.
La violenza, intesa come aggressione o danno fisico, non è presente solo nella nostra specie ma, al contrario, tantissimi animali si esibiscono in diversi tipi di violenza legati alla riproduzione o alla difesa di un territorio, del nido o della/e partner. Così come le radici della violenza possono essere scovate nel nostro lignaggio animale, allo stesso modo è possibile trovare anche le radici dell'altruismo e della cooperazione. Come si esprime quindi la violenza nelle specie non umane?
La violenza negli animali
L'aggressività e la violenza, così come anche l'altruismo e la cooperazione, vengono definiti, da un punto di vista scientifico, come tali prendendo in considerazione l'obiettivo e non l'intenzionalità dell'azione. In altre parole, un individuo è definito altruista se porta un beneficio a un altro pagando un costo per se stesso a prescindere dal se voleva essere intenzionalmente altruista o meno. Allo stesso modo, anche per la violenza vale una simile definizione, escludendo quindi l'intenzione che c'è dietro. Proprio per questo motivo, è meglio svuotare la parola violenza, almeno quando la applichiamo al mondo animale non umano, da giudizi o preconcetti che ci portano a definire un animale buono o cattivo.
I cervi (Cervus elaphus) maschi ad esempio, durante la stagione degli amori tra settembre e ottobre, danno vita a spettacolari esibizioni in cui emettono bramiti mentre le femmine girano loro intorno. Questi bramiti possono poi trasformarsi in vere e proprie minacce a distanza fino a sfociare in attacchi violenti in cui il vincitore guadagna l'ambito premio: l'harem di femmine. Gli scontri hanno quindi una motivazione riproduttiva importantissima in quanto ogni individuo vuole propagare i suoi propri geni. I palchi dei cervi si sono infatti evoluti, tra gli altri motivi, anche per combattere i rivali e queste battaglie danno anche un fondamentale vantaggio alle femmine. Queste avranno infatti la possibilità di accoppiarsi con il maschio migliore, il più forte, che è riuscito a sconfiggere gli altri pretendenti e che è dotato, presumibilmente, dei geni migliori da trasmettere alla propria prole.
Spesso, anche il vero e proprio accoppiamento e precedente corteggiamento è violento negli animali: le chiocciole ad esempio producono i cosiddetti "dardi d'amore", che di romantico hanno però davvero poco, costituiti da materiale calcareo o chitinoso e dalla forma di una freccia. Prima di accoppiarsi i due individui si sparano letteralmente i dardi affilati nel corpo, in una sorta di accoltellamento reciproco, che serve probabilmente a favorire il successo riproduttivo e stimolare la recettività agli spermatozoi che arriveranno dopo.
Uno dei comportamenti aggressivi invece più eclatanti, che alla nostra specie fa davvero drizzare i capelli, è l'infanticidio, ossia l'uccisione dei piccoli. Questo comportamento non è molto raro tra gli animali ed avviene generalmente quando il maschio dominante viene spodestato e, il nuovo capo, uccide i suoi figli per eliminare i geni del vecchio maschio alfa e far sì che le femmine tornino ricettive più velocemente. È un comportamento molto frequente ad esempio nei leoni (Panthera leo) e che accade perché le leonesse, una volta che hanno perso i propri cuccioli, entrano in estro nel giro di poco tempo, permettendo così l’accoppiamento con il nuovo capobranco.
La violenza nell'uomo e nei suoi parenti più stretti
Lo scimpanzé (Pan troglodytes), la specie più vicina all'uomo insieme al bonobo (Pan paniscus), non è conosciuta per essere particolarmente pacifica. Al contrario, si esibisce spesso in comportamenti aggressivi, soprattutto nei confronti degli estranei, ossia di quelli appartenenti a un'altra comunità. Gli scimpanzé sono infatti piuttosto territoriali e formano delle vere e proprie pattuglie che servono a controllare il territorio: se si accorgono della presenza di individui di un altro gruppo, gli scontri possono essere davvero molto aggressivi e portare anche alla morte.
I bonobo invece, nonostante la similarità fisica, morfologica e filogenetica con lo scimpanzé, utilizza generalmente delle strategie diverse per risolvere i conflitti. Il principale mezzo è il comportamento sessuale, anche definito socio-sessuale, in cui gli individui si cimentano per ridurre la tensione sociale e per stringere legami. I bonobo sono anche piuttosto tolleranti con gli sconosciuti, ma questo non vuol dire che sia totalmente assente la violenza.
L'uomo infine, che condivide ben il 98% dei geni con quello di queste due grandi scimmie, si pone, per così dire, un po' nel mezzo. Frans de Waal infatti, noto primatologo olandese, ha scritto in uno dei suoi testi: «È vero che lo scimpanzé è orientato verso la dominanza, è violento e territoriale. Ma è anche cooperativo in molti modi, e questo lato a volte viene dimenticato. Il bonobo è sensuale, sensibile, sessuale, pacificatore, ma può anche avere un lato cattivo, e questo a volte viene dimenticato. Entrambe le specie sono come una sorta di estremi dello spettro, e noi cadiamo da qualche parte nel mezzo. Chiaramente, abbiamo entrambi questi lati in noi, ed è per questo che a volte ci chiamo le scimmie bipolari».
I primati, che sono tra i mammiferi più aggressivi, trascorrono in realtà meno dell'1% del loro tempo a combattere tra loro, ma al contrario, la maggior parte della loro giornata è impegnata in comportamenti affiliativi. Le specie altamente sociali e territoriali hanno inoltre, rispetto alle altre, maggiori probabilità di uccidersi a vicenda e comportarsi in maniera aggressiva.
Nella nostra specie episodi di violenza, guerre, non accoglienza e xenofobia ce ne sono purtroppo a migliaia. Nonostante ciò e nonostante le motivazioni che ne stanno dietro, non legate in genere ad uno spirito di mera sopravvivenza, Steven Pinker, psicologo di Harvard, sostiene che siamo in realtà nell'epoca più pacifica della storia della nostra specie se la confrontiamo ad esempio con il medioevo. Il declino della violenza, secondo lo psicologo, è dovuto al trionfo del bello della nostra natura come l'empatia e la moralità sui nostri demoni interiori come la dominanza, la vendetta e l'ideologia.