Silvio Berlusconi è l'animale politico per eccellenza: lui, più di ogni altro, ha contribuito a plasmare l'Italia nella quale viviamo oggi. Lo ha fatto in maniera spregiudicata per quasi un trentennio diventando la figura centrale del bestiario politico della nostra storia recente, dalla discesa in campo del 1994 fino alla lenta agonia del suo partito, Forza Italia, iniziata dopo le dimissioni del 2011, e terminata con la sua morte il 12 giugno 2023.
Una storia che oggi viene celebrata dalla premier Giorgia Meloni con i funerali di Stato nel Duomo di Milano. Le esequie inizieranno alle ore 15 alla presenza della squadra dei ministri, della famiglia e dei tanti collaboratori arrivati all'ombra della Madonnina. Tra loro c'è Michela Vittoria Brambilla, ex forzista, che in una nota ha ricordato il Berlusconi animalista che «amava profondamente la vita e rispettava tutti gli esseri viventi, perché, oltre e al di sopra di ogni altra caratteristica, era un uomo buono. Citava con convinzione la frase di Totò: "Gli animali sono metà angeli e metà bambini". E ne ha salvati tanti, di animali"».
Su questo, come per altri temi, Berlusconi è stato bravo a parlare alla pancia del paese annunciando azioni che il più delle volte si sono risolte in nulla di fatto. Proprio per questa sua istintualità nella comunicazione è stato spesso associato in prima persona a numerosi animali. Vediamo i più rappresentativi per capirne la storia.
Sono il Caimano
«Io sono il caimano», è così che Berlusconi si è presentato al pubblico durante la tappa napoletana della campagna elettorale del 2006. Il riferimento è al film del regista Nanni Moretti, distribuito in concomitanza con le elezioni politiche di quell'anno.
I caimani sono coccodrilli di medie dimensioni originari dell'America Latina che nonostante la stazza esigua sono temuti per la loro aggressività e territorialità. Come avviene per ogni rettile, anche i caimani scontano lo stigma di essere inaffidabili e imprevedibili, questo perché mammiferi come noi hanno difficoltà a interpretare espressioni e linguaggio non verbale di questa specie.
I caimani restano appostati in acque limacciose fino a quando le loro prede non sono nelle immediate vicinanze, per ghermirle con il minimo sforzo. Questa tattica predatoria, volta a sfruttare la distrazione degli altri più che la propria abilità, è anche una chiave di lettura per capire il Berlusconi interpretato da Silvio Orlando nel film vincitore di 6 David di Donatello. Il riferimento all'animale è sottile, ma nella scelta dell'ambientazione hanno un ruolo importante gli specchi d'acqua chiusi, non a caso sono diverse le scene cult ambientate proprio nella piscina dello spregiudicato politico.
"Il Caimano" racconta la storia di Bruno Bonomo, un regista caduto in disgrazia che per risollevarsi accetta di realizzare una pellicola sulla vita di Berlusconi e della sua contrapposizione con la magistratura. Moretti dà voce a una Sinistra martoriata da due Governi Berlusconi: nell'ultima scena del film si vede il Cavaliere mentre, ormai all'angolo, viene condannato a sette anni di carcere. Un funerale politico e metaforico che nella realtà si è realizzato, parzialmente, solo anni dopo.
Berlusconi infatti nel 2013 ha ricevuto la sua unica condanna definitiva, per frode fiscale, nel processo Mediaset, a seguito della quale decadde da parlamentare. Ha dovuto attendere il 2022 per ricandidarsi, e venire eletto nuovamente in Senato. Nel frattempo, però, molti dei suoi fedelissimi come Maria Stella Gelmini e Giovanni Toti hanno scelto di entrare nelle nuove formazioni centriste Azione e Coraggio Italia, decretando l'inizio della fine dell'era forzista, che oggi si compie definitivamente.
Il Berlusconi degli anni Duemila, piuttosto che offendersi, fa suo il soprannome di caimano. Non poteva essere altrimenti: i media rappresentano il catalizzatore del berlusconismo, nel bene e nel male. E lo fa nonostante la sconfitta elettorale del 2006 fosse stata imputata da alcuni rappresentanti della sua coalizione proprio alla campagna mediatica avversa del film di Moretti. Quell'anno la coalizione di Centrosinistra di Romano Prodi riesce a vincere le elezioni per una manciata di voti.
Smacchiamo il Giaguaro
«Smacchiamo il giaguaro», è uno dei modi di dire resi celebri da Pier Luigi Bersani, segretario del Partito Democratico dal 2009 al 2013. Una decade fondamentale che lo pone in contrapposizione con Berlusconi, che è proprio il felino da battere: veloce, capace di mimetizzarsi e imprendibile.
Così, il Cavaliere doveva apparire ai vertici del Pd nel 2013 quando Bersani su La7 sbottò: «Dobbiamo smacchiare il giaguaro. O lo smacchiamo noi o non lo smacchia nessuno». Un appello agli elettori per chiedere non di fare vincere la Sinistra, ma di impedire un'ennesima vittoria del berlusconismo.
In realtà, l'animale in sé a poco ha che fare con la metafora bersaniana. Il giaguaro infatti è un felino originario delle Americhe, noto per il suo mantello caratterizzato da macchie circolari che racchiudono uno o più punti neri. Oggi sappiamo che questa specie è a rischio di estinzione, ne restano solo 160mila individui nel mondo. I giaguari sono minacciati dalla frammentazione del loro habitat e dal bracconaggio da parte della nostra specie, tanto da diventare il simbolo di una delle campagne visivamente più forti di Greenpeace contro il commerci di soia.
In realtà, anche Berlusconi era a rischio d'estinzione già nella tornata elettorale del 2013: quell'anno infatti segna la consacrazione del Movimento 5 Stelle, allora capeggiato da Beppe Grillo. Similmente a quanto aveva fatto lo stesso Berlusconi nel '94, anche il M5s si pone come forza antisistema, e porta all'apice il populismo di cui era stato precursore.
Questo però è un dato ignoto sia all'imprenditore prestato alla politica che alle forze di Centrosinistra, che giocano ancora una battaglia seguendo le regole del bipolarismo Destra-Sinistra. In quei mesi, l'obiettivo di Bersani era tutto volto a scardinare il sistema di valori su cui Berlusconi fondava la sua dialettica. Il segretario Pd lo fa cercando di sfruttare la popolarità mediatica regalatagli dall'imitazione che Maurizio Crozza fa dei suoi iconici modi di dire.
Il piacentino si racconta come un uomo partito dal basso, attivista politico proveniente dal Partito Comunista, verace piacentino che non risparmia perle di saggezza popolare, come, appunto, «Smacchiamo il giaguaro», ripreso e fatto diventare popolare proprio da Crozza.
L'impresa, però, non riesce. Nella foresta del giaguaro erano già entrate nuove specie pronte a ritagliarsi un posto rilevante nella catena alimentare.
Quale Delfino?
Non ci sarà nessun delfino a raccogliere l'eredità politica di Berlusconi. Se l'era cucita addosso a sua immagine: un vestito che non può andare bene a nessun altro, e che negli ultimi tempi era ormai fuori misura anche per lui.
Nel linguaggio corrente il delfino è colui che eredita un ruolo di guida o di comando, con tutte le implicazioni morali e finanziarie connesse. L'uso di questa espressione nasce in Francia, dove fino alla caduta della monarchia era usata per indicare l'erede al trono.
Se le aziende Mondadori e Mediaset sono saldamente nelle mani dei figli, ben altro destino attende Forza Italia. Il Cavaliere ha portato alle estreme conseguenze quel personalismo politico iniziato con il socialista Bettino Craxi, suo amico prima dello scandalo tangentopoli e della discesa in campo.
Dopo lo scandalo dei finanziamenti illeciti che travolse la Democrazia Cristiana, i socialisti e molti altri, Berlusconi è riuscito a sfruttare la congiuntura per entrare all'interno di un meccanismo prima riservato ai soli politici di professione. Presentandosi come l'imprenditore partito da zero, con voglia di lavorare e di tornare a rendere grande il Paese, ammiccando anche agli orfani della Destra, interpreta il bisogno, tutto italiano, dell'uomo forte al comando, capace di portare ordine dopo la dissoluzione dei partiti tradizionali.
Si tratta di una narrazione che ha scarsa aderenza alla realtà dei fatti, ma che in quella stagione funziona perfettamente. In quell'anno sale al Governo e dà avvio all'era che termina oggi. Berlusconi è Forza Italia, e senza di lui non può esistere.
Eppure, nell'ora della santificazione pubblica, assistiamo al tentativo, un po' goffo, di appropriarsi della sua eredità politica. Ci prova anche il leader della Lega Matteo Salvini: «Ci ha detto di finire le opere che ha iniziato lui. Mi ha detto "abbiamo ancora tanto da fare, mi raccomando"». E anche l'avversario, poi diventato estimatore, Matteo Renzi, che ai microfoni di Sky ha dichiarato: «Un uomo del genere non ha delfini, non li ha avuti in vita, non li avrà post mortem. Berlusconi è davvero un unicum».
Uscite che non sono piaciute a forzisti indefessi come Maurizio Gasparri che in attesa delle esequie ha detto: «L'assenza di Berlusconi è incolmabile, ognuno in queste situazioni si misura con la realtà, chi ha tradito si dice erede».
Berlusconi ha caratterizzato, con le sue controversie e profonde ombre, l'Italia di oggi. Alla fine, l'animale politico trasmette un lascito che nessuno può rivendicare come proprio, e dopo caimani, giaguari, bisogna prendere atto che non c'è nessun delfino nel futuro di Forza Italia. Nonostante il personalismo sfrenato e le tante promesse elettorali relative alla tutela degli animali, è stato un politico tra i politici, un uomo tra gli uomini che ha fatto dell'ambiguità una cifra morale.