L'urbanizzazione come fenomeno ha inciso moltissimo sulle abitudini degli animali. Alcuni non hanno saputo adattarsi e soffrono delle modifiche che l'uomo ha apportato ai loro habitat, altri hanno trovato il modo di sfruttare tali cambiamenti per trarne vantaggio. Uno di questo è il capovaccaio (Neophron percnopterus), uccello necrofago che ha introdotto nella sua alimentazione resti di cibo ritrovati nelle discariche. Un nuovo studio, i cui risultati sono stati pubblicati sulla rivista Movement Ecology, evidenzia che se le discariche urbane scompariranno alcuni uccelli in via di estinzione, come il capovaccaio stesso, avranno bisogno di trovare nuove alternative ai loro schemi di alimentazione per sopravvivere in futuro.
L'urbanizzazione ha dunque inciso molto sulle abitudini degli animali e basta guardarsi attorno per accorgersene. Un esempio lampante sono i gabbiani che si sono spostati nei centri urbani e che sono soliti cercare cibo nei cassonetti piuttosto che cacciare in mare. Il capovaccaio non è da meno: di solito si nutre di piccole carogne e animali morti trovati nelle campagne, in particolare resti di bestiame e fauna selvatica, ma ha imparato ad alimentarsi anche dai resti alimentari presenti nelle discariche.
E' una sorta di spazzino della natura, motivo per il quale è una specie indicatrice dello stato ambientale e aiuta ad eliminare i resti organici dagli ecosistemi. Purtroppo è un rapace minacciato in tutto il mondo, infatti è incluso nella Lista rossa dell'Unione internazionale per la conservazione della natura (IUCN) all'interno della sezione "in pericolo critico" (CR), ovvero la più alta delle classi di minaccia. Nella penisola iberica questa specie è in regressione da anni, ad eccezione di alcune zone come la Catalogna, dove si è registrato un progressivo aumento delle sue popolazioni. A causa della sua condizione, quindi, le sue popolazioni devono essere protette e tenute sott'occhio.
In questo contesto rientra il lavoro di un team di ricercatori che ha voluto valutare le potenziali conseguenze della chiusura delle discariche sui modelli di alimentazione del capovaccaio e in che modo i cambiamenti nella disponibilità delle risorse possono influenzare il comportamento degli uccelli in libertà. Questo poichè la futura direttiva europea sui rifiuti in discarica e il piano d'azione per l'economia circolare ridurranno il numero di sovvenzioni alimentari antropogeniche prevedibili (PAFS), soprattutto chiudendo le discariche per evitare effetti negativi sulla salute umana.
«Con il declino dell'allevamento estensivo di bestiame, il capovaccaio ha iniziato a utilizzare le discariche come luogo alternativo per procurarsi il cibo. Questa strategia ha avuto i suoi vantaggi, come avere cibo abbondante e prevedibile, ma ha anche avuto rischi, come l'assunzione di potenziali tossine e la scarsa acquisizione di vitamine naturali», ha spiegato la professoressa Joan Real, ricercatrice principale del progetto e membro del Dipartimento di biologia evolutiva, ecologia e scienze ambientali dell'UB. «Pertanto, gradualmente, e a seconda della zona, questa specie dipende dai rifiuti organici urbani.
Tuttavia, nel quadro della direttiva europea sui rifiuti in discarica e del piano d'azione per l'economia circolare, che mirano alla rimozione delle discariche e alla drastica riduzione della materia organica per evitare effetti negativi sulla salute umana, non si sa come queste misure possano colpire le specie in via di estinzione e, in particolare, il capovaccaio».
Per potersi fare un'idea, i ricercatori hanno dovuto studiare il comportamento di questa specie e per farlo hanno utilizzato trasmettitori GPS che gli hanno permesso di monitorare per tre anni di fila diversi esemplari senza perderli mai di vista. In questo modo hanno scoperto che vi sono delle differenze nell'alimentazione tra individui non riproduttori e riproduttori. «In particolare, gli individui riproduttori erano limitati a specifiche aree intorno ai loro nidi, sebbene potessero fare lunghi viaggi e sfruttare vaste risorse di bestiame e di discarica. Al contrario, i non riproduttori si sono spostati molto, ma la loro principale fonte di cibo era comunque limitata alle discariche», spiega la ricercatrice Catuxa Cerecedo-Iglesias (UB-IRBio), prima autrice dello studio.
E' evidente, quindi, che le discariche rappresentano una fonte di cibo praticamente essenziale per questi animali. Qualora queste venissero chiuse, i capovaccai utilizzerebbero le carcasse degli animali provenienti dagli allevamenti estensivi come principale fonte di cibo. Poichè stiamo parlando di una specie che deve essere tutelata in quanto in forte pericolo di estinzione, le future politiche ambientali dovrebbero, in conseguenza alla chiusura delle discariche, estendere le aree utilizzate da questi spazzini in cui le carcasse del bestiame possono rimanere allo stato brado. «Questa strategia non solo mitigherà la mancanza di cibo causata dalla chiusura delle discariche, ma contribuirà anche alla conservazione delle specie in via di estinzione e sarebbe un modo per conservare la pastorizia e la cultura pastorale», osservano gli autori. Tuttavia, in Catalogna, queste misure sono consentite solo in alcune regioni e da un'altitudine pari a 1.400 metri, «una situazione che lascia la stragrande maggioranza delle aree in cui i capovaccai sono distribuiti privi di cibo, quindi è fondamentale aumentare la superficie di questi aree a quote più basse e altre regioni».
Questa ricerca ci ricorda di quanto la natura e i suoi abitanti, nonostante tutte le modifiche che l'ambiente subisce per mano dell'uomo, siano capaci di adattarsi e di rinascere anche nei peggiori contesti. Allo stesso tempo, però, è bene avere un occhio di riguardo verso tutte le specie che sono costrette ad affrontare questi cambiamenti. Dobbiamo tenere a mente che una modifica che ai nostri occhi sembra minuscola e insignificante, per gli animali e le piante rappresenta un cambiamento del loro stile di vita e delle loro condizioni ecologiche. Per questo motivo dobbiamo stare attenti al numero e alla tipologia di "trasformazioni" attuiamo sull'ambiente.