Immortalato da una fototrappola nei boschi dell’Appennino ligure, in provincia di Genova, mentre guida un piccolo branco tra gli alberi: diventa ufficiale la presenza di un raro lupo dal manto nero in Liguria, ribattezzato e conosciuto da esperti e appassionati “Joe Black”.
Il lupo è stato avvistato in diverse zone dell’entroterra ligure, nelle vallate della provincia di Genova dove è ormai da tempo accertata la presenza dei lupi. Il fotografo naturalista Andrea Passadore ha condiviso su YouTube il video in cui Joe Black è alla testa del piccolo branco, tra cui spicca anche un esemplare apparentemente ferito a una zampa, e numerose altre testimonianze sono arrivate dal primo "avvistatore", Ugo De Cresi, anche lui fotografo naturalista e coordinatore della pagina Zampe Libere, dedicata agli avvistamenti della fauna selvatica.
Gli avvistamenti del lupo nero in Liguria
De Cresi ha confermato di essere sulle tracce di Joe Black da diverso tempo e di averlo visto adottare diverse tipologie di comportamento, alcune atipiche. Come per esempio l’aggregazione a diversi branchi nel giro di poche settimane: «In tanti anni non ho mai avuto a che fare con un lupo dal carattere così eclettico, guascone e spavaldo – racconta il fotografo – Arrivato non si sa da dove con precisione, prima di Natale ha cominciato a scorrazzare alternando periodi da single ad associazioni non con uno ma con più branchi. Durante la super aggregazione del branco di 11 elementi di Montoggio lui è rimasto per i fatti suoi pendolando tra il Passo dei Giovi e Ronco Scrivia. Prima di Natale era associato al branco dei 4, ma non li ha convinti a tentare un attacco a una azienda tra la Gola di Sisa e Davagna e alla fine è andato da solo».
Il fotografo racconta di essere riuscito a tracciare gli spostamenti di Joe Black, ferito a una zampa, verso la zona del Brugneto e la Valtrebbia, dove pensava di averlo perso. L’8 gennaio scorso, invece, ha ricevuto una segnalazione sulla presenza del lupo nero a Crocefieschi: «Tempo 3 giorni e si accasa al secondo branco, come faccia a farsi accettare da più nuclei è un mistero – racconta De Cresi – Lo fototrappolano tutti. Alla testa del branco coordina una predazione in Valbrevenna. Siamo al 14/15/16 gennaio e piovono foto, video e segnalazioni del lupo nero. Tutti si affrettano a monitorare la zona della Valbrevenna, Valpentemina in attesa di fotografare la star dell'appenino ligure, ma non sanno che ogni lupo che è passato in ValPentemina è stato malamente scacciato da un alpha che non accetta compromessi».
Alla fine Joe Black è stato immortalato poco distante, nel territorio del Comune di Mignanego, da una fototrappola installata praticamente sul ciglio della strada: «Siamo in zona rossa, non posso entrare nel bosco», ricorda De Cresi, con riferimento al provvedimento entrato in vigore a fine gennaio per contenere i casi di peste suina tra i cinghiali, un’ordinanza che blinda gran parte dei boschi dell’entroterra genovese consentendo l’accesso soltanto alle strade asfaltate. Con conseguenze, oltre che gli animali (è stato disposto l’abbattimento di cinghiali e maiali allevati nella zona rossa, che coinvolge anche il Piemonte) anche per l’osservazione e lo studio della fauna selvatica.
De Cresi, con Zampe Libere, aveva infatti creato una rete di fototrappole – 270 – dislocate tra il Piacentino e la Valtrebbia, in parte della Valborbera, nel basso Piemonte, in parte dell’Ovadese e in Vallescrivia. Obiettivo, monitorare non solo i lupi ma anche l’eventuale presenza dello sciacallo dorato, di cui si stima sia in crescita la popolazione lungo l’Appennino. L’ordinanza per il contenimento della peste suina ha bloccato un lavoro che, a metà novembre, aveva consentito al gruppo di rilevare «un incremento di attività predatoria del lupo su cinghiale, ma non connettibile alla peste suina africana per quanto in epoca successiva ci è stata fornita testimonianza di due carcasse rinvenute con origine di decesso anomala, una in Valborbera ed una nel comune di Savignone – spiega il fotografo naturalista –
Alla notizia del cinghiale morto per peste suina africana in Tagliolo Monferrato e ai successivi ritrovamenti di Isola del Cantone abbiamo notato che l’area della zona infetta era sovrapponibile all’area di ricerca che stavamo effettuando sullo sciacallo».
Può un lupo aggregarsi a più branchi?
Il comportamento anomalo osservato dal fotografo naturalista non convince, però, l'esperto Marco Antonelli, che ha commentato sulla nostra pagina Facebook e che abbiamo contattato per sentire il suo parere: «I lupi non si uniscono temporaneamente a più branchi. I gruppi altro non sono che nuclei familiari (come avevamo già spiegato in un pezzo sul mito dell'alfa, ndr). Quando i giovani lasciano il proprio nucleo familiare vanno in cerca di territori liberi e di un partner con cui formare una nuova coppia e dar vita a un nuovo branco. Certamente non stava facendo aggregazione multipla con diversi branchi».
Nel caso dovesse capitarvi di imbattervi in lupo, in ogni caso, niente panico, basta seguire poche semplici regole. In queste situazioni non bisogna mai avvicinarli, richiamarli e soprattutto dargli da mangiare. Basta restare lontani, in silenzio ed evitando di lasciare eventuali animali domestici liberi, per il bene delle fauna stessa, degli animali da compagnia e per salvaguardare la biodiversità.
I lupi e il ruolo fondamentale nella gestione della peste suina africana
Il 14 gennaio, alla luce del divieto di frequentazione dei boschi, il gruppo ha quindi smontato le fototrappole mantenendo soltanto quelle nelle aree private interne recintate e nei pressi delle abitazioni. I dati raccolti però sono andati a supporto delle numerose teorie che identificano nel lupo un predatore indispensabile per la sopravvivenza degli ecosistemi e per gestire situazioni di emergenza come l’epidemia di peste suina. Che, va ricordato, si trasmette soltanto tra i suidi, non all’uomo né ad altri animali.
La stessa Ispra ha ricordato che il lupo «potrebbe contribuire a limitare la circolazione della peste suina africana sia predando di preferenza gli individui malati, sia consumando le carcasse infette. Recenti studi effettuati in aree infette della Polonia, hanno verificato l’assenza totale del virus nelle feci di lupo, dimostrando che il passaggio nel tratto intestinale ne provoca la degradazione completa. Inoltre gli enzimi presenti nella saliva danneggiano la superficie esterna del virus limitandone l’infettività».
«La raccolta dati ha confermato nel paragone tra il trimestre ottobre/novembre/dicembre 2020 ed il trimestre ottobre/novembre/dicembre 2021 un aumento dei cinghiali predati da lupi del 30,2% – conferma De Cresi – La nostra ipotesi basata sugli studi dei paesi europei che hanno già affrontato l’epidemia di peste suina africana è che laddove è presente una popolazione di lupi il virus circola meno sia perché si interrompe la catena di contagio sia per la meccanica rimozione delle carcasse completata dai noti meccanismi di pulitura successiva da parte di rapaci, mustelidi, altri canidi e così via».
Il melanismo nel mondo animale e il problema degli ibridi
Un lupo come Joe Black è definito scientificamente "lupo melanico", un lupo cioè con melanismo, un eccesso di pigmentazione nera o quasi nera di pelle, piume o peli. È una condizione opposta all'albinismo, che è invece una mancanza di pigmentazione, e si trova con frequenza nel mondo animale.
Nei grandi felini, in particolare, il melanismo è una condizione riscontrata spesso, tra giaguari e leopardi in particolare (le cosiddette pantere nere). Si è in presenza di melanismo davanti ai gatti neri, e sono stati registrati anche casi di volpi e scoiattoli. Anche nei lupi il melanismo non è raro, visto che si tratta della variazione più comune del lupo grigio, anche se avvistare lupi con il manto nero è più frequente negli Stati Uniti.
Nei lupi appenninici, invece, il melanismo deriva da una mutazione genetica ereditata dall'incrocio più o meno recente col cane. Come abbiamo più volte spiegato tra le pagine di Kodami, l'ibridazione col cane rappresenta una grave minaccia per la conservazione del lupo. L'ibridazione compromette l'integrità genetica del lupo e questo, a lungo andare, potrebbe modificare irrimediabilmente il percorso evolutivo di questa specie facendoci perdere un prezioso e unico endemismo italiano.