Sabato 27 agosto, a Egna, in Provincia di Bolzano, i Vigili del Fuoco della sezione locale sono intervenuti per liberare un biacco (Hierophis viridiflavus) rimasto incastrato nella rete di un giardino. La notizia è stata pubblicata dagli stessi volontari che, pochi minuti dopo il salvataggio, hanno liberato il serpente in una zona boschiva poco distante.
«Non è insolito che gli animali selvatici rimangano intrappolati nelle reti di sostegno delle piante orticole rampicanti – spiega a Kodami Karol Tabarelli de Fatis, assistente tecnico scientifico dell'Ufficio Ricerca e Collezioni del Museo delle Scienze di Trento (MUSE) – In particolare i serpenti, purtroppo, talvolta attraversano la fitta maglia di plastica con il capo, senza poi riuscire a proseguire né in avanti, né in "retromarcia". Le loro squame ventrali e dorsali, infatti, finiscono per opporre una robusta resistenza che, senza un intervento umano esterno, assicura la morte del soggetto».
Il biacco, un serpente innocuo per l'uomo
Il biacco è un serpente appartenente alla famiglia dei colubridi e completamente innocuo per l'uomo. Frequenta soprattutto il fondovalle e le zone ecotonali, ovvero i territori di passaggio tra un ambiente e un altro ed è possibile incontrarlo in tutte le regioni, comprese la Sicilia e la Sardegna.
«Mediamente questa specie arriva ad una lunghezza di circa 130 centimetri, ma i maschi possono arrivare anche a 150 centimetri di lunghezza – spiega Tabarelli – Si tratta del più veloce tra i serpenti italiani ed è dotato, inoltre, di un'ottima vista, grazie alla quale caccia attivamente lucertole, ramarri, orbettini e altri serpenti, comprese le vipere. Non disdegna inoltre i micro mammiferi, come ad esempio le arvicole, i topi e i ratti, di cui ne contiene il numero».
Sebbene sia molto diffuso nel nostro paese, il nome della specie potrebbe confondere, perché il biacco in Italia assume numerosi soprannomi di origine popolare. In Calabria, ad esempio, lo si conosce come "scurzuni", mentre in Campania viene chiamato "agnone". In Trentino, invece, è noto come "carbonaz" o "carboner", a seconda della zona, e in Veneto come "carbonasso".
«Questi nomi sono determinati dal colore di fondo nero, tipico degli esemplari adulti di Hierophis viridiflavus appartenenti alla sottospecie carbonarius, di età superiore ai 3, 4 anni- spiega Tabarelli – Gli esemplari giovani e subadulti, invece, presentano delle tonalità marroni – grigiastre, con livree trasversali gialle, più o meno evidenti, che ne adornano il capo».
Cosa fare se si trova un animale selvatico in difficoltà
Nel momento in cui un animale selvatico si trova ad entrare in un giardino, la minaccia non è rappresentata solo dalle reti che sorreggono le piante, ma anche da altri elementi umani. Le vetrate, ad esempio, riflettono la vegetazione dando ai volatili l'illusione di potersi posare su una superficie, su cui, però, finiscono per schiantarsi. Questo fenomeno è detto "windows strike" e, secondo uno studio condotto nel 2014 dal Department of Natural Resource Ecology & Management dell' Oklahoma State University, solo negli Stati Uniti sono ogni anno quasi un miliardo i volatili che perdono la vita schiantandosi contro i vetri.
«Altri animali, invece, rimangono vittime delle cisterne per la raccolta dell'acqua, in particolare se sono dotate di bordi verticali che rendono impossibile la risalita dal fondo – spiega l'esperto del Muse – Le lucertole muraiole e alcuni micromammiferi, come i ghiri, cadono dentro per errore o attirati dalla sete e non trovano più alcuna via d'uscita».
Per ridurre i rischi determinati dalle cisterne è sufficiente adagiare sul fondo una retina di metallo o un asse di legno che fuoriesca dall'acqua. Anche in caso di caduta, la struttura fungerà da sistema di risalita e darà all'animale la possibilità di tornare in superficie superando i bordi.
«Qualunque sia la modalità e l'ostacolo in cui è incappato l'animale, bisogna assolutamente evitare di toccarlo e chiamare rapidamente la Centrale Unica di Emergenza, al numero 112. Ad intervenire saranno, come in questo caso, i Vigili del Fuoco, i quali hanno a disposizione tutte le attrezzature necessarie, come ad esempio i guanti in cuoio, le forbici e i secchi contenitivi per traslocare il soggetto – conclude Karol Tabarelli – Durante l'attesa, inoltre, in caso di necessità si può creare un riparo ombreggiato, in grado di proteggerlo dai raggi diretti del sole, i quali possono avere effetti nefasti anche in tempi molto brevi su alcune specie».
Il Muse di Trento gestisce anche un gruppo facebook dedicato alla Citizen Science, grazie al quale si può trovare risposta riguardo la specie con cui si sta avendo a che fare