La caccia con l'arco potrebbe essere arrivata in Europa 54.ooo anni fa tramite la migrazione della nostra specie dall'Africa e dal Vicino Oriente. Questo è il risultato a cui è giunta una equipe francese, composta da Laure Mets, Jason E. Lewis e Ludovic Slimak, che hanno recentemente pubblicato la loro scoperta sulla rivista Science Advances.
Per ottenere questo dato, i tre archeologi hanno analizzato alcune piccole punte di pietra e altri manufatti che furono ritrovati presso un sistema di grotte nel sud della Francia chiamato Grotte Mandrin. E per quanto per i tre studiosi non è stato ovviamente facile dimostrare che questi reperti fossero effettivamente usate con un arco, queste punte in pietra sono risultate fra le meglio conservate tra quelle ritrovate nel Sud della Francia.
Gli autori nel loro articolo spiegano inoltre che quando un archeologo si trova davanti ad un reperto che presumibilmente crede possa essere una freccia, deve trascorrere molto tempo, impiegato nello studio, affinché possa essere sicuro al 100% che quel reperto abbia un'origine umana. «La produzione di queste punte era tecnicamente complessa e focalizzata su diverse categorie: punte più grandi da 30 a 60 mm di lunghezza massima, punte microlitiche inferiori a 30 mm di lunghezza massima e talvolta piccole fino a 10 mm, definite da noi "nanopunte", prodotti tramite la frantumazione "core-on-flake" durante la realizzazione delle punta più grandi».
La complessità nell'analisi dei reperti scaturisce anche dal fatto che a differenza delle punta di pietra, il legno delle frecce e dell'arco, come l'eventuale uso di piumaggio decorativo, non sopravvive al trascorre del tempo.Ciò costringe gli archeologi a studiare dunque molto più approfonditamente le presunte punte, anche solo per verificare come fossero legate al legno delle frecce andato perso nel tempo.
«Infatti, gli archi intatti più antichi sono stati trovati nelle paludi del nord Europa e risalgono solamente a circa 11.000 anni fa» dichiara Laure Metz, chiarendo quanto sia la bassa probabilità di trovare un arco dotato di frecce ancora intatto più antico. Ovviamente, i tre scienziati chiariscono che le loro punte di freccia non sono le più antiche mai ritrovate. Sono altri gli studi che approfondiscono l'origine della caccia con l'arco, come l'articolo dello scorso ottobre realizzato da Marlize Lombard, che suggerisce come tale tecnica sia nata in Africa fra 80.000 e i 60.000 anni fa.
Gli autori dello studio su Science Advances tengono però a precisare l'importanza della loro scoperta europea. Nessun altra prova, infatti, suggerisce che differenti specie di Homo oltre la nostra – come i Neanderthal o i Denisoviani, già presenti in Europa a quel tempo – fossero in grado sul continente di produrre e lanciare frecce per abbattere una preda. Questi reperti dunque sarebbero unici, in quanto testimonianza diretta che solo i Sapiens erano in grado di realizzare questi strumenti, con un diretto ma non del tutto chiaro vantaggio selettivo nei confronti delle tecniche di caccia degli altri esseri umani, che usavano principalmente le lance.
Ma quanti reperti sono stati ritrovati all'interno delle Grotte Mandrin? Dal resoconto degli archeologi francesi, risulterebbe che durante gli scavi siano stati trovati e analizzati 852 manufatti in pietra conservati all'interno di uno strato di sedimenti. 196 di questi erano punte di pietra triangolari che presentavano tracce d'usura, identificabili come segni da impatto. Queste punte, dunque, furono utilizzate in svariate occasioni, tanto da risultare quasi smussate. Altre 15 punte, invece, mostravano segni di alterazioni causate secondo gli archeologi da frequenti attività di macellazione, come il taglio e lo sventramento delle prede per la pulizia delle viscere.
Per carpire quale fosse la differenza fra le punte smussate e quelle mai utilizzate, gli archeologi hanno effettuato delle repliche in pietra dei manufatti, applicandogli a ciascuna di essi dei danni in modo simile a quanto fatto sui reperti dai loro antichi possessori. Nuove prove comparative sarebbero poi giunte dall'uso di punte di freccia in pietra e osso utilizzate dai gruppi di cacciatori attuali.
Non tutte le punte, però, risultavano efficaci durante la caccia. Molte di quelle trovate presso le Grotte Mandrin avrebbero potuto infatti trafiggere le pelli degli animali solo se lanciate da archi molto potenti e solo se il cacciatore si trovava molto vicino al suo obiettivo.
Secondo altri studiosi, per esempio la stessa Lombard, i Sapiens avrebbero infatti poi appreso dai Neanderthal che la caccia con la lancia risultasse molto più efficace e conveniente rispetto alla caccia con l'arco durante l'era glaciale, poiché spesso le corde dell'arco potevano facilmente spezzarsi per via del freddo e l'inseguimento della preda trafitta da un'unica freccia – ovviamente più sottile di una lancia – non era efficiente dal punto di vista energetico e del tempo speso per individuare ciascuna singola preda. Bisogna però anche dire che a seguito della produzione dei primi calchi cerebrali dagli endocast dei Neanderthal, la stessa Lombard sospetta che i cervelli di quest'ultimi non potessero consentire ai nostri cugini di disporre delle stesse capacità visive e spaziali potenziate di noi H. sapiens.
«Abbiamo comunque dimostrato che le prime popolazioni di Homo sapiens conosciute e capaci di migrare nei territori di Neandertal avevano imparato l'uso dell'arco» ha concluso comunque Laure Mets, che ora vuole invece approfondire quali potessero essere le prede preferite sul territorio francese da questi cacciatori, avendo a disposizione tali frecce come tecnologia.