Una vera task force composta da unità cinofile altamente qualificate in campo, per la prima volta in Italia, per combattere il fenomeno delle esche avvelenate. Il progetto pilota Lotta contro l'avvelenamento degli animali promosso dalla Regione Umbria e dall’Enpa, unico del suo genere anche in contesto europeo, è stato presentato oggi al Palazzo Donini di Perugia, sede dell’Assemblea regionale.
Stricnina, veleno per topi, antigelo: sono alcune delle sostanze tossiche più usate per creare i “bocconi” avvelenati che ogni anno mettono a rischio la salute di cani e gatti e che rappresentano anche un grave rischio per l’ambiente. Al progetto, reso possibile grazie alla sinergia tra le istituzioni e le associazioni di cittadini, hanno già aderito numerose realtà aggregate dall’Ente nazionale protezione animali come l'Ucis-Unità Cinofile di Soccorso e l'associazione di protezione civile "Rosa dell'Umbria". Tutti insieme collaboreranno per mettere fine alla morte per avvelenamento di animali innocenti.
Le ordinanze mai applicate
Quello delle esche avvelenate è un fenomeno tanto pervasivo da essere già stato oggetto di diverse ordinanze dello Stato, dal 2008 fino all'estate del 2021, ma come fa notare lo stesso Ministero della Salute, “negli anni si è riscontrata una difformità di applicazione e in alcuni casi la totale disapplicazione della norma”. Colpa degli attori istituzionali coinvolti: sindaco, Servizi veterinari delle ASL, Istituti zooprofilattici sperimentali; ma anche di professionisti e comuni cittadini.
Capita spesso infatti che gli stessi pet mate dei cani avvelenati, anche a causa del dolore per la perdita subita, non avvertano tempestivamente le autorità, oppure che i veterinari che constatano l’avvelenamento, privi di riferimenti precisi a cui fare pervenire le loro segnalazioni, non si attivino per evitare il ripetersi del fatto criminoso. Un problema che il progetto di Enpa e Regione Umbria si propongono di contrastare sia dal punto di vista operativo che culturale. Lo spiega l'assessore regionale all'Ambiente, Roberto Morroni: «Con il progetto proposto dall'Enpa si compie un ulteriore passo in avanti, incrementando l'attività di prevenzione e fornendo un valido supporto alle azioni dei Sindaci, Asl, Istituto Zooprofilattico, Carabinieri Forestali, veterinari libero professionisti e tutti coloro che intervengono a vario titolo nella gestione dei casi».
«Il progetto – aggiunge l’assessore – si inserisce in un percorso di grande sensibilità e attenzione portato avanti per contrastare una pratica deplorevole, attraverso una legge regionale nel 2001 e, più recentemente, un sistema informativo che permette la gestione dei casi di sospetto avvelenamento a livello regionale, con la creazione di un database condiviso con tutte le autorità che sono parte in causa».
Ad intervenire sul piano operativo sarà l'Ucis, associazione delle Unità cinofile di soccorso, che opera con ottanta gruppi, due dei quali in Umbria, con mille unità, presente oggi in Regione attraverso la figura del presidente Bruno Piccinelli. A dare il loro contributo anche il sindaco di Gualdo Cattaneo, Enrico Valentini, in rappresentanza dell'Anci Umbria; il tesoriere nazionale Enpa, Paola Madrigali Tintori; il medico veterinario Usl Umbria 1, Brigitta Favi; il presidente sezione Protezione Civile "Rosa dell'Umbria", Claudio Serrani. Sono intervenuti, inoltre, il direttore del Dipartimento di Medicina Veterinaria dell'Università degli Studi di Perugia, Fabrizio Rueca, e il presidente dell'Ordine provinciale dei Medici Veterinari di Perugia, Sandro Bianchini. Un parter di tecnici ed esperti riuniti per evitare che si ripetano casi come quello del Labrador Beethoven, ucciso da una polpetta avvelenata a soli sette anni.
L'educazione è l'antidoto alle esche avvelenate
Pilastri del progetto Lotta contro l'avvelenamento degli animali sono le ispezioni della task force specializzata, la periodica bonifica di parchi e giardini pubblici e la diffusione della cultura della consapevolezza attraverso eventi formativi nelle scuole.
L'educazione al rispetto degli animali è quindi il primissimo "antidoto" alla mentalità malata che porta a piazzare le esche avvelenate. Lo ha chiarito Massimo Floris, direttore sanitario del rifugio Oasi Parco dell'Enpa di Perugia illustrando il cronoprogramma dei lavori: «In sei mesi contiamo di formare dieci binomi di unità cinofile addestrate nella ricerca di bocconi ed esche avvelenate, attraverso una parte teorica e pratica. Per la prima, complessa e articolata, sono stati già contattati docenti nazionali ed internazionali esperti in materia di ricerca di esplosivi ed esperti della Polizia di Stato. Con la preparazione pratica, invece, il cane, che ha un olfatto superiore a quello dell'uomo, verrà allenato sul terreno».
Anche se i carabinieri forestali hanno già un’apposita unità specializzata composta da cani addestrati a sentire gli odori delle esche, i dati dicono che non basta: è necessario creare un vero e proprio network multidisciplinare contro questa pratica crudele.
Secondo i dati riportati nella mappa degli avvelenamenti dolosi a danno degli animali, elaborata dall'Istituto Zooprofilattico sperimentale e pubblicata su un apposito portale accessibile a tutti, le principali vittime sono nella quasi totalità dei cani e gatti, spesso domestici.
A presentare dati allarmanti relativi al fenomeno è stato il direttore generale dell'Istituto Zooprofilattico sperimentale di Umbria e Marche, Vincenzo Caputo: «Dal 2014 al 2021 sono stati esaminati i casi di 1094 animali, con il rinvenimento di 867 esche, il 45/48 per cento delle quali avvelenate». Appare fondamentale un coordinamento per combattere il fenomeno delle esche avvelenate e fare sì che i colpevoli, finalmente, siano individuati e puniti.