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3 Dicembre 2021
15:59

Juan Carrito di nuovo a Roccaraso: la passeggiata nella neve lascia senza fiato

L'ultima passeggiata cittadina dell'orso marsicano Juan Carrito nella neve di Roccaraso lascia senza fiato. Ma la frequenza con la quale quest'orso si avvicina alle comunità umane non va sottovalutata, ma risolta con una serie di iniziative che devono coinvolgere il parco dell'Abruzzo e le istituzioni locali.

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Juan Carrito, l'Orso bruno marsicano diventato la star del Parco dell'Abruzzo, del Lazio e del Molise, fin dal momento della sua nascita nella primavera del 2020, è un abitante della comunità appenninica che insiste sul territorio dell'Orso bruno marsicano. Con le sue visite frequenti nei piccoli centri e nelle grandi città abruzzesi, il giovane orso ha attirato su di sé una grande attenzione mediatica. Complice anche la sua ultima passeggiata nella neve a Roccaraso, ripresa da un giovane della zona. Ma oltre alla bellezza delle immagini, e al fascino che questa specie autoctona dell'Appenino italiano esercita su tutti noi, sono tanti nodi relativi alla sua gestione ancora da sciogliere.

Lo ha spiegato a Kodami Luciano Sammarone, direttore del Parco nazionale dell'Abruzzo del Lazio e del Molise. «Ora dobbiamo cogliere la sfida lanciata da Juan Carrito, non solo in quanto Ente Parco, ma in quanto comunità che condivide gli spazi con l'Orso bruno marsicano. La sfida parte dall'informazione della popolazione ma continua attraverso una serie di attività pratiche come la protezione delle risorse alimentari all'interno dei Paesi, dove pollai e frutteti sono spesso presi di mira».

«Proprio per fare fronte alle criticità stiamo lavorando con la Prefettura dell'Aquila a un documento rivolto soprattutto ai Comuni al di fuori del Parco – anticipa a Kodami il direttore Sammarone – Paradossalmente, le comunità del Parco sono le più tranquille, i problemi più grandi avvengono al di fuori, in territori che non sono pronti all'arrivo di questa specie e di un individuo come Juan Carrito».

Juan Carrito: simbolo del Parco

Juan Carrito è ormai il simbolo del Parco: le sue gesta, fino alla recente gita al chiaro di luna in una pasticceria di Roccaraso, sono ormai ben note. Il comportamento di Juan Carrito è molto differente rispetto a quello dei suoi simili e dei suoi stessi fratelli, come spiega il Direttore: «La maggior parte delle volte quando un orso si avvicina a una comunità umana non lo si nota neppure. Anche se cercano risorse alimentari avvicinandosi ai piccoli centri abitati, sono schivi e come tutte le specie selvatiche rifuggono il contatto con l'uomo». Non è così per Juan Carrito che invece ama spingersi molto vicino agli insediamenti umani: un "atteggiamento confidente", molto raro rispetto al tipica diffidenza della fauna selvatica.

C'erano già stati nella storia del Parco casi di individui con una diffidenza ridotta nei confronti degli esseri umani: negli anni Novanta fu celebre l'orsa Joga, assidua frequentatrice di Villetta Barrea, oppure Gemma, avvistata spesso sulla via di Bisegna. Poi Peppina e la stessa madre di Juan Carrito, Amarena, che fanno ancora visite sporadiche alle piccole comunità.

Il caso di Juan Carrito però è diverso da qualsiasi altro: «Nessuno ha mai avuto un comportamento così assiduo nei confronti delle comunità umane – sottolinea il Direttore – Tutti figli di Amarena sono stati esposti ai flash e alle attenzioni dei turisti. Il disturbo che si arreca agli animali in casi come questi spesso non viene neanche preso in considerazione. Tre dei membri della cucciolata non hanno avuto conseguenze comportamentali. Tuttavia spesso dimentichiamo che anche gli animali sono individui e questa prossimità con gli umani deve aver amplificato un tratto preesistente in Juan Carrito».

Ma quali sono i fattori scatenanti che possono avere spinto Juan Carrito così vicino a un centro molto frequentato dagli umani come Roccaraso? Le ipotesi sono tante e non possono essere ricondotte solo all'eccessiva confidenza accordata dall'orso agli umani. «Si tratta di un fenomeno complesso e multifattoriale perché riguarda anche le dinamiche sociali degli animali e il loro rapporto con l'habitat – chiarisce Sammarone – Sul territorio del Parco ci sono altri esemplari di orso marsicano, maschi e femmine che marginalizzano i più giovani, come Juan Carrito, e le femmine gravide. Le ricchezze alimentari arrivano solo in ultima istanza ai giovani che per questo si avvicinano ai centri abitati in cerca di cibo non conteso, ma anche di territori sicuri».

Il Parco ha dato quindi vita a una campagna di comunicazione sui social che, attraverso il caso straordinario di Juan Carrito, vuole spiegare agli utenti la complessità del mondo degli orsi marsicani. Molti dei post in cui si narrano le scorribande dell'orsetto sono però purtroppo corredati da commenti da parte di utenti che invitano a dargli da mangiare, impietositi dalla sua ricerca di cibo. Un atteggiamento che può minare per sempre la vita di Juan Carrito, oltre ad essere molto pericoloso per i cittadini stessi. Il rischio è che l'animale si avvicini con ancora maggiore frequenza e che diventi totalmente dipendente dalla comunità umana, tanto da non potersene più allontanare, pena la non sopravvivenza in natura. Un'ipotesi tutt'altro che lontana per un esemplare giovane come Juan Crarito.

juan carrito post

Rapporto uomo-orso: verso il rispetto reciproco

«Come Ente Parco ci siamo spesi moltissimo per educarlo a stare lontano dai centri abitati. Per un mese e mezzo sembrava che ci fossimo riusciti ma ora è tornato a girare assiduamente attorno a Roccaraso, dove trova molto cibo e, soprattutto, dove ha scoperto i cassonetti, cosa che non era avvenuta con altri esemplari confidenti – sottolinea Sammarone – Juan Carrito in realtà ha messo il dito nella piaga della gestione dei rifiuti della zona».

Il giovane orso, assecondando una sua naturale inclinazione, torna perché trova cibo in abbondanza, non perché ha fame: «È molto grande per un esemplare della sua età, pesa quasi il doppio rispetto ai suoi coetanei. È come un ragazzino, ma forte e potente». Una condizione fisica dovuta in parte proprio alle ricche cene nei cassonetti abruzzesi. L'abitudine però non può essere soppiantata da altre altrettanto dannose, come fare trovare all'animale il cibo di cui ha bisogno in zone lontane dagli umani. «È pericoloso fare passare il concetto che sia giusto alimentare la fauna selvatica. Con atteggiamenti del genere si va verso la domesticazione. Inoltre, se, sbagliando, si volesse attuare un progetto del genere, si ripeterebbe lo stesso schema che già spinge Juan Carrito a spostarsi vicino ai centri abitati: la presenza sul territorio, e quindi la competizione, con altri orsi interessati al cibo lasciato da noi».

I livelli sui quali devono intervenire sia il Parco che le istituzioni sono quindi numerosi e complessi: una più corretta gestione dei rifiuti, potenziamento delle strutture di protezione per le risorse alimentari, monitoraggio degli esemplari. Per finire con l'educazione dei cittadini: «Come Parco vogliamo insegnare la cultura della montagna. Ma talvolta sembra più facile convincere i pastori, che vivono di questo territorio, a smettere di frequentare gli habitat degli animali selvatici, piuttosto che scoraggiare i turisti ad avvicinarsi».

Ora la speranza è che andando in letargo Juan Carrito si svegli «con un'altra testa», scherza il direttore. In realtà Juan Carrito è la spia di un problema più ampio che ha a che fare con l'opera di ripopolamento dell'Orso bruno marsicano intrapresa nel territorio appenninico. «Il fatto che gli animali stiano colonizzando aree diverse da quelle tradizionali può essere sintomo di una popolazione che sta crescendo. Nell'ultimo anno abbiamo stimato diverse nuove nascite di Orso marsicano, anche parti plurigemellari. Ma si tratta di stime che dovranno essere confermate dal prossimo monitoraggio su base genetica in programma per il 2023. Certo è che la frequenza di avvistamento di questa specie è in crescita anche nel Parco della Majella, del Monte Genzano, a est del Parco dell'Abruzzo, e ci dà una prima idea di come gli animali girino sul territorio».

«Infine, proprio il complesso rapporto tra esseri umani e fauna selvatica a doverci insegnare il rispetto della natura. Casi come quello di Juan Carrito ci mettono davanti a nuove criticità, che andremo ad affrontare rendendo tutto a misura d'orso», conclude il Direttore.

Giornalista per formazione e attivista per indole. Lavoro da sempre nella comunicazione digitale con incursioni nel mondo della carta stampata, dove mi sono occupata regolarmente di salute ambientale e innovazione. Leggo molto, possibilmente all’aria aperta, e appena posso mi cimento in percorsi di trekking nella natura. Nella filosofia di Kodami ho ritrovato i miei valori e un approccio consapevole ma agile ai problemi del mondo.
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