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20 Marzo 2023
13:25

La cacca può dirci di più sullo stato di salute degli scimpanzé occidentali

Dopo molti anni, uno studio sulle stime della popolazione occidentale di scimpanzé in Guinea è giunto al termine e tramite le moderne tecniche genetiche ha permesso di tranquillizzare momentaneamente i biologi della conservazione.

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Gli scimpanzé occidentali (Pan troglodytes verus) sono fra le specie più a rischio per colpa di molteplici fattori ambientali. Vivono infatti a contatto con l'essere umano che di tanto in tanto li caccia per venderne la carne e il loro habitat, quello della foresta equatoriale, si riduce sempre più per colpa della deforestazione intensiva e dell'estrazione massiccia di minerali. Inoltre, negli ultimi tempi gli scimpanzé sembrano inoltre aver subito un profondo calo demografico per colpa delle malattie. A tal proposito un nuovo studio sta cercando di quantificare i danni e di stimare l'attuale popolazione in un contesto geografico con un sistema innovati: l'analisi generica delle feci e altre tracce biologiche.

L'articolo che ne presenta i risultati è stato pubblicato sulla rivista open access Conservation Science and Practice e per raggiungere il loro scopo gli autori si sono concentrati soprattutto nel delineare lo stato di salute della popolazione campione dell'area delle montagne Nimba, in Guinea, tramite un sistema innovativo che prevedeva l'analisi genetica delle tracce biologiche rilasciate dagli animali nel territorio.

Kathelijne Koops, professore presso il Dipartimento di antropologia evolutiva dell'Università di Zurigo e leader del team che ha compiuto il lavoro sul campo, riferendosi proprio alle moderne tecnologie ha dichiarato che il loro uso è risultato fondamentale per monitorare la popolazione di scimpanzé e per valutare soprattutto il potenziale impatto dell'estrazione mineraria sulla specie: «Il nostro studio è infatti il primo a utilizzare la genetica su così vasta scala per stimare il numero e la struttura di una popolazione di scimpanzé in pericolo di estinzione nell'Africa occidentale».

Il risultato ottenuto sul campo da Koops e colleghi non a caso sarebbe stato impossibile da ottenere senza i progressi che hanno interessato l'ingegneria genetica negli ultimi venti anni. I ricercatori hanno infatti raccolto quasi mille campioni fecali di scimpanzé, relativi ad un arco di tempo estremamente lungo, ovvero oltre quindici anni di ricerca. I primi campionamenti di feci utilizzati dagli studiosi risalgono difatti al 2003 e l'ultimo campione prelevato in natura è datato al 2018.

«Abbiamo così raccolto un migliaio di campioni e su 663 sono stati analizzati specificatamente 26 DNA microsatelliti (ovvero sequenze di DNA non codificante costituiti da unità ripetute di basi molto corte utili per l'identificazione degli individui N.D.R.). Tramite essi abbiamo identificato circa 136 esemplari scimpanzé di quattro comunità differenti, con prove di eventi migratori, un alto livello di parentela condivisa e diversità genetica».

Ovviamente, specificano i ricercatori, il numero effettivo di scimpanzé nell'area probabilmente superava in modo significativo questa stima, in quanto i neonati e i giovani non possono essere inclusi in modo affidabile nel campionamento fecale e alcune aree delle catene montuose sono quasi sempre sottocampionate, per via della difficoltà di accesso. Inoltre, molti esemplari possono essere entrati e usciti nel corso degli anni all'interno della linea montuosa. Questa stima rende però comunque fiduciosi Koops e colleghi, poiché permette di osservare una popolazione più grande rispetto alle iniziali aspettative, risalenti ad un periodo storico, l'inizio degli anni 2000, in cui si era molto più pessimisti relativamente alla sopravvivenza di questa specie.

«Questi risultati evidenziano l'utilità del censimento genetico per il monitoraggio temporale delle scimmie, come di tanti altri animali, oltre a catturare eventi migratori e misurare la diversità genetica e la vitalità della popolazione nel tempo», ha dichiarato il coautore dell'articolo Peter Frandsen, che lavora presso lo zoo di Copenaghen come biologo. Tali metodi di monitoraggio in effetti hanno consentito varie volte negli ultimi mesi di fare previsioni di crescita e di decrescita delle popolazioni e nello specifico di capire come le attività di estrazione o di caccia influenzino negativamente il movimento degli animali all'interno delle foreste o della savana. Tanto che Koops consiglia ai futuri biologi che vorranno intraprendere una simile impresa di usare per le valutazioni il campionamento genetico, combinato con il fototrappolaggio: «Poiché questi metodi possono fornire solide linee di base per il biomonitoraggio e la gestione della conservazione e fanno risparmiare un enorme quantità di denaro e di temp nel momento in cui si passa in laboratorio per l'analisi».

Gli scienziati alla fine segnalano che seppur il lavoro compiuto dai conservazionisti abbia dipinto un quadro della salute della popolazione migliore rispetto a quel che ci aspettava, ad oggi gli scimpanzé occidentali permangono in pericolo critico. Questo studio però permette di dimostrare come sia divenuto possibile effettuare studi non invasivi sulla fauna, anche in contesti molto pericolosi e difficili come le foreste equatoriali della Guinea, che risultano essere, al netto delle minacce che essi nascondono, davvero meritevoli di far parte del patrimonio mondiale dell'UNESCO.

Sono laureato in Scienze Naturali e in Biologia e Biodiversità Ambientale, con due tesi su argomenti ornitologici. Sono un grande appassionato di escursionismo e di scienze e per questo ho deciso di frequentare un master in comunicazione scientifica. La scrittura è la mia più grande passione.
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