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13 Novembre 2021
17:00

La convivenza tra lupo e uomo migliora con collari GPS e recinti virtuali: il progetto in Veneto

A partire dal 2019 in Veneto è attivo un progetto che ha l'obiettivo di migliorare la convivenza degli uomini con il lupo, un animale che dal 2012 è tornato ad abitare le Alpi del Nord Est. La ricerca effettuata in questi anni in collaborazione con l'Università di Sassari ha utilizzato la telemetria satellitare, ovvero il controllo degli spostamenti degli animali radiocollarati, per avvisare gli allevatori del loro avvicinamento. Grazie a questo sistema, nell'89% dei casi, gli animali desistono.

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Lunedì 8 novembre si è svolto a Venezia il tavolo di partecipazione e informazione per la gestione del lupo e dei grandi carnivori, coordinato dall’Assessore all'Agricoltura, Caccia e Pesca della regione Veneto, Cristiano Corazzari. Durante l'incontro sono stati illustrati i risultati ottenuti dal progetto di gestione proattiva del lupo in Veneto attraverso l'utilizzo della telemetria satellitare, uno studio finanziato dalla Regione, che ha visto la collaborazione con il dipartimento di Medicina Veterinaria dell'Università di Sassari. «Grazie all'utilizzo dei collari GPS, attraverso la programmazione di  recinzioni virtuali e avvisi inviati via SMS agli allevatori, in caso di avvicinamento dei predatori, è possibile intervenire per proteggere i propri capi – spiega Duccio Berzi, uno dei coordinatori del progetto che da oltre 20 anni si occupa di convivenza con il lupo – Il progetto sarebbe dovuto finire il 31 dicembre di quest'anno, ma l'assessorato si è dimostrato interessato nel proseguire il lavoro e quindi nel prossimo periodo ragioneremo sugli obiettivi futuri».

Il contesto veneto: un ritorno poco apprezzato dagli allevatori

Dopo decenni di assenza sulle Alpi venete, nel 2012  le fototrappole del Corpo Forestale dello Stato ripresero per la prima volta Giulietta, la prima lupa a tornare in questo territorio. Di lì a poco avrebbe cominciato a condividere il territorio con Slavc, un maschio già radiocollarato, di origini slovene, arrivato anche lui in Veneto nello stesso periodo. Proprio dal loro incontro e successivo accoppiamento, nacquero i primi cuccioli della popolazione dell'Italia Nord orientale. Oggi, a meno di 10 anni di distanza, il numero di esemplari viene stimato in 16 branchi e nell'ultimo anno sono state registrate le prime presenze anche sui Colli Berici, in provincia di Vicenza e sui Colli Euganei, tra Padova e Rovigo.

Come spesso accade però, questo ritorno, sebbene sia una fenomeno di estrema importanza per l'ecosistema, non è stato accolto da tutti con piacere: l'atavica paura umana per la specie, la competizione con i cacciatori e il conflitto con produttori e i pastori, hanno complicato fin da subito la pacifica convivenza, richiedendo un impegno attivo per fare in modo che gli uomini e i grandi carnivori potessero condividere il territorio senza eccessivi conflitti.

La telemetria satellitare e gli obiettivi del progetto di gestione proattiva

A partire dal 2019, quindi, la Regione Veneto ha deciso di iniziare a gestire la convivenza con il lupo attraverso il progetto di gestione proattiva mediante telemetria satellitare, ovvero monitorando la posizione degli animali preventivamente radiocollarati, in modo da prevenire le predazioni nelle aziende agricole: «Quando l'animale si avvicina alla zona, il sistema manda un SMS a tutti i contatti inseriti nello strumento – spiega Duccio Berzi – A questo punto gli allevatori si recano all'aperto facendo rumore e inoltre si attiva un sistema di luci e suoni in grado di spaventare l'animale e dissuaderlo dalla predazione». Secondo i dati pubblicati nel comunicato stampa diffuso dalla Regione a seguito dell'incontro avvenuto a Venezia, questo metodo ha spinto, nell'89% dei casi, l'animale a desistere. 

Nell'ambito del progetto, la Regione ha collaborato anche con i cacciatori, i quali, segnalando i ritrovamenti di animali predati dai lupi, hanno permesso di aumentare le conoscenze riguardo l'impatto della presenza della specie sugli ungulati: «Attraverso le analisi effettuate su 273 animali, sono state evidenziate differenze significative tra i vari lupi in termini di dieta, capacità predatoria, selezione delle prede e utilizzo dei territori – si legge nel comunicato stampa –  Si tratta di dati mai raccolti in precedenza sulle Alpi, che permettono di ottenere un quadro più realistico dell’impatto oggettivo del lupo su selvatici e domestici, fondamentale per impostare politiche gestionali basate su dati scientifici e non su posizioni ideologiche precostituite».

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©Duccio Berzi

La storia di Sirio: «Favorire la diffidenza aiuta soprattutto per i lupi» 

Sirio è uno degli animali radiocallarati nell'ambito del progetto. Si tratta del maschio riproduttivo del Monte Grappa, in provincia di Vicenza e, durante l'estate insieme alla sua storica compagna Ivana, anche lei dotata di radiocollare, aveva preso l'abitudine di predare le pecore di un particolare allevamento, con l'obiettivo di nutrire i propri cuccioli.

Nel suo caso, l'utilizzo della dissuasione attraverso suoni e luci non è stato sufficiente e la Regione Veneto ha quindi deciso di inviare al Ministero della Transizione Ecologica e ad ISPRA una richiesta di intervento di dissuasione mediante l’uso di proiettili di gomma: una soluzione mai applicata in Italia prima di quel momento: «A partire da questo intervento, che è avvenuto a 25 metri di distanza e ha quindi solo causato uno spavento, attraverso le osservazioni possibili grazie al collare GPS, abbiamo rilevato un netto aumento dei chilometri percorsi quotidianamente dall'animale – afferma l'esperto – Questo ci permette di sapere che gode di ottima salute e che è tornato a nutrirsi di selvatici». Presso l'allevamento infatti, Sirio non si è più visto se non in lontananza, mentre si aggirava in maniera circospetta. «Possiamo dire che in questo caso abbiamo raggiunto il nostro obiettivo non solo per l'allevatore, che non subisce più perdite, ma anche e soprattutto per Sirio – conclude Berzi – Perché bisogna ricordare che favorire la diffidenza dei lupi è un intervento benefico anche e soprattutto per loro». 

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Claudia Negrisolo
Educatrice cinofila
Il mio habitat è la montagna. Sono nata in Alto Adige e già da bambina andavo nel bosco con il binocolo al collo per osservare silenziosamente i comportamenti degli animali selvatici. Ho vissuto tra le montagne della Svizzera, in Spagna e sulle Alpi Bavaresi, poi ho studiato etologia, sono diventata educatrice cinofila e ho trovato il mio posto in Trentino, sulle Dolomiti di Brenta. Ora scrivo di animali selvatici e domestici che vivono più o meno vicini agli esseri umani, con la speranza di sensibilizzare alla tutela di ogni vita che abita questo Pianeta.
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