Sonora sconfitta per i promotori dell’iniziativa che avrebbe dovuto portare la corrida tra i Patrimoni dell’Unesco. L’Organizzazione della nazioni Unite ha rigettato la richiesta avanzata dall’Ait, Asociacion Internacional del Tauromaquia di inserire le corride nel patrimonio immateriale dell’umanità.
Un'ottima notizia, nonostante la motivazione non riguardi una questione etica, cosa che sarebbe stata molto utile alla causa, ma un vizio tecnico formale dovuto al fatto che la richiesta era contenuta in una semplice lettera inviata alla direttrice generale dell’organismo Onu, Au rey Azoulay, senza essere corredata da un dossier o da motivazioni ragionate per avallare la candidatura.
La domanda perché la tauromachia entrasse in maniera urgente nella lista di “tesori” da salvaguardare era stata presentata due mesi fa dal presidente dell’Ait William Cardenas per essere dibattuta dal Comitato intergovernativo del Patrimonio culturale immateriale dell’Unesco. Ma quella mancata documentazione per avallare la candidatura, fortemente osteggiata da alcune associazioni riunite nella piattaforma “La Tortura No Es Cultura” (Ltnec) e da una campagna social contraddistinta dall’hashtag #NoTauromaquiaEnUnesco, è stata la fortuna di chi lotta da anni per interrompere questa tradizione, che altro non è che una barbarie nei confronti dei tori.
L’idea dell’uomo forte e coraggioso che sventola un telo rosso sfidando il toro, però, piace sempre e la corrida è ancora lontana dall’essere scalzata dal suo podio di tradizione popolare per essere finalmente percepita per quello che è realmente. Ma chi guarda spesso non sa cosa ci sia dietro e di quanta sofferenza subiscano i tori ancora prima di entrare nell’arena.
Il povero animale viene drogato e colpito ripetutamente sui reni, la trementina gli viene cosparsa sulle zampe per farlo muovere continuamente, la vista gli viene annebbiata con la vasellina e, infine, per fargli produrre quel tipico soffio dalle narici, in queste e in gola gli viene infilata della stoppia in modo da impedirgli di respirare.
La tortura non è finita, perché ancora prima di essere colpito da “picas” e “banderillas” il toro viene infilzato con degli aghi nelle carni quando la corrida non è ancora iniziata. Infine, la spada del matador trafigge il toro fino ai polmoni provocando gravi emorragie polmonari che soffocano l’animale. Il pubblico esulta per il torero vittorioso mentre al toro ancora vivo e agonizzante, gli vengono tagliate via la coda e le orecchie, per farne dei trofei. Alla fine, il toro viene macellato.
Davanti a questa realtà nasce spontaneo chiedersi come tutto ciò possa essere ritenuto uno spettacolo divertente, visto che "l’eroe" sembra più un assassino brutale che vince sull'animale solo perché lo ha reso debole torturandolo. Purtroppo, però, al di là del volere popolare, le feste taurine trovano l’appoggio del Governo e delle amministrazioni, perfino della chiesa. Ma fortunatamente, qualcuno che si ribella c'è, oltre le associazioni: il parlamento catalano nel 2010 ha approvato l’abolizione della corrida, ma ha dovuto lottare a lungo per diventare la prima regione a interrompere questa "tradizione" dopo ben sette secoli di combattimenti.