Dal 2002 ad oggi oltre 2 milioni di foche sono state uccise per la loro pelliccia. Ma la minaccia costituita dal cambiamento climatico che sta riducendo rapidamente la copertura di ghiaccio nell'Atlantico nord-occidentale, è ormai diventata un pericolo altrettanto concreto. E le foche, a causa del doppio fattore di pericolo, sono destinate a soccombere.
Foche in pericolo: non solo la caccia, ma anche il cambiamento climatico
È quanto affermano gli scienziati del governo canadese: «L'esame dell'estensione totale del ghiaccio negli ultimi 40 anni – secondo il Dipartimento per la pesca e gli oceani – indica che c'è una tendenza al calo del ghiaccio accumulato, sia nel Golfo che nel Mar Labrador sud-occidentale». Si tratta di una tendenza al momento incontrovertibile che ha una ricaduta immediata sulla potenziale scomparsa delle foche. «Le condizioni del ghiaccio marino nel Golfo di San Lorenzo e al largo dell’isola di Terranova continueranno inequivocabilmente a peggiorare. Conseguentemente, l’elevata mortalità dei cuccioli avrà un grave impatto sulla popolazione di questi animali, appartenenti alla specie delle foche dette della Groenlandia».
La caccia alle foche diventa ancora più crudele
A subire maggiormente gli effetti del cambiamento climatico saranno proprio loro, le foche della Groenlandia già ampiamente massacrate per la loro pelliccia e sterminate abitualmente in giovanissima età (il 98% delle foche uccise negli ultimi anni aveva meno di tre mesi di età e la maggior parte aveva un mese o meno). Ma allo sterminio si aggiungono anche le modalità di uccisione particolarmente crudeli: «Studi veterinari hanno enfatizzato la grave sofferenza che deriva dalla caccia in mare aperto o nelle dirette vicinanze dell’acqua – spiega Rebecca Aldworth, Direttrice di HSI Humane Society International/Canada, da diciotto anni in prima linea e testimone diretta della caccia commerciale alle foche in Canada. – È stato infatti documentato un alto tasso di ferimenti che inducono le foche colpite ma non uccise a fuggire sotto la superficie dell'acqua, dove affogano lentamente e non vengono catturate. Con il deterioramento delle condizioni dei ghiacci, quasi la totalità delle attività commerciali di caccia alla foca avverrà in questo modo. Inoltre, quando questi animali vengono uccisi in mare o sul ghiaccio troppo fragile per sostenere il peso umano, vengono recuperati con dei ganci di metallo fissati su lunghe aste in legno, simili ad arpioni. Questo avviene senza che i cacciatori possano prima verificare e confermare che l’animale sia già morto. Ne consegue che molte foche vengono arpionate pienamente coscienti e issate sui ponti insanguinati delle barche, prima di essere colpite a morte».
Sospensione della caccia alle foche almeno per il 2021
Un punto di partenza per combattere questa situazione potrebbe essere la sospensione della caccia, almeno per questo 2021. È quello che sta tentando di fare HSI Humane Society International. «È urgente fermare il massacro a causa della costante riduzione della copertura di ghiaccio marino e della pandemia in corso. Per le foche che si riproducono in questo habitat e che sono l'obiettivo dei cacciatori, è un disastro. Nessun governo coscienzioso permetterebbe che i pochi cuccioli che sopravvivono a queste condizioni avverse senza precedenti, vengano uccisi solo per produrre articoli di moda. Inoltre, nessuna autorità sanitaria responsabile permetterebbe a questa pratica insensata e vergognosa di continuare durante una pandemia. Chiediamo al governo canadese di fare la cosa più giusta e ragionevole: fermare la caccia commerciale alle foche per tutto il 2021, nella regione del Canada atlantico».
La lenta agonia dei cuccioli di foca
È proprio la distesa ghiacciata ad accogliere infatti le madri in procinto di partorire i cuccioli e, subito dopo il parto, è lì che i cuccioli vengono allattati. Per questo la caccia risulta essere ancora più devastante per questa specie. «Gli scienziati del governo canadese prevedono un’elevata mortalità tra i cuccioli di foca appena nati – spiega ancora HSI – a causa dello scioglimento precoce del loro habitat che li costringe ad entrare in mare aperto, prima che siano abbastanza forti per sopravvivere in questo ambiente». La diminuzione della superficie ghiacciata crea inoltre le condizioni di una caccia ancora più crudele e spietata. Arpionate con un gancio legato ad una lunga asta e trascinate fin sopra alla barca per evitare ai cacciatori il pericolo di camminare sul ghiaccio troppo sottile che potrebbe rompersi da un momento all’altro, le piccole foche sono destinate ad una lenta agonia che precede il letale colpo di bastone sulla testa. L’alternativa, è rifugiarsi nelle acque del mare, dove spesso però non riescono a sopravvivere vista la giovane età e l’assenza della madre.
Cosa può fare il governo canadese
«Negli ultimi anni, il governo canadese ha stimato una mortalità fino al 100% per i cuccioli di foca nati in aree chiave di parto quando il ghiaccio marino si è sciolto troppo presto – aggiunge Martina Pluda direttrice per l’Italia di HSI. – Gli scienziati indipendenti ci stanno avvertendo che il piano commerciale canadese di gestione della caccia alle foche, associato all'impatto dei cambiamenti climatici, rappresenta una minaccia per la sopravvivenza delle popolazioni stesse di foche». Se non è possibile sospendere la caccia, secondo Hsi il governo canadese dovrebbe almeno: «eliminare le quote assegnate alla regione del Golfo di San Lorenzo data la mortalità eccezionalmente alta dei cuccioli che si verificherà in quest’area e rinviare la data di apertura della caccia nell’isola di Terranova dato il probabile ritardo delle nascite, causato dalle cattive condizioni del ghiaccio marino, come è già accaduto nel 2011 – conclude la Pluda. – Ma è inoltre fondamentale proibire l’uccisione delle foche neonate che stanno subendo la prima muta, le cosiddette ragged jacket, per prevenire il massacro di massa di questi cuccioli ancora molto piccoli (come documentato nel 2011), proibire di sparare e bastonare le foche in mare aperto o nelle dirette vicinanze dell’acqua per ridurre il numero di animali colpiti e datisi alla fuga durante la caccia e, infine, proibire l’arpionaggio degli animali senza essere sicuri della loro morte».