Gli occhi della lince scintillano nel buio. Se il Parco Nazionale del Gran Paradiso non avesse posizionato una fototrappola, del suo passaggio nella notte buia e silenziosa ancora una volta non si sarebbe avuta traccia. Invece eccola lì, uno degli animali più elusivi del mondo, schiva, solitaria, predatrice, disposta alla compagnia solo nel periodo dell’accoppiamento. Sintetizza molto bene Bruno Bassano, direttore del Parco: «Da molto tempo inseguiamo questo fantasma di boschi e rocce, senza mai aver avuto certezza del suo passaggio».
Ora invece la certezza c’è: un meraviglioso esemplare di lince, Lynx lynx, è stato osservato nell’area protetta del parco nazionale più vecchio d'Italia, istituito il 3 dicembre del 1922, situato a cavallo delle regioni Valle d'Aosta e Piemonte, attorno all’omonimo massiccio montuoso. Nei giorni scorsi i guardiaparchi hanno confermato la segnalazione avvenuta grazie alla fototrappola. «Si tratta, con ogni probabilità, di un individuo in dispersione, alla ricerca di nuovi territori» e, per il momento, l’Ente Parco ha deciso di non rendere noto il luogo esatto dell’avvistamento per proseguire le verifiche sulla effettiva presenza ma anche per proteggerla da qualsiasi pericolo, primo fra tutti i bracconieri.
È la prima volta dagli anni 80 che una fotografia, seppur notturna, dà la certezza della sua presenza in questo territorio. Fino ad allora infatti gli avvistamenti o le segnalazioni di tracce della sua presenta non erano stati mai sostenuti da una prova fotografica. «L’ultimo dato di presenza certa della lince nel territorio del Parco risale al 1916, quando l’area protetta non era ancora stata istituita – comunica ancora ufficialmente il Parco. – Ai tempi della Riserva reale di Caccia, frequenti sono stati gli abbattimenti attuati dalle guardie che erano incentivate al prelievo di quello che era considerato un nemico dello Stambecco». In pratica quindi la certezza della loro presenza era data dagli abbattimenti resi necessari per difendere la presenza dello stambecco, preda favorita della lince.
La lince eurasiatica (Lynx lynx) è considerata il mammifero più raro nel panorama faunistico italiano e la sua presenza è a rischio. Sulle Alpi questa specie, caratterizzata da ciuffi di peli sulle orecchie, una lunghezza fino a 130 centimetri, con 20-25 centimetri di coda, si è estinta agli inizi del 900, a causa della persecuzione dell’uomo, e solo recentemente è ricomparsa in Italia, con esemplari che probabilmente provengono da Svizzera e Slovenia. La presenza di alcuni esemplari è data per certa. Un maschio in dispersione era stato osservato per la prima volta fa in Valle d'Aosta alla fine del 2022. Tra gli altri esemplari, distribuiti sulle Alpi dal Piemonte al Friuli-Venezia Giulia, un altro esemplare, molto anziano e di cui non si hanno tracce da parecchio tempo, era stato registrato in Trentino. Un terzo soggetto, invece, era stato segnalato in Provincia di Verbano Cusio Ossola.
Per rinforzare sia numericamente che geneticamente il nucleo italiano che, nonostante le piccole dimensioni, rappresenta un importante ponte tra le popolazioni orientali e quelle delle Alpi occidentali, nei boschi di Tarvisio, in Friuli-Venezia Giulia, sono poi state reintrodotte nell'ambito del progetto ULyCA2, cinque linci eurasiatiche provenienti dal Canton Jura (in Svizzera), dalla Romania e dai monti Dinarici della Croazia. In particolare la quinta e ultima lince di cui era prevista la reintroduzione nel territorio, è stata liberata a giugno di quest’anno. Ribattezzata Karlo, in onore del guardiacaccia che l'aveva catturata in Slovacchia nell'autunno del 2022, è stata protagonista di un percorso di riabilitazione avvenuto in Slovacchia, nello zoo di Bojnice, specializzato in questo tipo di recuperi.
Non aiuta, nel tentativo di individuare quelle ancora presenti, la caratteristica territorialità stretta degli adulti e la grande dimensione degli spazi vitali, che corrisponde a circa 200-300 km2 per ogni esemplare, che consente la presenza nell'intera area protetta di un massimo di due coppie di lince, la cui osservazione diventa un evento assolutamente eccezionale. «Si tratta di una specie iconica spesso dimenticata ma che, in base ai dati storici, era l’unico grande carnivoro presente sul massiccio del Gran Paradiso come descritto dagli zoologici della Commissione reale del Parco – aggiunge Bruno Bassano, direttore del Parco. – Questa segnalazione apre la possibilità che si possa, nel tempo, insediare nel Parco almeno una coppia riproduttiva di questa specie. Sarebbe un prezioso ritorno che riempirebbe un vuoto che dura da oltre un secolo».