Quasi 3 mila pale giganti per l’energia eolica sono in procinto di invadere tutta la Sardegna entro pochi anni. Ben 300 le torri alte 320 metri previste soltanto davanti alle coste tra Olbia e san Teodoro. Senza contare le centrali con pale da 240 metri di altezza che saranno erette a poca distanza da zone tutelate da vincolo paesaggistico e di beni culturali come i nuraghi e altre aree d’interesse archeologico, in particolare nelle zone del Sarcidano e dell’Ogliastra. Un vero e proprio agguato contro il paesaggio sardo, ma anche per la fauna e l’avifauna dell’isola.
Attirate dai finanziamenti del PNRR e dagli sgravi fiscali, multinazionali estere, banche d'affari internazionali e fondi di investimento stanno infatti presentando al ministero centinaia di progetti che prevedono la realizzazione di enormi impianti che si sovrapporranno in maniera irreversibile al paesaggio e al patrimonio culturale dell'isola, stravolgendo intere zone dedite all’agricoltura e alla pastorizia. Un’occupazione che, per quantità e grandezza degli impianti, non è giustificata dal reale fabbisogno della Sardegna. Se venissero realizzati tutti gli impianti previsti dalle richieste presentate al gestore della rete elettrica nazionale (al 30 settembre 2023 pari a 711 in totale, tra progetti per impianti solari ed eolici, pari a 52,21 GW di potenza), si produrrebbe molta più energia di quella necessaria, più di 27 volte quella degli impianti oggi esistenti in Sardegna, aventi una potenza complessiva di 1,93 GW .
Si tratta di una portata tale da superare «di ben 7 volte quanto previsto come obiettivo da raggiungersi al 2030 sulla base del FF55», è stato rilevato dalla stessa Soprintendenza speciale per il PNRR il 20 novembre 2023, causando enormi sprechi e anche costi per i sardi. Tutto questo a fronte di interi territori cancellati, perché oltre ai terreni destinati agli impianti, la costruzione dei parchi energetici prevede vaste aree di cantieri, disboscamenti, sbancamenti e costruzioni di reti viarie, per i quali stanno arrivando ai residenti le prime richieste di espropri.
Il malumore nell’isola è altissimo e già i sindaci dell’Alta Gallura, riunitisi due giorni fa a Tempio Pausania, dopo concitate assemblee con i loro concittadini indignati, hanno iniziato la levata di scudi per scongiurare lo scenario dei 586 giganti eolici che si prospetta nei loro comuni e studiare le modalità corrette per riuscire a opporsi a questo assalto senza precedenti. La prospettiva che stanno vivendo i sardi in questi mesi è quella di essere costretti a subire, senza potersi difendere, un vero e proprio disastro ambientale che avrà influenze molto negative per la realtà socio economica dell’isola, ma causerà anche danni rilevanti sulla fauna e in particolare sugli uccelli che vivono nel territorio.
«Nel momento in cui la centrale eolica viene realizzata assistiamo a una distruzione dell’habitat – spiega Stefano Deliperi, presidente del Grig, Gruppo di intervento giuridico, associazione in prima linea per la difesa dell'ambiente – perché ognuna di queste strutture necessita di tutta una serie di interventi di modifica del territorio decisamente molto pesanti, vi sono sbancamenti di centinaia di metri quadri perché le fondamenta devono arrivare in profondità, altri sbancamenti per la creazione di nuova viabilità, taglio della vegetazione, un intervento invasivo di modifica dell’ambiente, e questo influisce su tutte le varie specie di fauna selvatica che vivono nella zona».
Estremamente rilevante sarà l’impatto sull’avifauna, in particolare sui rapaci: «Questa proliferazione senza senso di centrali eoliche porterà un danno notevole all’avifauna. In primo luogo avremo un impatto sui flussi migratori, perché questi impianti eolici hanno un’altezza media di 200, 250 metri, tale da influire proprio sul passaggio delle rotte migratrici, in secondo luogo ne faranno le spese alcune specie come i grandi rapaci, perché nel momento in cui vi è un rotore, con l’elica che viene messa in funzione dal vento, questa gira e non si ferma se c’è un passaggio di uccelli che hanno un tipo di volo particolare legato al vento, come il volo a vela, il volo planato».
È stato verificato che l’impatto su questo tipo di uccelli è considerevole. A soccombere sotto le enormi pale saranno in particolare modo i grifoni che oggi in Sardegna, prosegue Deliperi, «stanno vivendo una ripresa veramente notevole, perché in primo luogo si è smesso con la pratica dei bocconi avvelenati che avevano portato alcune specie all’estinzione, come l’avvoltoio monaco, o il gipeto, che in Sardegna non sono più presenti. Ma anche grazie a una serie di interventi finalizzati, finanziati con i fondi Life, che hanno portato il grifone a riprendersi e ad aumentare notevolmente sia il numero di esemplari, sia l’area di distribuzione. Oggi c’è un intervento di riproduzione e ampliamento della presenza del grifone che lo porterà ad avere una presenza stabile già nella Sardegna meridionale. Proprio nella zona dove vi sono progetti per centrali eoliche: Parco dei Sette Fratelli e Sarrabus, nel Sud Est della Sardegna».
Non c’è tempo da perdere quindi per regolamentare il progetto che non sembra certo avere tra gli obiettivi la salvaguardia dell’ambiente e benefici energetici per chi vive nell’isola, ma solo un vantaggio per chi vuole sfruttare, per il proprio profitto, la ventosa e assolata regione. «Noi diciamo – sottolinea l’ambientalista e giurista – che bisognerebbe rovesciare il problema: non lasciare al privato la possibilità di fare le proposte a proprio modo, così si crea un vero e proprio Far West. Bisogna vedere quanta energia realmente è necessaria e quali sono le aree dove potrebbero essere realizzati gli impianti in modo che non creino problemi di tipo ambientale, nè di tipo economico e sociale, perché ricordiamoci che l’autorizzazione per la realizzazione degli impianti comporta anche la possibilità di procedere con l’esproprio. La maggior parte di questi impianti sono previsti in aree boscate e in aree agricole, e questo significa mandare via chi le coltiva. Serve invece una pianificazione pubblica condotta dallo Stato, in coordinamento con la Regione e con gli enti locali per stabilire quali e dove possano essere individuate le aree per andare a ubicare impianti produttivi energetici di questo tipo. Preferibilmente in aree già degradate e in aree industriali, aree di cava, che in Sardegna sono attualmente be poco occupate e hanno già le loro infrastrutture viarie. In realtà – sottolinea Deliperi- se lasciamo fare al privato, questo tende ad andare nei territori che più gli convengono, magari proprio con lo strumento del’esproprio, perché per loro sono quelli che costano meno».
Per individuare le zone più opportune e le aree più sensibili per gli uccelli, non idonee per gli impianti eolici a terra e a mare, dovrebbe essere presa in seria considerazione la mappa messa attualmente a disposizione dalla Lipu alle Regioni e agli stakeholders, realizzata assieme a BirdLife International. Sulla Sardegna per le pale onshore sembrano esserci solo 14 aree considerate a basso rischio.
«Siamo tuttora in attesa che anche dal ministero dell’Ambiente arrivino le carte delle aree idonee e non idonee per la realizzazione di questi impianti, sarebbero già dovute essere pronte da tempo– conclude con rammarico Deliperi – ma ancora non sono arrivate, nonostante il termine previsto sia trascorso da tempo».