«Il Governo si accanisce su natura e animali in un concentrato di concessioni pre-elettorali». È questa l'accusa mossa dalle maggiori associazioni di tutela animale e ambientale dopo l'approvazione del “decreto Agricoltura” voluto dal ministro Francesco Lollobrigida.
Le associazioni Enpa, Federazione Pro Natura, Lac, Lav, Legambiente, Lipu, Lndc Animal Protection, Oipa e Wwf Italia hanno denunciato le conseguenze negative che il testo avrà sulla tutela degli animali: «Si tratta dell’ennesimo provvedimento che contiene tutto e il contrario di tutto, in cui si sfruttano vere o presunte emergenze, non con l’obiettivo di risolverle ma solo per trasformarle in una scusa per elargire denaro pubblico e favori a vari settori. Non è un caso che il decreto sia stato pubblicato esattamente un mese prima delle elezioni europee».
Come accaduto con il “dl Asset”, il rischio concreto è che, in fase di conversione, il decreto venga ulteriormente infarcito di misure che ridurranno ancor di più il già debole sistema di tutele.
A preoccupare le associazioni è il trasferimento della competenza funzionale dei Carabinieri forestali dal Ministero dell’Ambiente a quello dell’Agricoltura: «un atto molto grave poiché certifica l’approccio ideologico, anacronistico e antiscientifico secondo cui l’essere umano deve dominare la natura, piegandola ai suoi poteri e ai suoi capricci. Da ciò deriva la teoria, tradotta purtroppo in atti concreti, secondo la quale non è necessario tutelare la natura, ma che la stessa debba essere gestita solo in funzione delle esigenze degli esseri umani». Contestato anche il passaggio della Soarda, la sezione dei Carabinieri specializzata in antibracconaggio, sotto il diretto controllo del Ministero di Lollobrigida.
Un approccio contrario alla riforma costituzionale che ha inserito animali e ambiente tra i principi fondamentali della Repubblica, ma coerente con le dichiarazioni fatte dal ministro in quota Fratelli d'Italia che nel gennaio 2023 durante il congresso Federparchi aveva detto di considerare «sbagliato guardare alle specie animali con sentimento», mentre recentemente è tornato a dire che «L’uomo è l’unico essere senziente, non ce ne sono altri».
Una riflessione a parte merita quanto stabilito in tema di contrasto alla Peste suina africana (Psa). Le associazioni evidenziano come il ricorso alle forze armate per sparare ai cinghiali sia «un’inutile e dannosa foglia di fico per tentare di nascondere un enorme fallimento politico e gestionale».
Governo e Parlamento hanno già nominato un Commissario speciale con ampi poteri, modificato la legge sulla caccia, creando piani straordinari di contenimento affidati ai cacciatori, mascherati da bioregolatori, eliminando il ruolo di supervisione scientifica di Ispra e di controllo delle forze di polizia. In questi anni sono state stanziate ingenti somme di denaro, e con la scusa del contenimento della fauna sono stati aumentati di ulteriori 500 mila euro annui i fondi pubblici regalati alle associazioni venatorie.
A queste risorse si sommano oggi ulteriori somme (oltre 3 milioni di euro complessivi) forniti alle forze armate, cioè a personale privo delle necessarie conoscenze di questa materia, piuttosto che rafforzare gli organici delle Polizie provinciali, organi deputati anche a questo genere di compiti, ormai paragonabili a una specie in via di estinzione. «Nonostante ciò la Psa avanza, arrivando nell’area del consorzio del Prosciutto di Parma e il Governo s’illude di combatterla con carri armati e aviazione – hanno fatto notare le associazioni – Preoccupante, infine, l’affidamento ai militari di specifici poteri di identificazione dei cittadini, derivati dalle leggi varate durante gli anni di piombo, nei confronti di chi, a loro insindacabile giudizio, ostacoli le attività di abbattimento degli animali».
«Ricordiamo al Governo – concludono le associazioni – che il vero rischio per la sicurezza e la salute pubblica non sono gli animalisti che esprimono il loro dissenso, ma le migliaia di privati cittadini armati non adeguatamente formati e autorizzati a sparare dappertutto, nonché il ricorso a pratiche scorrette di gestione degli animali selvatici come la braccata e la caccia con i richiami vivi, tra l’altro autentici veicoli per la diffusione di patologie».