Dopo 3 anni di stop dovuto alla pandemia di coronavirus, Pamplona torna a festeggiare San Firmino. E lo fa con quella che nel nord della Spagna è purtroppo ancora una tradizione, e cioè la corrida, anticipata dalla altrettanto tristemente famosa corsa dei tori.
Le celebrazioni partono il 6 luglio, e prevedono tra i vari eventi e manifestazioni anche il tradizionale “encierro”, ovvero l’usanza che precede la corrida e che prevede che i tori vengano liberati all'interno di un percorso che, attraverso le strade della città, conduce all'arena. Una corsa guidata solitamente da un gruppo di buoi (che vengono pungolati con bastoni per farli procedere) e cui partecipano oltre ai tori, già sotto stress e spaventati, anche persone che si mettono alla prova cercando di farsi inseguire senza venire colpiti o incornati. Il tutto tra gli incitamenti della folla, che spesso utilizza pungoli o bastoni anche su di loro per stimolarne la reazione.
La festa di San Firmino punta inevitabilmente i riflettori su una tradizione contro cui da tempo ormai si levano voci contrarie. In Spagna da inizio anno gli animali sono diventati a tutti gli effetti “esseri viventi dotati di sensibilità” grazie a una legge di modifica del Codice civile, eppure la corrida continua a tenersi, pur riscontrando meno seguito e sollevando piuttosto aspre polemiche. Sia per il pericolo corso dagli umani (a Pamplona raddoppiati dal cosiddetto “encierro”), sia per la crudeltà usata su animali sfruttati per fare spettacolo e brutalmente feriti, quasi sempre uccisi.
Proprio per protestare contro la corrida, martedì gli attivisti di Peta e AnimaNaturalis hanno organizzato un presidio di protesta al grido di #LaTauromaquiaEsPrehistórica, "la tauromachia è preistorica", girando per le strade di Pamplona con indosso costumi da dinosauri e portando cartelli per sottolineare che «sono possibili feste senza sangue e torture sugli animali».
«Chiediamo la fine della corrida, alzando la voce per i 42 tori che moriranno durante i 7 giorni di festa – hanno sottolineato le associazioni – Grazie a tutte le persone che si sono unite per chiarire che la tauromachia è preistorica e non ha posto nella nostra società attuale.
Gli incidenti nelle arene in Spagna
Tanto per citarne uno e restare in Spagna, proprio domenica 26 giugno il torero debuttante messicano Isaac Fonseca è rimasto ferito durante una corrida che si è svolta in Plaza de Las Ventas, a Madrid, ed è stato operato per una frattura alla mandibola e una ferita da incornata al polpaccio: avrebbe dovuto partecipare anche lui alla corrida di Pamplona, e non è chiaro se lo farà. Il toro, dal canto suo, è stato ripetutamente infilzato e picchiato, con un inutile e atroce doppio spargimento di sangue sulla sabbia dell’arena.
Nella stessa giornata in Colombia, nella città di El Espinal, durante una corrida nell’arena di Plaza De Toros Gilberto Charry, 8 spalti sono crollati travolgendo centinaia di persone e uccidendone 8, e provocando la fuga di almeno un toro.
A intervenire sul tema della corrida era stato in primis il presidente colombiano Gustavo Petro, che oltre a dirsi vicino alle persone rimaste ferite si è rivolto al sindaco della città chiedendo «di non autorizzare più spettacoli con la morte di persone o animali». Il tasso di sofferenza, brutalità e morte che ruota intorno alla tauromachia, d’altronde, ha iniziato a risvegliare coscienze anche a livello istituzionale, con diverse amministrazioni che hanno deciso di vietare le corride.
Niente più corride a Plaza Maxico: la decisione storica
A fine maggio, per esempio, un giudice federale messicano ha imposto la sospensione temporanea di tutte le corride in Plaza Mexico, l’arena di Città del Messico (la più grande del mondo con i suoi 50.000 posti) in cui vengono organizzati i tradizionali combattimenti tra tori e toreri. La sospensione è stata prolungata a tempo indeterminato a metà giugno, accogliendo così le richieste di Just Justice, l’associazione che da anni lotta per l’abolizione delle corride.
La corrida è già vietata negli stati di Guerrero, Sonora, Coahuila e Quintana Roo, così come in alcuni comuni di Veracruz, Michoacán, nello Stato del Messico e Nuevo León, ma ci sono invece alcune zone come Hidalgo, Guanajuato, Zacatecas, Querétaro e Tlaxcala che hanno dichiarato la corrida patrimonio culturale immateriale, una decisione che non solo consente ma ne tutela la celebrazione, ne impedisce l'abolizione e costringe anche i governi statali a investirvi. La spinta a fermare definitivamente questa sanguinosa pratica è però sempre più forte, e anche giudici e tribunali sembrano più inclini a seguire la stessa linea.