Gli insetti sono fra gli animali terrestri che presentano di più la bioluminescenza. Per quanto esistono infatti una quantità maggiore di cnidari e pesci nelle profondità oceaniche dotati di questa caratteristica, sono gli insetti luminosi le prime creature che ci vengono in mente quando parliamo di questo misterioso fenomeno, che ha affascinato per secoli poeti, filosofi e naturalisti di tutto il mondo. Anche perché sono più facili da vedere, per noi esseri umani, animali terrestri a sangue caldo.
La bioluminescenza non è però un fenomeno che si è evoluto solo una volta, anche in questo grande gruppo di animali. Si può quasi affermare che tutte le specie infatti che la presentano hanno avuto una storia evolutiva a sé stante, diversa da quelle delle altre specie, per quanto i principi della bioluminescenza sono comuni su grandi linee per gran parte di esse.
Il principio base della bioluminescenza è quella di produrre luce visibile attraverso una reazione chimica, che avviene all'interno del corpo dell'animale, senza emettere calore. Questo è possibile grazie ad alcune molecole in uno stato elettronico eccitato che, presenti in gran numero all'interno di speciali organi noti come fotofori, emettono energia sotto forma di luce quando ritornano allo stato fondamentale.
Queste molecole sono la luciferina e la luciferasi. La prima è il substrato organico che si presenta in uno stato elettronico eccitato e che emette la luce, mentre la seconda è l'enzima che catalizza (ovvero agevola) la reazione chimica che rende possibile il rilascio dei fotoni, le particelle/onde elettromagnetiche che noi riconosciamo come colori.
Dal punto di vista molecolare quello che succede è che in presenza di ATP (adenosintrifosfato, molecola organica molto presente all'interno delle cellule), magnesio e dell'enzima luciferasi, la luciferina è costretta a cedere elettroni, liberando energia sotto forma di radiazione luminosa.
Quali sono però le specie di insetti luminosi dotati della capacità della bioluminescenza? E a cosa è dovuta l'evoluzione di questa caratteristica?
Lampiridi
I lampiridi, maggiormente noti come lucciole, sono le specie d'insetti luminosi più comunemente correlati alla capacità di effettuare la bioluminescenza.
Sono una famiglia di coleotteri, che presente nel mondo circa 2000 specie attualmente viventi. La maggior parte di questi è capace di produrre attraverso la bioluminescenza luce fredda, la cui radiazione luminosa ha una lunghezza d'onda che oscilla fra i 500 ed i 650 nanometri.
Per garantire alla reazione chimica della luciferina sufficiente ossigeno, i lampiridi presentano un adattamento specifico negli ultimi segmenti del loro addome, che sono particolarmente attraversate da trachee (organi respiratori degli insetti). Queste infatti forniscono l'adeguato supporto di ossigeno alle cellule addominali in cui in particolar modo avviene la reazione.
La bioluminescenza in questa famiglia è presente sia negli adulti quanto nelle uova e nelle larve. In pratica, durante il loro ciclo vitale, le lucciole sono sempre in grado di effettuare l'ossidazione della luciferina, ma non riescono ad essere costantemente bioluminescenti perché da una parte sarebbe uno spreco energetico superiore alle loro capacità. Ed inoltre la durata della luciferina all'interno delle cellule è limitata. Il suo effetto non dura per sempre.
Le cellule riescono infatti ad emettere luce, finché ci sono molecole di luciferina da ridurre o ATP e ossigeno da legarsi alla luciferasi. Qualora una di queste componenti dovesse venire a mancare, le lucciole non sono più in grado di emettere luce e deve passare un po' di tempo prima che siano di nuovo in grado di effettuare la bioluminescenza.
L'intensità luminosa delle lucciole varia a seconda delle specie, del genere (i maschi emettono una luce più intensa) e della stagione. Sono molto note infatti le serate estive in cui questi insetti compiono il rituale del corteggiamento, lanciando un richiamo ai potenziali partner attraverso la luminescenza. Mentre però l'impiego della luce a scopi riproduttivi degli adulti può essere comprensibile da tutti, più misteriose sono le ragioni che spingono le uova e le larve ad emettere luce. Secondo però alcuni studiosi, le larve e le uova di questi animali producono bioluminescenza per ingannare i predatori, avvertendoli che il loro corpo è velenoso.
Vermi luminosi
I vermi luminosi presentano uno degli spettacoli più interessanti e imprevisti che è possibile riscontrare in natura. Con questo termine si identificano decine di larve di specie diverse d'insetti che riescono a brillare grazie alla bioluminescenza, soprattutto all'interno di alcune grotte particolarmente umide e profonde. A differenza delle lucciole, sono per la maggior parte del tempo immobili e la loro presenza ricorda molto di più la volta celeste, per quanto sia molto difficile immaginare il segreto che spiega l'origine di questo idilliaco spettacolo.
A venire considerati vermi luminosi sono molte specie delle famiglie Elateridae, Lampyridae, Phengodidae e Rhagophthalmidae per quanto riguarda coleotteri, mentre provenienti da altri generi abbiamo alcuni membri di Arachnocampa e Keroplatus. Dei lampiridi abbiamo già parlato, mentre gli elateridi sono dei coleotteri caratterizzati da un peculiare sistema di locomozione, che attraverso uno scatto permette loro di sfuggire ai predatori. Presentano una testa luminosa sia nella fase larvale che in quella adulta e sono noti predatori.
I Phengodidae sono invece gli unici animali capaci di emettere con la bioluminescenza una radiazione rossastra. Sono solitamente noti in America come glowworm beetles – ovvero coleotteri lucciola. Presentano circa 230 specie endemiche del Nuovo Mondo e la loro luce è più fioca rispetto a quella di altri animali che sono classificati come vermi luminosi. I Rhagophthalmidae infine è un gruppo tassonomico complesso, che presenta solo 30 specie asiatiche simili alle lucciole, che secondo alcuni rappresenterebbe una sottofamiglia dei lampiridi.
Tutti questi animali nella fase larvale si collocano sui soffitti delle grotte, dove producono i caratteristici filamenti appiccicosi con cui catturano le loro prede. Visto però che nessun animale sarebbe così imprudente tanto da cadere volontariamente nella trappola di questi insetti, la natura ha reso disponibile ai vermi luminosi la bioluminescenza per attrarre le vittime. Nel buio infatti di una grotta, l'ecosistema è particolarmente ricco di animali volanti e striscianti che vengono attratti da ogni sorgente di luce. Ed ecco spiegato la presenza di una "volta celeste" all'interno delle grotte: i vermi luminosi hanno difatti a disposizione molte prede che cadono vittima della loro bioluminescenza ipnotica. Vista dunque l'abbondanza di prede, il numero di insetti che pratica questa forma di predazione aumenta, tanto da ricoprire le volte delle grotte.
Cheroplatidi e Micetofilidi
I cheroplatidi sono una famiglia di ditteri specializzati nel depore le larve sotto i corpi fruttiferi dei funghi. Questi presentano la bioluminescenza per allontanare gli eventuali predatori che potrebbero decidersi di cibarsi delle creature associate ai funghi. Gli adulti invece hanno il tipico comportamento e dimensioni dei moscerini. Per non essere predati, frequentano luoghi ombrosi, caldi e umidi. Stazionano nel sottobosco e sopra i corsi d'acqua, particolarmente durante la stagione primaverile ed estiva nelle ore crepuscolari o notturne.
I Mycetophilidae sono invece maggiormente conosciuti come "moscerini dei funghi", in quanto le larve presentano una dieta composta prevalentemente da prede che si riproducono sopra di essi. Alcune specie hanno inoltre evoluto lo stesso tranello utilizzato dai vermi luminosi, per catturare le prede, disponendo di due lanterne traslucide alle estremità del corpo che attraggono qualsiasi preda gli capiti a tiro. Costruiscono infatti ragnatele appiccicose in cui vengono dirette tutte le prede tramite il fascio di luce provenienti dalle lanterne. L'effetto è assicurato e permette ai moscerini dei funghi di predare anche insetti più grossi di loro.
Chilopodi e millepiedi
Anche se non fanno parte dello stesso gruppo, ma appartengono ad altre classi degli artropodi, alcune specie di centopiedi (come Geophilus carpophagus) e di millepiedi (come le specie del genere Motyxia) ,spesso confusi dagli inesperti come insetti, riescono a produrre bioluminescenza. In entrambi i casi, le femmine sono leggermente più grandi dei maschi e riescono a risaltare soprattutto nell'ultravioletto e sotto la luce nera.
A differenza degli animali di cui abbiamo parlato sopra, in questi artropodi la luce viene emessa continuamente dall'esoscheletro. Non da organi specializzati del corpo.
Un'altra differenza che si può riscontare rispetto agli insetti è che centopiedi e millepiedi non usano la luciferina per emettere una radiazione luminosa, ma una fotoproteina dalla morfologia ancora incerta, di cui si sa però che contiene una porfirina. Questa molecola è l'omologa della luciferina e produce minore quantità di luce.
Per quanto riguardo l'uso della luminescenza da parte di questi artropodi, soprattutto le specie che appartengono al genere Motyxia sembrano usarla per scoraggiare fortemente i predatori notturni, che son tutti principalmente mammiferi. Un animale dal colore strano e che presenta un esoscheletro sensibile alla radiazione ultravioletta infatti incute terrore in moltissime specie.
Il nido delle vespe
Per concludere questa disanima sugli insetti bioluminescenti, ci sembra giusto segnalare una scoperta che è avvenuta solo qualche anno fa.
In questo caso specifico, si parla della fluorescenza di alcuni nidi di calabrone in Vietnam, appartenenti alla specie nota come vespa cartonaia (Polistesis brunetus).
Si è infatti scoperto che i nidi di una particolare popolazione selvatica di questa specie proiettano un fascio di luce ultravioletta durante la notte. Non è ancor chiaro il meccanismo, ma come è possibile vedere in foto, questo fenomeno non si verifica invece per la superficie degli animali. La fluorescenza è presente solo nel nido.
Anche in questo caso, la luminescenza non è il risultato della luciferina. Il bagliore di questi nidi deriverebbe infatti dalle fibre di seta che i calabroni producono per costruire la struttura. Tali nidi si "illuminerebbero alla vista degli umani" solo se colpiti dalla luce del tramonto ed è per questo che difficilmente potrete imbattervi in nidi luminosi dentro alla foresta del sud est asiatico. Si sa però che molti animali sono particolarmente sensibili alla luce ultravioletta e per questo gli scienziati credono che questo fenomeno possa risultare – anche in questo caso – un avvertimento nei confronti dei predatori.
Altre teorie suggestive però sono state proposte per spiegare questo fenomeno. La prima teoria vuole che i nidi proteggano le larve – particolarmente sensibili alle radiazioni UV – assorbendo la luce in eccesso e rilasciandola sotto forma di fluorescenza. La seconda invece afferma che questo fenomeno aiuta le vespe a ritrovare la strada di casa e tornare al loro nido. Questo infatti si troverebbe il più delle volte nascosto in mezzo alle fronde e al fogliame. Dunque sarebbe difficile per le vespe trovare il cammino di casa, senza il contributo della luce del tramonto che svolgerebbe il compito di "accendere" la fluorescenza del nido.