The Swiftest, una start-up americana che si occupa di assicurazioni di viaggio, ha pubblicato la classifica dei 51 paesi più dog friendly del mondo. A sorpresa, la prima qualificata è risultata essere l'Italia, ma per comprendere il valore del traguardo ottenuto è indispensabile analizzare i parametri presi in considerazione da chi ha creato il report e, soprattutto, le fonti da cui sono stati ricavati i dati.
Gli 8 parametri della ricerca
Per stilare questa classifica, The Swiftest ha analizzato 8 diversi fattori. Tra questi, il primo parametro osservato è dato dal risultato ottenuto dai singoli paesi nell'Animal Protection Index (API), il report prodotto dall'associazione internazionale World Animal Protection. Anche il secondo fattore, relativo alla tutela degli animali da compagnia, ha come fonte lo stesso studio, mentre il terzo parametro, in cui l'Italia è risultata una fuoriclasse, è il numero di hotel e strutture ricettive (per milione di abitanti) considerate pet friendly.
Questo elemento, è stato calcolato utilizzando semplicemente lo strumento di ricerca online Google hotels, il quale permette di selezionare le proprie necessità – come ad esempio l'accoglienza di animali da compagnia – e individuare alberghi, bed and breakfast e altri alloggi presenti sul territorio.
Il quarto parametro riguarda il numero di veterinari per milione di abitanti, il quinto analizza le normative di benessere animale (fonte API), il sesto riporta il riconoscimento dei diritti animali e gli ultimi due riportano, invece, la possibilità – o meno – di contrarre la rabbia e il consumo di carne di cane all'interno dei confini nazionali.
I risultati a confronto: l'Italia vince perché ha un numero elevato di alberghi
Osservando le prime nazioni classificate, salta subito all'occhio che è stato il punteggio ottenuto nell'ambito delle strutture ricettive (525) a permettere all'Italia di eccellere nella classifica generale. Togliendo questo fattore, infatti, non solo uscirebbe dal podio, ma finirebbe addirittura quinta, sotto la Germania.
Ciò che non è stato considerato, però, è il fatto che, secondo i dati Istat del 2022, l'Italia, che ha 59 milioni di abitanti, ha 5,2 milioni di posti letto destinati al turismo, i quali, secondo uno studio condotto dall'Istituto di Ricerca "Statista", si suddividono in 227.000 strutture. Prendendo, ad esempio la Germania, si nota subito che i numeri sono differenti perché, sempre secondo "Statista", ha solo 12.800 strutture ricettive su oltre 80 milioni di abitanti.
Secondo l'Istat, inoltre, nel 2020 in Italia vi erano 86,4 posti letto – destinati al settore turistico – ogni mille abitanti, a fronte di una media europea di 62,4. In pratica, il numero di strutture ricettive dog friendly risultato nel report di The Swiftest ha fortemente favorito il risultato dell'Italia, determinato quindi dal fatto che il nostro è un paese estremamente legato al settore del turismo.
I veterinari per milione di abitanti e le leggi sulla tutela degli animali
Per quanto riguarda il numero di veterinari per milione di abitante, l'Italia ne risulta avere 53,5, mentre la Nuova Zelanda, seconda qualificata, ne ha addirittura 115,6, l'Australia 91,3 e la Francia 77,1.
Un ulteriore risultato interessante è quello della legislazione volta a proteggere gli animali domestici, ovvero il parametro numero 2, il quale è stato valutato con una votazione da "A" a "G". I primi 3 paesi in classifica hanno ottenuto solo una "D", mentre sono solo 4 paesi hanno ricevuto una "B".
L'Austria, ad esempio, nei primi parametri ha ottenuto due "B" (come Inghilterra e Svezia), ma risulta nona perché ha un numero basso di veterinari e poche strutture pet friendly.
Uscendo dall'Europa, invece, l'Australia si qualifica sesta sebbene ottenga due "D" nei primi parametri. Non eccelle nemmeno nelle strutture di accoglienza (92), ma ha un punteggio molto alto nell'ambito del numero di veterinari per abitanti (91.3). Anche in questo caso il numero è piuttosto controverso, perché Veterinariansguide, il sito da cui provengono i dati, non suddivide i professionisti che si occupano di animali domestici, rispetto agli esperti di animali selvatici o di animali da fattoria.
Lo strano caso del video che ha portato la Svizzera in quattordicesima posizione
Scorrendo la classifica fino al 14 posto, si nota inoltre una presenza curiosa, ovvero la Svizzera. Il paese alpino, infatti, ottiene due "B" nei primi due parametri, è seconda in classifica in ambito di strutture pet friendly, e supera l'Italia in fatto di numero di veterinari per milione di abitanti.
A trascinarla così in basso è solo l'ultimo fattore, ovvero quello riguardante il consumo di carne di cane. Ciò accade perché The Swiftest è caduta nella trappola di una bufala che circolava in rete alcuni anni fa, secondo la quale in Svizzera la carne di cane rappresenterebbe una tradizione culinaria ancora molto diffusa.
La questione del consumo di carne di Cane in Svizzera, però, è determinata dallo spot di una campagna pubblicitaria realizzata da un'agenzia tedesca per conto di Swissweg, Vegetarierbund Deutschland (Vebu) e Beyond Carnism, 3 associazioni vegetariane e anti speciste.
Il video in questione mostra le abitudini di "La table Suisse" un ristorante completamente inventato, all'interno del quale lavora un finto chef/attore a cui è possibile ordinare cani e gatti, a patto di adottarli prima di farli cucinare. Questo spot aveva però uno scopo completamente diverso, ovvero quello di portare alla riflessione sul fatto che in Svizzera, mentre il consumo di cani e gatti genera clamore, vitelli e polli vengono consumati, allevati ed uccisi quotidianamente.
Per incontrare altri paesi in cui cani e gatti rappresentano alimenti consumati regolarmente, bisogna scendere fino al quarantesimo posto della Corea del Sud, il quarantatreesimo delle Filippine, fino a incontrare anche la Nigeria (45), l'Indonesia (46), la Cina (50) e il Vietnam, fanalino di coda in cinquantunesima posizione.
In conclusione, nonostante le evidenti lacune del report pubblicato dalla start up americana, ammesse anche all'interno della stessa ricerca, nelle ultime righe si legge un'analisi interessante: «Con l'intento di ottenere informazioni attendibili, durante il nostro lavoro abbiamo scoperto che in molti paesi mancano le risorse o l'interesse nel tracciare problemi specifici degli animali. Questo fattore ha limitato fortemente la nostra capacità di raccolta dei dati».